Torna la sinistra. Evviva. Adesso tocca al centro

In ultimo, tornata in campo la sinistra con un rinnovato e moderno Pds, adesso tocca al "centro politico" riorganizzarsi e tornare in campo

Articolo già pubblicato su Huffingtonpost

Dunque, la sinistra italiana è ritornata in campo. Si potrebbe tranquillamente dire, per essere ancora più chiari, che è ritornato in pista un nuovo e rinnovato Pds. Ovviamente in forma aggiornata e rivista, ma sempre del partito della sinistra italiana si tratta. Un risultato, quello delle primarie del 3 marzo 2019, che può contribuire a cambiare in parte la geografia della politica italiana rimettendo in modo energie e idee che sino a qualche tempo fa parevano congelate. Ecco perché ci sono almeno 3 elementi politici attorno ai quali non si può non riflettere dopo il risultato delle primarie del Partito democratico.

Innanzitutto con la segreteria Zingaretti, come dicevamo poc’anzi, ritorna in campo la sinistra, il pensiero e la tradizione della sinistra italiana. Era da tempo, del resto, che si auspicava e si invocava questo “ritorno”. E questo dopo una fase in cui questa cultura, questo pensiero e questa tradizione erano stati, di fatto, archiviati. O meglio, accantonati nella concreta gestione del partito di riferimento della sinistra italiana. A ciò ha contribuito in modo determinante la stagione renziana dove, è sempre bene non dimenticarlo, oltre l’80% del partito condivideva quel progetto e quella impostazione. Gran parte della nomenklatura che ha sostenuto oggi Zingaretti invocando discontinuità e cesura radicale rispetto al passato, sono stati stati tifosi e fans accaniti per oltre 4 anni del progetto renziano. I nomi sarebbero tantissimi. Uno fra tutti. L’ex sindaco di Torino Piero Fassino. Ma oggi, comunque sia, si apre un’altra pagina. Torna la sinistra e tutto cio’ che la sinistra ha storicamente rappresentato nel nostro paese.

In secondo luogo, piaccia o non piaccia, viene definitivamente archiviato il renzismo. Almeno dentro il Pd a guida Zingaretti. È un dato oggettivo su cui non conviene neanche soffermarsi. Come ovvio, non parliamo del ceto dirigente renziano e di tutti colto che hanno sostenuto quel progetto. Personaggi che nell’arco di pochi giorni saranno tutti e convintamente sostenitori del Presidente della Regione Lazio. No, parlo delle politiche e del progetto politico renziano che ha condizionato profondamente l’evoluzione della politica italiana. Il problema, com’è ovvio, non è il destino politico e personale di Matteo Renzi. Al riguardo, vedremo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi quale sarà. Quello che resta sul tappeto e’ il cambiamento radicale del progetto politico complessivo del Partito democratico. Un progetto che in questi lunghi cinque anni ha avuto alti e bassi a livello politico ed elettorale. Momenti politici ed elettorali, lo ripeto, che sono stati ampiamente e quasi unanimemente condivisi dal Partito democratico a livello nazionale e a livello locale. Ora si cambia. Come? Anche qui, lo vedremo nelle prossime settimane ma è indubbio che quando si parla di discontinuità radicale e di cesura totale rispetto al passato non può che ritornare in campo un’altra cultura, un altro pensiero, un altro metodo e un’altra ricetta. Economica, sociale, istituzionale, finanziaria e quindi politica. E Zingaretti ha avuto un grande merito in queste primarie. Lo ha detto in tempi non sospetti che tutto sarebbe cambiato e che, soprattutto, avrebbe archiviato con la sua vittoria il passato recente di quel partito. Ecco perché nel Pd il renzismo sarà politicamente archiviato.

In ultimo, tornata in campo la sinistra con un rinnovato e moderno Pds, adesso tocca al “centro politico” riorganizzarsi e tornare in campo. E non solo perché lo chiedono e lo invocano i grandi opinionisti dei quotidiani. Da Panebianco a Galli Della Loggia a Polito. No, adesso la presenza di un centro politico, culturale e di governo serve alla democrazia italiana e alla cultura riformista del nostro paese. Un centro che non sia solo di ispirazione cattolica. Anche, com’è ovvio, ma non solo. Serve un “centro plurale” che sappia unire in un credibile progetto politico la cultura di governo, la credibilità della classe dirigente, la capacità di non radicalizzare il confronto politico, una ricetta programmatica in grado di saper comporre gli intessi contrapposti e, soprattutto, che sappia rappresentare un elettorato che non ama l’estremizzazione della dialettica politica. Una radicalizzazione che con il ritorno della tradizionale sinistra, accanto ad una forte e visibile destra, sarà al centro della contesa politica italiana a partire dalle prossime settimane. Questo è il compito di tutti coloro che non si riconoscono nella contrapposizione secca tra la sinistra e la destra.
Ecco perché, infine, la netta vittoria di Zingaretti ha comunque contribuito a rendere più chiare e più nette le dinamiche della politica italiana. Adesso è tutto più chiaro. Accanto alla destra in crescita, accanto alla presenza, seppur declinante, di un movimento antisistema e populista, accanto al ritorno della sinistra tradizionale e moderna, va riorganizzato un campo di centro. Non per ripristinare una terza o quarta posizione ma, al contrario, per ridare qualità alla nostra democrazia e far tornare protagoniste tutte le culture politiche del nostro paese.