Negli ultimi tempi non sono mancati attacchi virulenti da parte di certo laicismo e di certo mondo cattolico conservatore nei riguardi di Papa Francesco, soprattutto dopo l’Enciclica Fratelli Tutti e dopo il messaggio inviato ai giudici di Africa e America.

Si tratta dei soliti noti che, dentro e fuori la chiesa, per mantenere intatti i propri privilegi economici e sociali, tentano di ostacolare il cammino dell’umanità verso un mondo più giusto, basato sulla pace, sull’eguaglianza economico-sociale e su una nuova economia che sappia far propri i valori dell’ambiente e della sua salvaguardia.

La prima grande assurdità di questi attacchi è l’equazione, apparsa su alcuni social network, “Fratelli Tutti uguale Poveri Tutti”. Non bisogna avere certamente gli studi superiori per comprendere le parole del Papa in questa enciclica che sul piano religioso ci riporta ai principi di umiltà e di fraternita di San Francesco d’Assisi, mentre sul piano politico invita i cattolici a riprendere una iniziativa politica forte che sappia incarnare i valori dell’umanesimo sociale.

Il secondo attacco riguarda il messaggio che Francesco ha inviato ai giudici di Africa e America: “La proprietà privata non è un diritto inalienabile se non ha una funzione sociale e contribuisce a creare disuguaglianza.”

A ben guardare il Pontefice non fa altro che riprendere un giudizio sostenuto da Papa Paolo VI, alla fine degli anni Sessanta, nell’Enciclica Populorum Progressio. Ossia, la proprietà privata non è un diritto primario, ma secondario: essa è lecita se contribuisce a realizzare un benessere economico di tutti gli individui, ma quando degenera in accumulo di ricchezza da parte di una ristretta minoranza finisce con il realizzare povertà generale e mette in crisi la stessa convivenza pacifica delle comunità locali e degli equilibri mondiali.

Tornano i cattocomunisti? In altri tempi, nel secondo dopoguerra il termine cattocomunista era riferito non soltanto al Partito della Sinistra Cristiana di Franco Rodano e di Adriano Ossicini, ma anche a quel gruppo interno della Democrazia Cristiana che si era riunito intorno alla figura di Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira, Giuseppe Lazzati, Aldo Moro e Amintore Fanfani in opposizione alla linea politica di De Gasperi, ma soprattutto verso la linea politica economica del vecchio liberalismo.

Lo stesso termine venne rispolverato negli anni Settanta ad opera del filosofo cattolico Augusto Del Noce nei riguardi di Franco Rodano, reo di aver teorizzato la linea del compromesso storico tra democristiani e comunisti, e poi dal settimanale “Il Sabato” di Comunione e Liberazione (finanziato anche da un certo Silvio Berlusconi) che durante gli anni della solidarietà nazionale aveva lanciato lo slogan “più società e meno stato” per riportare in auge i principi del liberismo economico e del primato dell’economia sulla politica.

Oggi questi attacchi beceri ritornano di moda non solo verso questo Pontefice, ma anche in funzione di ostacolare una ripresa di iniziativa politica autonoma da parte dei cattolici democratici. Ma si tratta di sterili tentativi perché essi non solo sono destinati a cadere nel vuoto rispetto al progresso dell’umanità verso un mondo più giusto e più vivibile, ma anche perché rafforzano le coscienze del cattolicesimo democratico più limpido nel riprendere una seria iniziativa politica per dare risposte ai mali del mondo contemporaneo.