Una nota che riferisce del lavoro svolto da due gruppi di ricerca coordinati rispettivamente da Silvana Gaetani del Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia Vittorio Erspamer della Sapienza di Roma e da Carlo Cifani della Scuola di Scienze del Farmaco e dei Prodotti della Salute dell’Università di Camerino (entrambi coordinatori del Gruppo di Lavoro “Obesità, Sindrome Metabolica e Disordini Alimentari” della Società Italiana di Farmacologia), spiega che: l’oleoiletanolamidem è un potenziale nuovo strumento farmacologico per prevenire e contrastare il disturbo da alimentazione incontrollata.

I risultati dello studio sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Neuropsychopharmacology. Una scoperta imporante, perché se i trattamenti più significativi e attualmente disponibili per il BED prevedono una combinazione di psicoterapia e farmacoterapia, quest’ultima generalmente basata su farmaci antidepressivi tuttavia, il fatto che il tasso di ricaduta sia ancora molto elevato evidenzia la necessità di individuare strategie più efficaci.

“Il crescente interesse della comunità scientifica per l’oleoiletanolamide, più nota con il suo acronimo OEA, deriva dal suo ruolo ben caratterizzato come segnale di sazietà per il cervello e come regolatore del metabolismo, soprattutto quello dei grassi” spiega la nota. “In questo panorama di scoperte chiave sul ruolo dell’OEA, il team Sapienza ha dato negli ultimi quindici anni un significativo contributo”.

“Oggi sappiamo – spiegano Adele Romano della Sapienza e Maria Vittoria Micioni Di Bonaventura dell’Università di Camerino, entrambe primi co-autori dello studio – che l’OEA è in grado di prevenire lo sviluppo di un comportamento alimentare anomalo, di tipo binge, e agisce modulando l’attività di circuiti cerebrali che rispondono alle proprietà piacevoli del cibo e/o all’esposizione a una condizione stressante”.

“Le prove scientifiche che abbiamo fornito – aggiunge Silvana Gaetani – sono state ottenute in un modello sperimentale di BED, sviluppato dal team di Carlo Cifani, e sebbene debbano essere confermate in pazienti affetti da BED, fanno ben sperare che l’OEA possa essere effettivamente un nuovo potenziale alleato per la prevenzione o la cura dei disturbi del comportamento alimentare”.