L’astioso articolo con il quale Concita De Gregorio ha attaccato frontalmente Nicola Zingaretti impone una risposta e, soprattutto, una puntualizzazione politica. La prima, giustamente piccata, l’ha già fornita il segretario del PD. Non aggiungerei nulla, se non che la polemica che ne è seguita, con molti pezzi su diversi quotidiani, si è concentrata sull’accusa di “radical chic” formulata dal secondo nei confronti della prima. La puntualizzazione, invece, si rende necessaria. Ancor più perché non vi ha provveduto nessuno, almeno sulla grande stampa.

Occorre rileggere l’intero scritto della De Gregorio, intriso di un livore nei confronti non del solo Zingaretti ma anche del mondo democristiano/popolare che non può venire sottaciuto. Sia perché le informazioni contenute in esso sono parziali, mirate solo ad attaccare il povero segretario dem. Sia, ancor più, perché si offre un’idea del PD assai lontana dalla realtà, in particolare di quella periferica.

Nella sua foga volta a dimostrare quanto deboli e inetti siano stati e siano i dirigenti dem di provenienza diessina la De Gregorio elenca le posizioni apicali e di potere occupate dai loro colleghi arrivati al PD dalla Margherita, ex popolari e democristiani. Si citano nomi importanti, a cominciare dal Presidente della Repubblica. Per proseguire con Franceschini, Gentiloni, Sassoli…sarebbero loro, e solo loro, a “dare le carte” nel PD. La “costola popolare ha preso il sopravvento”, sostiene la Nostra.

E come no! La solita visione centralistica e romanocentrica propria di gran parte non solo del ceto politico ma anche di quello giornalistico di vertice. Un partito invece si dipana sul territorio, nelle diverse regioni e province, non è solo la sede nazionale, gli esponenti di governo, i parlamentari più noti. E allora, allarghi la signora De Gregorio il suo sguardo alle strutture non nazionali del PD, e scoprirà che non sono certo gli ex-Popolari a guidare il partito. Troverà molti trenta-quarantenni ”nativi” democratici e molti “senior” che hanno avuto in tasca le tessere del PdS e anche del PCI. Di ex-popolari/democristiani ne troverà, specie nei posti direttivi, assai di meno. E in ogni caso, anche a livello di dirigenza nazionale, esclusi i soliti nomi di ex-Popolari/DC che si fanno sempre, che sono sempre gli stessi, sempre e solo quelli, si vada a osservarne con attenzione la composizione e scoprirà, la nota giornalista, da quale parte, anche lì, sta la netta maggioranza.

L’immagine del PD che è stata proposta in quell’articolo è dunque falsata rispetto alla realtà. Ma lo è in quanto a monte c’è la convinzione errata, che però è ormai “passata” fra gli osservatori, analisti politici e giornalisti, che il PD sia il partito della Sinistra italiana, erede della tradizione comunista. Si leggano con attenzione articoli e analisi in argomento e si vedrà come della tradizione fondativa Popolare si tenga conto sempre meno. Anzi, oserei dire, per nulla. Questo è il punto. Uno studio serio su cosa non è stato il PD rispetto al suo progetto originario, ci vorrebbe. Altro che accidiosi interventi tutti interni al solo mondo ex comunista.