Veri abusi e nuove forme di vittimismo

A forza di vedere violenza dappertutto, ci avviciniamo al punto in cui la percezione del reale si deforma. A voler essere consequenziali, anche il dono della vita ci è stato imposto e dunque rappresenta una violenza. Il rischio è che dietro questa ipertrofia della denuncia anti-violenza si annidi una difficoltà oggettiva a rapportarsi con il prossimo.

 

Danilo Campanella

 

Anni fa sentii una donna, la chiamerò Adelina, di oltre novant’anni, senza fissa dimora, che tra un ricordo e l’altro mi raccontò di quando, da ragazza, un medico durante la visita si approfittò di lei. Figlia di contadini, ingenua, forse isolata dal punto di vista familiare, si scompose appena. Quando lo disse al primario quello la pregò di non parlarne per evitare uno scandalo. Succede, disse lei, per nulla turbata. “Ma voi uomini in fondo siete buoni, siete tanto affettuosi, quando vi si da ciò che volete, come i bambini”. Poi disse che, tornando a casa, vide un fatto terribile: il pesce rosso che aveva nella boccia galleggiava senza vita.

 

Che strano, pensai, Adelina aveva sopportato lo stupro ma non sopportava che il pesce rosso le fosse morto. “Tornai a casa e lo trovai morto, capisci?” Mi disse, come se non trovasse ancora pace. Per diverse notti, in seguito a quell’incontro, faticai ad addormentarmi. Non so dove sia oggi, ma quella donna mi diede una lezione di vita che equivale a un pugno nello stomaco. Un tempo era tutto normale, sopratutto per le donne. Ora per fortuna non lo è più. Rischiamo tuttavia nel cadere nell’ipersensibilità. Siamo passati, dal mobbing, allo stalking, sino a forme sempre più sottili di “violenza”, nella sua accezione di “andare oltre”.

 

C’è il ghosting, ed ora arriva anche l’orbiting. Coniato da Anna Iovine, blogger di Man Repeller, il termine si riferisce a quegli/quelle ex che scompaiono ma che continuano a seguirci sui social network. A tanti, o tante, presumo, dia fastidio. Mi chiedo: aumentano le forme di violenza oppure aumenta la nostra sensibilità nel percepire i rapporti interpersonali? Ancora non lo so. Vorrei però anche io, in questa sede, coniare un nuovo termine, osando, senza pretesa di esaustività, “Lifeing”, ovverosia la forma di violenza verso chi, pur non volendolo, viene data la vita. Insomma, la nascita. Senza il nostro assenso siamo stati gettati nel mondo, nudi, nel dolore e nel sangue, costretti a doverci caricare di fame, malattie, oneri non voluti. Nessuno ha firmato un pezzo di carta prima di nascere.

 

Eppure eccoci qui, costretti, quando tutto va bene, comunque a scontare quarant’anni di lavori forzati per poi sopravvivere a un breve periodo di libertà vigilata, prima di costituirci al necroforo. Non è forse questa la più grande forma di violenza? Quindi, non sarebbe il caso di allenare la nostra percezione verso gli altri in modo che ogni foglia caduta non ci suggerisca una forma di abuso? Lo dobbiamo per lo meno alla signora Adelina, così sensibile e rispettosa verso il mondo da ritenere passabile persino la più aberrante forma di abuso; affinché si torni a una percezione equilibrata del reale, che non tolleri la violenza, ma che nemmeno la veda in tutto pur di trovare una scusa per non rapportarsi con il prossimo. Affinché quella boccia, dove un tempo nuotava un pesciolino rosso, non rimanga vuota.