Le dimissioni di Marco Bentivogli, impreviste e sorprendenti, costituiscono un problema per tutto il movimento sindacale e in particolare per la Cisl. Il segretario generale dei metalmeccanici abbandona il campo con eleganza e sobrietà, ciò nondimeno il suo gesto suona altamente polemico. Sbatte la porta, negando tuttavia di voler segnare, con questa scelta drastica, una rottura con il “suo” sindacato.

La spiegazione fornita nel pomeriggio di ieri non lascia trasparire acredine. “Ho iniziato nel 1995 – scrive Bentivogli – a fare l’attivista della Fim Cisl. In questi 25 anni ho ricoperto tutti i ruoli e fatto sindacato in molte regioni e ho seguito dalle aziende più piccole ai più grandi gruppi. Un’esperienza formidabile”. E poi aggiunge: “Questa scelta è assolutamente libera e meditata con me stesso, nella sicurezza che la Fim possa proseguire il proprio cammino ancora più forte”. Quindi, la conclusione: “Non pensate a nessun rammarico e a nessuna dietrologia, ho sempre detto che bisogna fare più esperienze possibili per continuare a dare il senso alla propria esistenza, ho appena compiuto 50 anni e dopo 25 anni di Fim penso sia giusto cambiare reparto nel proprio impegno”.

Senza fare dietrologia, può essere tuttavia ricordato il malessere che da tempo  pesava nei rapporti interni al sindacato di Via Po. Anna Maria Furlan, da anni a capo della Cisl, non ha occultato i motivi di contrasto con l’erede più brillante della sinistra sindacale alla Carniti. Ora, evidentemente, tutti i nodi sono giunti al pettine, costringendo Bentivogli a una presa di posizione che appare, al tempo stesso, come un atto di sfida e di rassegnazione. Anche all’interno della Fim si è dispiegata l’azione di un’area più vicina alla linea della Furlan.

Sì può liquidare la vicenda con una semplice scrollata di spalle? È plausibile circoscriverne l’impatto alla dinamica tutta interna alla Cisl? Deve la pubblica opinione astenersi dall’invadere, più in generale, l’autonomia del sindacato? Niente di tutto questo: l’indifferenza, in questo caso, è solo una manifestazione di pigrizia intellettuale. Essere equanimi e distaccati significa, in realtà, cavarsela con poco e alla buona, mentre una riflessione seria sulle prospettive di rinnovamento del mondo sindacale chiama in causa, nel suo complesso, la classe dirigente del Paese.

Sulla Cisl sono accesi i riflettori. Derubricare queste dimissioni a mere faccende domestiche sarebbe un esercizio di totale incomprensione, segno per altro di un certo sbandamento ideale. L’errore della Furlan sarebbe allora imperdonabile qualora si acconciasse a gestire il caso con fastidio e disappunto, senza cogliere le pesanti implicazioni per l’immagine stessa della Cisl. È tempo di pensare a un vero esame di coscienza, non a una controreplica all’insegna della propria convenienza.