La combinazione di due molecole immuno-oncologiche, nivolumab e ipilimumab, riduce il rischio di progressione della malattia del 20%, di morte del 13% e incrementa le risposte del 60% rispetto alla monoterapia. Lo dimostra una metanalisi, coordinata dall’Università La Sapienza di Roma, che ha considerato 8 studi, condotti fra il 2010 e il 2020, su 2.440 pazienti con diversi tipi di tumore.

Per la prima volta in 30 anni, questo approccio ha evidenziato un miglioramento significativo della sopravvivenza globale in una neoplasia molto difficile da trattare come il mesotelioma. Nel melanoma metastatico, che ha fatto da apripista a questo approccio di cura, a 5 anni il 52% dei pazienti trattati con la combinazione è vivo. Un risultato eccezionale, se si considera che, prima dell’introduzione dell’immuno-oncologia, questa percentuale non superava il 5%.

E la combinazione sta aprendo nuove strade anche nel trattamento del tumore del polmone, in associazione con basse dosi di chemioterapia, con il 63% dei pazienti vivi a un anno.

Nel carcinoma renale, la combinazione di nivolumab con la terapia mirata porta a una riduzione del rischio di morte del 40%, rispetto alla terapia standard.

Nel tumore gastrico avanzato e dell’esofago, la combinazione di nivolumab con la chemioterapia ha migliorato sia la sopravvivenza globale che la sopravvivenza libera da progressione. È la prima volta in 10 anni che, in questa neoplasia, si osservano benefici così importanti.