Uscire dal conformismo

Occorre creare le condizioni economiche e sociali per garantire un lavoro a tutti i nuclei familiari,

Il nostro è un invito ai cattolici a impegnarsi in politica per ricreare le condizioni economiche e sociali necessarie affinché tutti possano godere dei diritti di libertà e di solidarietà, in particolare le famiglie a basso reddito. Diritti che oggi vengono esercitati concretamente solo da chi partecipa al potere economico.

Occorre creare le condizioni economiche e sociali per garantire un lavoro a tutti i nuclei familiari, per tutelarli dai pericoli della povertà e per rispondere alla necessità umana di proteggere la dignità.

L’Italia di oggi ha bisogno di una guida politicamente autorevole che l’aiuti a ritrovare la via dei suoi Valori, per una proposta politica concreta di partecipazione dei cristiani a livello nazionale, non potendo continuare a vivere di rendita del suo illustre passato, ma a recuperare il ruolo e la capacità di attrazione economica, finanziaria e commerciale, oltre che culturale.

I cattolici popolari si propongono agli italiani, non come guida presuntuosa, ma come voce del centro politico: il punto è di mettere in campo una proposta cristiana, una applicazione dei princìpi, nella politica del fisco e nelle politiche vestuali della scuola, dell’istruzione, del lavoro, al fine costituzionale di attuare le politiche sociali, per il sostegno alle imprese e alle famiglie nell’economia reale dei territori. Questo impegno dei cattolici toscani e italiani si esprime attraverso l’eredità morale e civile delle vere guide storiche della Democrazia Cristiana.

Perché ricominciare da Sturzo?

Don Luigi Sturzo è anello di congiunzione fra cattolici e laici e sviluppa una concezione fondata sulla funzione essenziale dei comuni con due aspetti essenziali: la proporzionale elettorale che è la distruzione della “clientela personale “, cioè del baronaggio politico e la libertà della scuola che è la rivendicazione del magistero spirituale della Chiesa. Nel novembre del 1902, a Caltanissetta, aveva sostenuto l’indispensabile rinascita del comune, “nella sua funzione collettiva, nel diritto di amministrare i beni comuni, di soddisfare i bisogni collettivo-territoriali sia di ordine materiale, sociale che morale”. Il comune così diventava per Sturzo palestra di democrazia, attraverso la rappresentanza proporzionale delle diverse energie comunali. Sturzo diventa banditore di una fede moderna, “personaggio della Chiesa e del popolo” che, pur muovendo da premesse saldamente cattoliche, pone il problema politico della libera volontà, correndo tutti i rischi delle scelte morali dettate dalla coscienza.

La partecipazione dei cattolici alla vita politica dell’Italia, con organizzazione autonoma e con programma completo intorno a tutti i problemi nazionali da lui caldeggiata per oltre 20 anni ed attuata con la fondazione del PPI, era il primo obiettivo da raggiungere e il mezzo per le ulteriori affermazioni. Ma il discorso più significativo e che più ci coinvolge in questo momento storico di piena confusione e di perdita di senso e di direzione della società civile, è il discorso di Caltagirone del 24 dicembre 1905, intitolato “I problemi della vita nazionale dei cattolici italiani”. Vi si identifica l’intenzione di dare vita a un Partito d’ispirazione cristiana, ma responsabilmente aconfessionale e laico, con cui i cattolici si mettessero “al pari degli altri partiti della vita nazionale, non come unici depositari della religione, o come armata permanente delle autorità religiose, ma come rappresentanti di una tendenza popolare-nazionale nello sviluppo del vivere civile..il partito come strumento indispensabile alla vita civile e democratica”.

Questo partito avrebbe dovuto scegliere se essere conservatore o essere democratico, in quanto il clerico-moderatismo dell’età giolittiana, poi culminato nel patto Gentiloni del 1913, non corrispondeva al progetto di Sturzo, poiché espressione clerico-moderata di ritorno storico della reazione. Nel suo disegno il partito non poteva essere che “democratico, antimoderato, autonomo da condizionamenti e collusioni con altre forze politiche”. La formazione di un partito nazionale dei cattolici democratici richiedeva, secondo Sturzo, “di essere da soli, specificamente diversi dai liberali e dai socialisti, liberi nelle mosse, con un programma concreto basato sopra elementi di vita democratica…un partito non pura espressione ideologica, ma soggetto che doveva maturare dal basso, alimentarsi coi problemi reali e concreti del Paese e della sua gente, per diventare il risultato di una presa di coscienza politica, sociale, culturale e democratica dei cattolici…”.

Sturzo aveva compreso che uno Stato democratico si costruisce dal basso, attraverso individui responsabili ed enti autonomi, in cui fare pieno esercizio di libertà. Altro momento importante fu il Congresso di Torino, il quarto, nell’aprile del 1923, in cui Sturzo ribadì la peculiare fisionomia del PPI, nei confronti di ogni altra ideologia, contrapponendosi in particolare al fascismo e alla sua concezione dello Stato: “…Per noi lo Stato non crea l’etica, ma la traduce in legge e le dà forza sociale. Per noi lo Stato non è la libertà, non è al di sopra della libertà, ma la riconosce e ne coordina e limita l’uso, perché non degeneri in licenza. Per noi lo Stato non è religione: la rispetta, ne tutela l’uso dei diritti esterni e pubblici…Per noi la nazione non è un ente spirituale assorbente la vita dei singoli: è il complesso storico di un popolo uno, che agisce nella solidarietà della sua attività e che sviluppa le sue energie negli organismi nei quali ogni nazione è ordinata “.

Prospettive.

Noi cattolici e laici toscani e nazionali ci proponiamo di affrontare questa situazione politica attuale in tutti i suoi aspetti politici, economici e sociali, interrogandosi sull’efficienza dell’intesa contrattuale tra il movimento cinque stelle e la lega, nonché sulla posizione contestataria nei confronti dell’Unione europea. Sarà oltremodo utile analizzare e valutare l’andamento preoccupante della situazione economica ed occupazionale del Paese, l’eccessivo debito dello Stato, a causa di provvedimenti e leggi governative, in numero esuberante e massiccio, in favore dell’assistenzialismo a scopi puramente elettorali e con scarsa propensione alla giustizia fiscale e sociale.

Di grande rilievo sono la crescita delle diseguaglianze e la distanza economica e sociale, tra il nord e il sud. I risultati ottenuti nell’anno dal presente governo hanno prodotto finora un peggioramento socio-economico. In prospettiva, il nostro traguardo è quello della ricostruzione di un partito laico di consolidata tradizione democratica, d’ispirazione cristiana che vuole avere voce sul presente e sul futuro della società italiana. Vogliamo uscire da una brutta stagione di rabbia sociale, di odio e di risentimento verso il diverso, verso l’Europa, e, spesso, verso la cultura civile basata sul dialogo e ispirata ai fraterni Valori cristiani.

Noi vogliamo una aggregazione, il più possibile all’interno del mondo cattolico, come premessa per creare la difesa e l’attuazione della Carta Costituzionale.

In riferimento all’ordine civile e alla sicurezza di tutti i cittadini, l’ordine e la sicurezza devono essere garantiti dai pubblici poteri (compreso il Comune). Il cittadino, nell’arco delle 24 ore, dovrà essere protetto dalla delinquenza e da qualsiasi forma di illegalità. Le nostre città devono tornare ad essere una comunità solidale ad uso umano e non solo commerciale. Le Istituzioni formulino nuove proposte per capire e risolvere i conflitti sociali e, possibilmente, realizzare le condizioni di una vera e partecipata convivenza pacifica, capace di placare il pericolo costante del “ribellismo giovanile” e il preoccupante malessere urbano.

Obiettivo: il bene comune.

Come cattolici desideriamo realizzare una casa comune, per la riaffermazione del valore della persona, la cui libertà si esprime non solo in termini di rispetto dell’opinione di ogni cittadino, ma anche in termini di potere effettivo di partecipazione agli ordinamenti intermedi sociali ed economici e alla politica locale e nazionale. La crisi attuale di partiti tradizionali non coinvolge i nostri valori, che, nella odierna competizione elettorale, non trova la nostra rappresentanza. Le forze che attualmente esprimono il governo del Paese, non operano sul terreno dei valori, ma attengono invece a un “contratto di potere” per la gestione della cosa pubblica in modo decisamente dilettantistico.

Il lavoro come premessa di libertà

Prendiamo atto che la globalizzazione si esprime sempre più nel potere finanziario internazionale sui mercati del pianeta (come bene illustrato dalla Caritas in Veritate di Papa Benedetto e dalla Evangelii gaudium e Laudato sì di Papa Francesco), su quello dell’informazione e, da qualche tempo, nel potere di alcune nazioni, attraverso le tecnologie e la ricerca scientifica, in quello dello scambio commerciale e della valutazione della produzione industriale. Noi cattolici siamo convinti che la questione del lavoro è di determinante importanza, perché tocca l’uomo con i connessi problemi di libertà e dignità personale e di garanzia di reddito.

Lo Stato, i comuni e i comuni capoluogo, dovrebbero attuare una politica di sostegno all’incontro fra domanda e offerta di lavoro, con specifico riferimento alla formazione professionale. Occorre formulare indicazioni operative, che abbiano il requisito della realizzabilità nell’ambito delle aree industriali ed artigianali. Si dovrebbe costituire una rete di osservatori, o segnalatori comprensoriali del lavoro, finalizzata alla rilevazione periodica dell’andamento della domanda e dell’offerta del lavoro, all’indagine sull’evoluzione dell’organizzazione del lavoro, nei diversi settori del terziario, dei beni culturali, della manutenzione dell’ambiente e del territorio, e delle relazioni sociali, con particolare riferimento agli anziani, ai disabili e alle famiglie in difficoltà.

Noi e l’Europa

Noi cattolici, per nostra natura, abbiamo sempre avuto un respiro planetario; abbiamo sempre avuto una dimensione internazionale, come la Chiesa nei secoli, anche con un forte radicamento popolare e non possiamo vivere solo all’interno dei confini nazionali. I cattolici sono una forza sociale internazionale, fattivamente impegnati contro il sottosviluppo del terzo mondo, la fame, la guerra, che grazie all’Unione Europea, non ha avuto più ragione di esistere nella nostra Europa.

Facciamo sempre riferimento all’azione immensa e generosa di Alcide De Gasperi, con francesi e tedeschi, per scongiurare le guerre, ormai assenti da 74 anni; per la nostra storia, per la nostra fede, non possiamo non sentire l’impegno (in totale autonomia) come interpreti politici dell’azione della Chiesa per la pace e per la cooperazione, sul piano economico e umanitario. Tuttavia, la nostra non può essere una pura e semplice copertura dell’insufficienza dell’Europa sui problemi internazionali e sull’immigrazione; tutt’altro, ma abbandonare il terreno della diplomazia e del dialogo, significa fare della demagogia elettorale, senza costrutto, rischiando l’isolamento.

Tenendo conto di tutte le carenze della politica, soprattutto economica e commerciale dell’Europa, è bene che l’Italia assuma le iniziative consone per determinare una revisione di certe norme burocratiche che creano incomprensioni fra le nazioni europee. Rinnoviamo allora totale adesione all’Europa.

Il ruolo della famiglia

La famiglia naturale è la prima scuola di solidarietà e socialità dei futuri cittadini. All’interno della famiglia si formano le persone e si imposta il rapporto della famiglia verso la società, verso lo Stato e le Istituzioni. Il compito sociale della famiglia non si ferma all’opera procreativa ed educativa, anche se trova in essa la sua prima ed insostituibile forma di espressione. La famiglia possiede vincoli vitali con la società, perché ne costituisce il fondamento e l’alimento continuo, mediante il suo compito di servizio alla vita.

Obiettivo primario dei cattolici è quello di offrire un servizio indispensabile ai cittadini bisognosi di aiuto. Il caro vita, il caro servizi, le tasse non equiparate al reddito familiare hanno ingenerato nuova povertà che colpisce anche il ceto medio che in passato aveva un livello di vita dignitoso. Le fasce di povertà si allungano ogni anno in modo preoccupante. In questo ambito riteniamo necessario proporre alcuni correttivi: adottare una politica di sostegno agli anziani, ai disabili, con assistenza attiva e professionale, laddove, naturalmente, le risorse personali e familiari non siano sufficienti. Inoltre, non possiamo non affrontare il problema degli immigrati e la loro integrazione.

Si deve parlare di inserimento sociale e culturale. Il che non significa tollerare situazioni di delinquenza. I servizi di buona accoglienza devono tenere conto della provenienza e dello stato familiare, senza incorrere in atteggiamenti di accoglienza generalizzata.

In conclusione

Prendo spunto da alcune riflessioni che il professore Stefano Zamagni pronunciò nel settembre 2017 in una sua conferenza a Loppiano.

La crisi politica italiana e internazionale ha tre cause fondamentali:

1) la trasformazione del capitalismo industriale in capitalismo finanziario prima e ultra-finanziario poi,

2) la separazione fra capitale e lavoro,

3) il distacco fra democrazia e capitale (cosa di cui, disse Zamagni, in Italia è “vietato parlare”).

Queste tre importanti conseguenze che hanno marcato il passaggio del secolo hanno origine nella globalizzazione ( termine coniato dal giornalista americano Fedor Levit nel 1983). Ma la globalizzazione inizia nel 1975 in un G6 ( USA, UK, Germania, Francia, Canada e Italia), tenutosi nel castello di Rambouillet, nei pressi di Parigi. In quell’occasione la politica concesse alla economia che oggetto di scambio divenissero non più soltanto le merci, ma significativamente, i capitali, il lavoro e persino i diritti. Le conseguenze di questo summit furono che il nuovo capitalismo non aveva più carattere industriale investendo i suoi profitti, ma ultra-finanziario fondato sulla rendita, che, per sua natura, è sempre parassitaria e lascia l’economia reale priva di liquidità. Il capitale prima industriale perdendo la sua partecipazione territoriale, ha sviluppato una economia autarchica e separata da quella reale, moltiplicando le sue rendite e il suo valore fino a 54 volte rispetto al PIL mondiale. Il lavoro viene così “esportato” e ricercato nei paesi dove costa meno, privando le comunità locali dei territori di quella linfa vitale che fino ad allora li aveva sostenuti, con incremento della disoccupazione soprattutto giovanile e delle diseguaglianze (riferimento alle encicliche Caritas in Veritate di Papa Benedetto e Evangelii gaudium e la Laudato Sì di Papa Francesco).

La terza conseguenza, il distacco cioè democrazia-capitale, la più grave, ha sottomesso la politica (e la democrazia) alla economia e alla finanza, producendo la perdita di controllo della politica sull’economia, che la legge Glass-Steagal del 1933, aveva assicurato fino al 1996, anno in cui venne abolita. Assistiamo così alla presenza di democrazie nazionali, sempre più nominali, e di economie globali sempre più distaccate da controlli democratici; come sta avvenendo in Cina, India, Turchia etc., dove il PIL aumenta ogni anno anche del 3%, ma in assenza di democrazia. In Italia la tempesta di Tangentopoli a cavaliere dei trattati europei di Maastricht (1992) e di Lisbona (1996), fece sparire tutti i partiti nati dalla Resistenza e produsse le categorie di centrosinistra e centrodestra, che per circa 25 anni hanno governato, con alterne fortune, finendo poi per essere sostituite dall’attuale governo Lega-M5s, nato su opposte rivendicazioni ed offerte elettorali, ma fondato su un “contratto di governo” per 5 anni.

Le contraddizioni più grandi che le categorie centrodestra, centrosinistra e attuale governo non sono riusciti a dirigere sono date dalle diseguaglianze, dalla caduta dell’offerta di lavoro (con la progressiva emigrazione all’estero dei nostri giovani), dalla stagnazione produttiva, dell’incremento della povertà e della miseria con punte mai registrate nemmeno nel dopoguerra. Il problema che è emerso nel disperso e ormai divaricato mondo cattolico, è stato quello di una ricerca di unità e identità volte alla possibilità che un nuovo partito d’ispirazione cristiana potesse veramente costituire una difesa verso quei valori e quei diritti, sostenuti dai doveri, che la nostra Costituzione rappresenta.

I partiti democristiani della diaspora si sono diluiti nelle aggregazioni più consistenti e hanno finito per essere ininfluenti sui programmi politici a tutela della persona, del diritto e dovere al lavoro, della difesa della Vita, del sostegno alla famiglia naturale e della centralità delle imprese, soprattutto le PMI che in Italia e in Europa sono quasi il 98% di tutte le imprese e che producono 2 su 3 nuovi posti di lavoro.

Recentemente su l’Avvenire dello scorso dicembre comparve una mappa dei movimenti d’ispirazione cristiana, a interesse prevalente di impegno sociale, e, misura minore, politico. Ma tutti questi movimenti hanno la caratteristica di essere poco incisivi e poco pragmatici, col risultato di essere strumentalizzati e poi assorbiti dai partiti più forti. Per questo motivo uno dei gruppi più dinamici e impegnati (quello che fa capo all’ex senatore Gianni Fontana, già ministro dell’ Agricoltura nel 1993), ha in programma il progetto di un partito nuovo, il Partito d’ispirazione cristiana e laica per l’applicazione della Costituzione, con radici storiche nel popolarismo di Sturzo e nella democrazia cristiana di De Gasperi e punto di riferimento nella Dottrina Sociale della Chiesa.

Questa “novità“ emerge come esigenza, nonostante le difficoltà a superare la diaspora dei cristiani impegnati in politica, restii a lasciare le poltrone che gli attuali partiti offrono, invece che affrontare il rischio di una presenza autonoma ed identitaria fondata sui valori del lavoro, della famiglia, dell’impresa della centralità della persona come promozione umana, che sono i perni di benessere e di dignità di ogni uomo e donna.