A consigliare estrema prudenza nei rapporti con Berlino vi è la crisi strutturale del suo modello economico mercantilista che sta dimostrando di non reggere l’onda d’urto inflazionistica delle politiche espansive americane.

Il triangolo no. Anche se in geometria… non è reato, nella geopolitica europea credo che per l’Italia nel migliore dei casi potrebbe rivelarsi solo un’illusione procedere nella direzione indicata da Romano Prodi, e auspicata dall’amico Enrico Farinone in una sua peraltro autorevole, ricca e stimolante analisi su “Il Domani d’Italia”, quella di procedere alla stipula di un nuovo trattato bilaterale italo-tedesco dopo il trattato franco-tedesco di Acquisgrana e quello italo-francese del Quirinale.

Proprio perché la situazione italiana, come osserva Farinone  appare caratterizzata da un livello di qualità dei partiti scadente e di converso da un ruolo di Draghi che risulta indiscutibile di certo in questa e verosimilmente anche nella prossima legislatura, non paiono sussistere le condizioni per l’attuazione di una tale proposta. Il trattato del Quirinale è un progetto che Draghi ha ereditato dall’accomodante Gentiloni e che l’attuale Presidente del Consiglio ha trasformato in qualcosa di molto diverso da ciò per cui era stato originariamente pensato, e che appare inserito in una strategia di accordi bilaterali, con la quale il nostro Paese intende cooperare al benessere e alla sicurezza, tutelando i propri interessi, in Europa e nel mondo. Per questo tutto lascia supporre che il prossimo grande trattato bilaterale, se Draghi resterà a lungo a Palazzo Chigi, sarà con il Regno Unito prima che con la Germania.

Il ruolo e la leadership in Europa dell’ex presidente della Bce dipendono più da un suo comune sentire con Washington che da velleità di inserimento nel direttorio europeo che si snoda tra Parigi e Berlino, dal quale sempre, seppur erroneamente, l’Italia viene considerata il parente povero. L’Italia è al centro del Mediterraneo, al centro della civiltà,  non ha bisogno di elemosinare riconoscimenti che fanno da sempre parte di un disegno geopolitico, quello neo-carolingio, alternativo agli interessi italiani i quali possono esser meglio tutelati da una relazione strategica con la “quarta Roma” che sorge al di là dell’oceano.

D’altra parte, anche ammettendo per mera ipotesi, la necessità del completamento del triangolo italo-franco-tedesco, il rafforzamento dell’intesa fra Francia ed Italia appare per molti versi giustificabile, essendo i due popoli cugini uniti nel bene e nel male da un comune destino, che in questo decennio potrebbe finire per esser rinforzato oltre ogni previsione.

Ma la necessità di un nuovo trattato italo-tedesco che non sia la conferma della capitolazione della nostra economia a vantaggio di quella tedesca, avvenuta tramite una interpretazione egoistica e miope dei Trattati Europei, durante l’«eraMerkel» (una figura che presto gli eventi storici riporteranno alla sua effettiva dimensione) come si potrebbe mai giustificare? A consigliare estrema prudenza nei rapporti con Berlino vi è la crisi strutturale del suo modello economico mercantilista che sta dimostrando di non reggere l’onda d’urto inflazionistica delle politiche espansive americane. E sotto questo profilo anche il nuovo cancelliere Scholz non potrà fare miracoli se non cercare di gestire nel modo meno doloroso una situazione difficile, sebbene tutt’altro che imprevista, e cercare di procrastinare il più possibile il momento in cui la Germania dovrà scegliere fra rinunciare al proprio sistema che ha imposto ai propri partner, per salvare l’Europa, oppure seguire il suo secolare modello economico e geopolitico che tante tragedie ha provocato.

Sempre più l’Europa dovrà cercare di sopravvivere nonostante la Germania: per questo un’Italia non subalterna, capace di esprimere con autorevolezza la propria visione dei problemi europei e globali, che è l’Italia di Draghi, appare preferibile a innaturali triangolazioni.