Tra i diritti dei figli c’è anche quello di essere ascoltati

Non sempre si possono risolvere i propri garbugli esistenziali e le difficoltà emotive dei figli cercando le risposte fuori di noi.

Quanto tempo riserviamo all’osservazione, all’ascolto, al dialogo con i nostri figli?
Possiamo dire di conoscerne i comportamenti, le categorie emotive, le ferite nascoste?
Sappiamo se ci sono più streghe o più fate nei pensieri dei nostri bambini?
E quei folletti, che solo loro sanno vedere, recano messaggi di sofferenza o di speranza?
Conosciamo a fondo le paure e i sentimenti dei nostri ragazzi, spesso isolati e afasici?
Guardandoci attorno con più attenzione possiamo accorgerci che l’infanzia non abita più nel paese dei balocchi, qualcuno ne ha buttato via le chiavi.

A volte la condizione minorile soffre dell’ansia anticipatoria degli adulti, altre volte ne subisce solo tristemente la violenza, altre ancora il disinteresse e l’abbandono.
Che lo si faccia per cattiveria o per bontà si finisce spesso per adultizzare l’infanzia, per farla crescere in fretta privandola dell’innocenza che le appartiene, comprimendola in una sorta di nicchia esistenziale sempre più ristretta e sovraesposta ai pericoli di un mondo “senza rete”.

Ma anche fare i genitori richiede una buona dose di coraggio e di fatica, a volte di fortuna.
Ci sono casi in cui servono degli aiuti, dei sostegni competenti, dei supporti di tipo sociale e psicologico e allora ci si deve affidare con fiducia a chi può dare una mano per leggere i segni del disagio, interpretarli con esperta competenza professionale, indicare i percorsi per uscire dalle situazioni critiche.
Ma sempre con l’avvertita consapevolezza che ci sono compiti che le leggi di natura e quelle del cuore assegnano a chi ha generato e che non si possono delegare.
Che richiedono amore, pazienza, dedizione, sacrificio.

Ci sono ostacoli che si possono rimuovere con interventi esterni, situazioni critiche che si possono correggere, consigli e consulenze che si possono ricevere ma anche il più onesto professionista dell’età evolutiva e il più tenace e intransigente genitore sanno o dovrebbero sapere che non esistono formule magiche che si possono appiccicare nella mente e nel cuore dei figli.

Nel momento in cui un bambino viene al mondo larga parte dei suoi destini dipende dalle persone che ne accompagnano la crescita, soprattutto dai suoi genitori.
Basta un evento, un fatto critico, una svolta negativa nella vita di coppia e si determinano zone d’ombra che richiedono di essere lette con sensibilità e competenza.
Non sempre sono presenti entrambi i genitori nella vita dei figli e non sempre sono all’altezza per comprenderne a fondo i bisogni e le criticità.

E’ importante che chi resta sappia assumersi delle responsabilità e rivolgersi a chi può dare un apporto di collaborazione e di sostegno.
E se invece non resta nessuno, che ci sia almeno chi può evitare che l’abbandono e la violenza si sostituiscano alla speranza.
Per questo tutte le istituzioni possono fare molto per il bene dei bambini e degli adolescenti e dobbiamo essere profondamente grati a chi accompagna questo impegno civile con una sensibilità morale solitamente onesta e consapevole.

La scuola, i servizi sociali, il mondo del volontariato, ad esempio.
Ci sono genitori che riconoscono l’importanza di queste “alleanze” con il sociale ma non perdono mai di vista i propri personali doveri, altri che delegano alle risorse esterne il compito di intervenire, rimuovere, correggere, sostituire, altri ancora che attribuiscono responsabilità e dispensano “colpe”, accusando il partner, le assistenti sociali, gli insegnanti.

Non sempre si possono risolvere i propri garbugli esistenziali e le difficoltà emotive dei figli cercando le risposte fuori di noi.
Anche per chi può permetterselo non basta dire “ lo porto dallo psicologo”, “lo faccio valutare” , bisogna forse interrogare più spesso la propria coscienza, assumersi personali responsabilità.

L’esperienza insegna che lo sguardo più eloquente, l’espressione più spontanea, il comportamento più sincero e significativo non sono quelli che si manifestano nel corso della narrazione indotta da un incontro su appuntamento, nello studio di uno “specialista”.
Viene allora a un bel punto il momento in cui bisogna prendere la mano dei nostri figli, sedersi accanto a loro e ascoltare, pazientemente ascoltare.