La nuova stagione del Partito Democratico targata Letta non nasce sicuramente sotto il segno della novità.
Da più parti non sono mancati giudizi negativi relativi ad una sorta di ritorno al passato con in primis il ritorno alla vocazione maggioritaria del PD, e il conseguente abbandono della riforma elettorale in senso proporzionale, ma anche con la nostalgica riproposizione di un nuovo Ulivo.

Il disegno di Enrico Letta appare chiaro: recuperare innanzitutto i fuoriusciti a sinistra, D’Alema, Bersani e co; ma spostare anche l’asse del Partito al centro per recuperare voti moderati.
L’ambizione è quella di riuscire nel ritornare ad essere il primo partito in termini di consenso in funzione dell’egemonia all’interno del centrosinistra.
Le minestre riscaldate, però, non sono sempre buone, soprattutto quando alcuni alimenti si sono deteriorati.

In altri termini, non si è riflettuto abbastanza che le condizioni politiche attuali non sono più quelle della fine degli anni Novanta, quando l’Ulivo aveva al suo interno una non irrilevante presenza che faceva capo sia al Partito Popolare Italiano che ad altre formazioni progressiste.

Ma al di là di questo dato non irrilevante, l’impresa di Letta appare già nebulosa e priva di riferimenti politici forti. Un Partito non si costruisce solo con le azioni, perché queste ultime sono la conseguenza di motivazioni ideali e culturali, di una classe dirigente a tutti i livelli preparata e consapevole di dover spendere il proprio tempo non per ricercare il potere, ma di dare risposte ai problemi drammatici che stanno investendo l’Italia.

Non di meno, non basta più nemmeno proclamarsi europeisti, se poi non si ha una idea nuova di Europa, diversa, più rispondente alle attese dei diversi popoli, capace di capovolgere l’ordine dei fattori: da unione economica ad unione politica.
Invece, tutto sembra debba giocarsi sulla strategia da tenere in campo, sulla distribuzione dei posti, su una certa rincorsa all’indebolimento numerico di avversari ed alleati.
Un Partito, insomma, non si costruisce sulla semplice vocazione di Governo, ma su un programma di valori che, ad oggi, è assente anche nel PD di Enrico Letta e non bastano più i proclami al nuovo per dimostrare di essere credibili.

Sono queste le sfide che Enrico Letta dovrebbe raccogliere, ma dalle prime impressioni sembrano distanti anni luce dalle motivazioni programmatiche ed organizzative dell’ex presidente del Consiglio dei ministri.

“Non vi serve un nuovo segretario, ma un nuovo PD”. Questo concetto pronunciato da Letta all’atto del suo insediamento al Nazareno, si scontra però con un’altra realtà: quella di un PD a trazione posteriore.