USA, complotto, carovane ed elezioni di midterm

Ciò che è accaduto con la nomina di Mueller e con la prosecuzione per oltre 18 mesi della sua falsa indagine è dieci volte più grave del Watergate.

Ancor prima che Trump entrasse alla Casa Bianca, verso di lui e il suo governo fu montato un complotto per bloccare le sue possibilità di governare e se possibile per destituirlo. Riguardo a tale complotto vi dev’essere negli USA un’indagine priva di condizionamenti, come quella che può condurre un procuratore speciale che sia davvero indipendente. Tale procuratore può essere nominato dal ministro della Giustizia (Sessions), che fino a ottobre 2018 è rimasto latitante sull’argomento, o dal vice ministro (Rosenstein), che è legato ai nemici di Trump e nell’autunno 2018 è in fase di perdita di potere. Il Deep State (Stato profondo) anti-Trump non può consentire che l’indagine abbia luogo, perché ha troppo da perdere, anzitutto il controllo della Giustizia, dei media più diffusi, delle università, di Internet, di molti social media, e altro. Il Deep State sostiene e finanzia i Democratici, sperando che prendano il controllo del Congresso o almeno della Camera; finanzia e sostiene, con le mancate denunce e le fake news di media corrotti, la teppa che scende in strada per attaccare i sostenitori di Trump o i politici conservatori; finanzia e incoraggia le carovane di migranti che muovono dal Centroamerica verso il confine USA. Il Deep State è composto da politici, burocrati, intellettuali e figure note dei media e dello spettacolo, oltre che dai finanziatori e dalla molteplice servitù disponibile allo scopo. Il Deep State è pronto a tutto per ottenere il suo scopo, che è quello di mantenere il potere messo a rischio dai cambiamenti portati avanti da Trump o che sono nel suo programma. A fine estate-autunno 2018 le aggressioni a politici Repubblicani (McConnell, Cruz, Pam Bondi, la portavoce della Casa Bianca Sara Sanders, oltre al grave ferimento di Scalise nel 2017) e a giornalisti conservatori (Bill O’Reilly, Sean Hannity, Laura Ingraham), insieme al tentato linciaggio morale del giudice Kavanaugh, sembrano divenuti la nuova normalità, istigata da indegni politici Democratici (Waters, Booker, Holder, Durbin, indirettamente la stessa Hillary e la Pelosi) e turpi personaggi dello spettacolo. Come avviene da due anni, sui social media Trump è oggetto di aggressioni in effigie, per lo più mortali e truculente. Dobbiamo fare affidamento sul fatto che il Secret Service, che protegge i presidenti, non è più quello del tempo di John Kennedy, a cui fu consentito di percorrere le strade di Dallas su un’auto scoperta.

 

Al centro del complotto, che è un colpo di stato strisciante, vi è stata l’indagine-truffa del procuratore Mueller, che fin dal primo momento è stata un’operazione per abbattere Trump: una costruzione falsa, in cui un procuratore speciale veniva nominato senza che vi fosse un crimine da indagare. Il reato mai esistito è la “collusione” tra la squadra di Trump e agenti russi. Dalle incursioni hacker nelle campagne elettorali americane, i più danneggiati sono Trump e i candidati del GOP, dal momento che le maggiori incursioni, quelle che hanno origine in Cina, hanno lo scopo di danneggiare il governo Trump. Nella primavera 2017 la nomina di un procuratore speciale, con i suoi larghissimi poteri e fondi illimitati, fu “illegittima”, secondo esperti legali come Greg Jarrett e Mike Mukasey. Il noto professore di diritto costituzionale Alan Dershowitz, che non è e non è mai stato Repubblicano, ha scritto che Mueller avrebbe dovuto rifiutare l’incarico per conflitti di interesse, essendo legato all’ex direttore dell’FBI Comey, licenziato da Trump, e a Obama. Dopo la nomina, sia Mueller sia Rosenstein rinunciarono a ogni apparenza di imparzialità e agirono con impunità per minare il governo Trump. Dietro di loro, vi erano figure meno note come il vice direttore dell’FBI McCabe, oggi incriminato per falsa testimonianza; il dirigente dell’FBI Bruce Ohr e il principale funzionario FBI incaricato dell’indagine, Peter Strozk, entrambi accusati di azioni cospiratorie dalla Commissione intelligence della Camera; e vi era l’anima nera della cospirazione, cioè il direttore della CIA obamiana, Brennan (perché il direttore dell’intelligence, Clapper, è stato più che altro il buffone di corte della cospirazione, lo zimbello del diavolo). Da parte sua, Rosenstein ha avuto un ruolo decisivo nel consentire che l’indagine di Mueller proseguisse nonostante l’infondatezza e i soprusi commessi da chi la conduceva. Inoltre Rosenstein è responsabile della mancata consegna alla Commissione intelligence della Camera dei documenti da essa richiesti. Documenti che provano – secondo chi li ha letti – l’inconsistenza delle motivazioni per l’indagine di Mueller e il carattere fraudolento della sua origine, con la richiesta (firmata da Rosenstein nell’ultima versione) al tribunale FISA di autorizzare intercettazioni su collaboratori di Trump. La richiesta era fondata su un dossier di false accuse a Trump, messo insieme da una ditta che agiva al servizio di leader Democratici. Ci si può chiedere perché Trump non abbia licenziato Rosenstein e lo stesso Sessions. La risposta è che i media avrebbero scatenato una campagna per accusare il presidente di “ostruzione della giustizia”. A lungo, per oltre un anno, l’ufficio legale della Casa Bianca (alla cui testa era l’avvocato McGahn) consigliò cautela a Trump. In seguito le rivelazioni portarono, mentre l’indagine di Mueller si trascinava avanti del tutto priva di credibilità, alla perdita di potere di Rosenstein, il quale nell’ottobre 2018 è indagato dall’Ispettore Generale della Giustizia, è chiamato a testimoniare dalla Commissione intelligence, non è più autorizzato a presentare richieste al tribunale FISA.

 

Il dissesto nel Dipartimento Giustizia è stato ed è enorme. Tra le sue cause vi è il dramma, almeno in parte inspiegabile, di Jeff Sessions, che con il “ricusarsi”, cioè tirarsi fuori dall’indagine di Mueller, ha consentito il dissesto. Non si comprende come Sessions, un anziano gentiluomo del Sud degli USA, con molte idee giuste su argomenti cruciali come l’immigrazione, dopo esser stato per tre decenni un senatore esemplare, non abbia visto ciò che accadeva, non abbia compreso che un colpo di stato era in atto, e in questo modo sia divenuto una sponda per il Deep State. Sessions non è corrotto. Forse è stato soltanto raggirato. In ogni caso è responsabile di aver lasciato via libera alla cospirazione, da cui la nazione veniva lacerata. Mentre lui non guardava, l’indagine di Mueller e l’autorità dei vertici dell’FBI divenivano una farsa. Mueller e i suoi avvocati, quasi tutti finanziatori dei Democratici, hanno provato di tutto: indagini su vicende personali, estorsioni, minacce. Uno dopo l’altro, i tentativi di trovare, nei confronti di Trump o di persone a lui vicine, capi d’accusa pertinenti all’indagine sono falliti e si sono dimostrati persecutori. Michael Flynn è stato indagato per aver parlato con l’ambasciatore russo, come era sua competenza fare in quanto consigliere per la sicurezza del nuovo governo Trump, ed è stato accusato di aver mentito agli agenti dell’FBI: accusa poi ritirata. Paul Manafort è stato processato e condannato per evasioni fiscali risalenti al 2006, trattato come un delinquente per reati molto diffusi e spesso impuniti, privi di rapporto con Trump e il suo governo. Un ex avvocato di Trump, Mike Cohen, è stato indotto a dichiararsi colpevole di pagamenti, per conto di Trump, a una porno-star e a una pin-up, senza che tali pagamenti fossero un crimine, né una violazione di regole relative ai fondi elettorali. Dalla collusione con Putin, Mueller e i media che ne ingrandivano le azioni sono passati alle porno-star. Gli affari di Trump prima di divenire presidente, come le sue finanze, non sono competenza di Mueller. Un procuratore non può condannare un presidente, fino a quando è presidente, per azioni compiute prima di divenirlo. Inoltre, negli eventi pubblicizzati dai media, non vi è nulla che possa condurre a una condanna. Da imprenditore, Trump avrà forse apprezzato le misure corporee di Stormy Daniels, ma ha anche ricostruito West Manhattan, trasformando banchine e magazzini fatiscenti in moderne abitazioni, scuole e aree sportive.

 

Morbosamente incoraggiato dai media, Mueller ha interrogato per 30 ore l’avvocato McGahn; non avendone ricavato alcunché, ha provato a coinvolgere Trump in una intervista diretta, dove – se Trump avesse accettato, come tendeva a fare – ogni parola detta dall’esuberante presidente sarebbe servita ad accusarlo di falsa testimonianza, nel confronto artefatto con le testimonianze di altre persone interrogate. L’intervista serviva per costruire un reato, visto che nient’altro si riusciva a trovare. Peraltro, mentre nel corso dei mesi emergevano pesanti illeciti commessi dagli attori della cospirazione, Mueller non indagava: non interrogava né McCabe, né Ohr, né Comey, né Brennan (il quale, invece, parla regolarmente su una rete TV sediziosa, la MSNBC). Mueller ha concesso l’immunità agli autori del colpo di stato contro Trump e ha lasciato che i propri avvocati, cioè una banda di attivisti Democratici senza scrupoli, alimentassero sui media la frode della “collusione” con i russi. Il più noto di quegli avvocati, Weissman, un procuratore che molti in America considerano corrotto e che in passato ha fatto condannare degli innocenti (dichiarati tali da sentenze di Corti superiori) e ha difeso dei mascalzoni, la notte delle elezioni nel 2016 era sul palco con Hillary, dietro di lei, e in seguito incontrò più volte il dirigente dell’FBI Bruce Ohr, che agiva in funzione anti-Trump. Davanti all’indagine del tutto fuori controllo di Mueller, congressmen del GOP come Mark Meadows, Jim Jordan, David Nunes, per lo più vicini al gruppo Repubblicano Freedom Caucus, tramite la Commissione intelligence della Camera chiedevano al Dipartimento Giustizia il rilascio pubblico di documenti, in parte da essi già visionati, relativi all’indagine di Mueller. Poiché la loro richiesta veniva dilazionata con vari sotterfugi, soltanto un ordine da parte del presidente di consegnare la documentazione integrale può consentire al pubblico di conoscere documenti che potrebbero chiarire alcuni passaggi del complotto, mettendo sotto accusa i vertici della Giustizia, dell’FBI e della CIA obamiani.

 

Tra le rivelazioni più recenti, e un altro motivo per cui l’indagine di Mueller fu illegale fin dal primo momento, vi è quella che è venuta da fonti investigative, cioè da giornalisti di Fox News e di The Hill (Sara Carter, John Solomon): nell’estate-autunno 2016 agenti dello spionaggio inglese spiarono su persone associate alla squadra di Trump su richiesta della CIA e dell’FBI. Brennan (che in quei mesi visitò a Londra la direzione del MI6, lo spionaggio inglese) e Comey avrebbero chiesto l’azione di agenti inglesi senza che il governo di Londra ne fosse a conoscenza. In ogni caso è del tutto provato che un agente inglese, Chris Steele, abbia elaborato, su incarico della ditta Fusion GPS (il cui direttore ha evitato di testimoniare in Congresso appellandosi al 5° Emendamento, il che è ciò che fanno i politici incriminati), un dossier di accuse false verso Trump: l’incarico fu pagato dalla direzione Democratica e dalla squadra di Hillary. Il dossier fu poi usato in modo fraudolento per ottenere dal tribunale FISA la sorveglianza elettronica di collaboratori di Trump. Dunque, quanto più viene rivelato, tanto più vi è evidenza che la cospirazione anti-Trump fu massiccia, che ne fecero parte persone molto vicine a Obama (come il suo consigliere per la sicurezza Susan Rice) e che, almeno in parte, Obama ne fu a conoscenza. Né Brennan, né Comey e McCabe, cioè né la CIA né l’FBI potevano agire senza il consenso di Obama. Quanto al Dipartimento Giustizia di Obama, con i ministri Holder (l’indegno Holder, estremista dell’immigrazione e protettore di indagati per terrorismo) e Lynch (la garantista e ossequiosa Lynch), è stato il più inadeguato e il più condizionato da un’ideologia degli ultimi 70 anni di storia americana.

 

Ciò che è accaduto con la nomina di Mueller e con la prosecuzione per oltre 18 mesi della sua falsa indagine è dieci volte più grave del Watergate. Per questo motivo, se la Camera e dunque la direzione della Commissione intelligence dovessero passare ai Democratici, essi cercheranno di bloccare la rivelazione al pubblico di quanto è accaduto. A quel punto vi potrebbe essere soltanto un’indagine criminale da parte del Dipartimento Giustizia, una volta che Rosenstein e Sessions si fossero ritirati o fossero stati licenziati da Trump. Ma con i media avversi, se non si è riusciti a imporre il complotto all’attenzione del pubblico con una Camera a maggioranza Repubblicana, ancora più difficile sarà riuscirvi con le principali Commissioni controllate dai Democratici.

 

La Costituzione americana assegna  alla Camera il potere di mettere sotto accusa (impeach) funzionari pubblici, incluso il presidente, con un voto di maggioranza semplice. L’accusa dev’essere confermata dal Senato con due terzi dei voti. Dunque un procedimento di impeachment non verrebbe mai approvato in Senato, né avrebbe, nei confronti di Trump, alcun fondamento. Ma ai Democratici interessa l’annuncio dei media globali, la confusione, l’impostura. Ora, di fronte a un partito Democratico che è divenuto il partito della sinistra radicale, delle calunnie, dei media corrotti, dei confini aperti, delle città e stati “santuario” di immigrati illegali e di piccoli criminali, della tolleranza verso l’arrivo attraverso il confine sud di droga mortale e di gang criminali, come è possibile una sua maggioranza alla Camera nelle elezioni di midterm del novembre 2018? La risposta è in fattori contingenti, due dei quali poco sottolineati anche da osservatori onesti. Il primo è l’alto numero di congressmen Repubblicani che non si ripresentano. Si tratta di un fenomeno abituale per la Camera, ma non con i numeri del 2018: 36 ritiri, contro 20 nel 2016 e 16 nelle midterm del 2014. Vi è una motivazione comune? Non lo si può dire, a differenza di quanto avviene per due dei tre senatori GOP che si ritirano, Flake e Corker, che sono anti-Trump e hanno perduto il sostegno degli elettori (il terzo è il molto anziano e onesto Orrin Hatch). Per la Camera si ritirano alcuni congressmen molto noti, come Goodlatte, Trey Gowdy, Darrell Issa, oltre a Paul Ryan. Un congressman in carica, noto e stimato, ha un grande vantaggio rispetto a un candidato poco conosciuto. Direi che il 2018 non era il momento migliore per fare le valigie. L’antipatia per le manovre politiche di Washington e un certo individualismo americano hanno avuto un ruolo in decisioni che, dall’esterno, appaiono intempestive. Il secondo fattore che aiuta i Democratici è il cosiddetto redistricting, che i loro governi locali hanno condotto con l’aiuto di giudici di parte: in alcuni stati, anzitutto Pennsylvania, California, Minnesota, essi hanno ridisegnato i distretti elettorali, in modo che in ogni distretto vi siano quartieri urbani e suburbani, abitati da immigrati e minoranze etniche, e che i distretti soltanto rurali siano ridotti al minimo.

 

Poi vi è la questione delle frodi elettorali, quasi certamente avvenute nel 2012 e nel 2016 in alcune grandi città come Chicago, Newark e Filadelfia (si può notare che l’ultima volta che un Repubblicano è stato sindaco a Chicago fu nel 1931, a Newark nel 1949, a Filadelfia nel 1952). Trump nel 2017 ordinò un’indagine, che i governi locali non hanno mai portato a termine. Vi sono fondati sospetti che nel 2012, nei quartieri neri di molte città, i Democratici abbiano organizzato (anche con autobus itineranti) doppi voti in favore di Obama, e che in quei quartieri e altrove fossero registrati per votare anche i morti. Inoltre non è un sospetto, bensì una certezza, che i Democratici, a partire dal Registration Act della presidenza Clinton fino alle modalità spudorate degli ultimi anni, consentano e incoraggino, nelle città e stati che essi controllano, il voto degli immigrati illegali. In decine di città e contee “santuario” è consentito il voto anche a chi è privo di residenza e persino a chi ha subito condanne minori. In California il voto a chi non è cittadino americano è una pratica ufficiale. E la California manda alla Camera ben 53 congressmen, di cui solo 14 Repubblicani. Nella primavera 2018 in California l’iscrizione sui registri per votare è divenuta automatica per chiunque richieda o rinnovi la patente di guida, per la quale non si deve esibire né certificato di nascita né passaporto. I politici Democratici californiani (tra cui la sgradevole triade di donne: Pelosi, Feinstein, Harris) stanno distruggendo uno stato che era il miraggio del mondo intero: essi sanno che quanto maggiore è la confusione nel voto, e quanti più illegali vi partecipano, tanto più facile sarà venir confermati nei governi locali. In California vi sono 11 contee che hanno più persone registrate per votare che cittadini in età che consenta il voto. In New Jersey, a Boston, a Portland, a St. Louis, la situazione è analoga. Nelle maggiori città del Texas, i governi liberal hanno inviato agli immigrati illegali dei moduli con i quali registrarsi per votare, e con la voce “cittadinanza” nel modulo già segnata con una X: cioè una frode. Se a un professionista, ovunque negli USA, o a un artigiano, vengono scoperti falsi documenti di identità, la sua carriera è rovinata e può finire in prigione. Invece, secondo un documento dell’Agenzia Entrate (IRS), nel 2015 un milione di immigrati illegali avevano false identità, anche a seguito di furti di documenti, e beneficiavano dei programmi di welfare. Se fermati per furto di identità, essi non vengono sempre espulsi, perché interviene il garantismo in favore delle minoranze.

 

Si dice che a favorire il voto per i Democratici sia la promessa della sanità gratis per tutti. Si tratta di una promessa oscena. In California, stato sulla soglia della bancarotta, il governatore Democratico, Newsom, parla di sanità gratis per chiunque arrivi nello stato, incoraggiando ingressi legali e illegali. La sanità interamente gestita dal governo è il sogno dei socialisti americani ed è il mezzo più veloce per sfasciare del tutto la sanità americana, già distorta dalla Obamacare, e per privare di protezione chi ne ha diritto e chi ha pagato per averla. È anche un richiamo irresistibile per qualunque aspirante immigrato, da ogni parte del mondo. Dunque un mezzo veloce per distruggere la nazione americana.