Ho letto e riletto con grande attenzione l’intervento di Nino Labate (pubblicato ieri su questo nostro foglio) sul tema che tutti ci avvince: “Un processo politico culturale verso un nuovo partito”. 

Il punto della riflessione che mi ha stimolato è tutto in quel “verso”. Cioè in quel processo che è di natura “politico culturale” e che prevede quindi i tempi di tali processi che sono in genere assai lunghi e gli esiti degli stessi che non sono del tutto prevedibili e che – secondo la nota visione di Pietro Scoppola che giustamente parlava, non da integralista, ma da liberal-democratico quale era, della “democrazia dei cristiani”, prefigurando quindi una pluralità di scelte partitiche – sono esiti che non possono individuarsi fin da ora verso “un nuovo partito”. 

Forse è da auspicarsi che in via prevalente tali scelte si indirizzino nel futuro verso una scelta largamente maggioritaria verso chi saprà meglio incarnare quella grande, meravigliosa, positiva tradizione degli Sturzo-De Gasperi-Moro: ed io personalmente, se vivrò, sarò tra quanti sceglieranno tale strada. 

Ma il futuro, si suole dire, è in grembo a Giove. Ora dobbiamo lavorare sul presente ed il lavoro è per attivare quel processo politico culturale che per esser tale richiede tempi lunghi, fatti soprattutto di iniziative di noi anziani “con” i giovani, “insieme” ai giovani e non “per” i giovani. 

E quando si tratta di processi culturali sappiamo tutti che si tratta di tempi medio-lunghi e non di breve momento. Come dimostra la stessa nostra forte nostalgia per l’esperienza meravigliosa del partito democratico cristiano che fu, i fatti culturali mettono solide radici, che fanno resistenza a modificarsi, ma sono sempre lenti nel processo iniziale della semina e del primo sviluppo. 

Oggi quindi c’è solo da rimboccarsi le maniche e mettersi all’opera.

E sul piano politico, nel presente? Nel presente, a mio parere, occorre riferirsi alla realtà politica che oggi il nostro Paese offre, operando quelle scelte che come cattolici di cultura e tradizione liberal-democratica noi con convinzione nutriamo. 

Il partito politico che i nostri padri hanno pensato, costruito e praticato era un’associazione di cittadini che, ai vari livello di governo, condividevano un programma. Questo personalmente credo debba essere ancora il nostro orientamento di base: rifuggire quindi da partiti ridotti a pure macchine elettorali, guidate da élites interessate solo a mantenersi al potere, senza un programma di proposte di governo civilmente e tecnicamente valide, interessate quindi solo a una visione politologica tattica, con un uso spregiudicato delle istituzioni e delle leggi a fini di consenso elettorale partigiano. 

Preferire quindi quelle aggregazioni politiche che presentano, accanto a strutture dirigenti, una partecipazione di cittadini quanto più larga possibile, con un chiaro programma sui maggiori e più urgenti problemi locali e nazionali. Non vi è quindi una nostalgia di un passato che nel presente sarebbe errato riproporre: le radici infatti sono sacrosante, servono anch’esse per guidarci, perché ci offrono utili indicazioni di metodo, ma non sono riproducibili tal quali nelle stesse forme come eventi accaduti perché il tempo stesso questi li ha cancellati.