1924, Donati commemora don Minzoni: «Il suo esempio ci sarà d’aiuto». Oggi le celebrazioni con Enrico Letta.

Pubblichiamo la parte iniziale del discorso commemorativo tenuto il 23 agosto 1924 dal direttore de «Il Popolo» Giuseppe Donati, presso la sezione romana del Ppi, in via di Monte della Farina 50, nel primo anniversario della morte di don Minzoni. Il link in fondo permette di accedere al testo completo del discorso.

Il parroco di Argenta, ucciso 98 anni fa dalla violenza fascista, sarà ricordato oggi, lunedì 23 agosto alle ore 19 a Ravenna, in piazza Garibaldi. La serata, organizzata dal Centro Studi Donati, dalle ACLI, dall’Associazione Benigno Zaccagnini, sarà coordinata da Livia Molducci. Alcuni giovani leggeranno brani del diario di don Minzoni e scritti di Benigno Zaccagnini, Giovanni Paolo II, Sandro Pertini. Dopo il saluto di Michele de Pascale è previsto lintervento di Enrico Letta.

 

Giuseppe Donati

 

Raccogliamoci per alcuni istanti in religioso silenzio e ri-cordiamo. Si compie l’anno oggi, nel momento in cui siamo qui raccolti, che don Giovanni Minzoni morì accoppato proditoriamente ad un cantone buio della sua Argenta, vittima innocente di un bestiale eccesso di odio politico.

 

Dalla vigliacca ferocia degli assassini non lo protessero né la prestanza della sua forte e impetuosa giovinezza, né il fascino spirituale di quella bontà che splendeva in tutte le sue parole e in tutte le sue opere. Certo odio – qualunque sia l’etichetta ideale di cui si ricopre – non s’arresta né davanti alla sacra veste del Sacerdozio di Cristo, che don Giovanni portava come un angelo, né davanti alla divisa del combattente eroico, che Egli aveva pure onorata sul campo in difesa della Patria.

 

Pertanto il bieco assassinio di don Giovanni Minzoni strappò dal petto di tutti i suoi conterranei un grido di dolore e di protesta, che si ripercosse in tutti i cuori.

 

Più alto fu quello dei confratelli, che l’avevano in esempio; dei commilitoni, che ne ammiravano il valore; dei poveri e degli infelici, coi quali aveva particolarmente diviso il suo pane di asceta e la sua fede di apostolo. L’Italia si riempì di quel grido; e da ogni parte si invocò, si reclamò anzi il virile conforto della giustizia. Giustizia, infatti, fu promessa da chi doveva, con la solita abbondanza di parole tronfie di collera mendace.

 

Dopo un anno, ahimè, non solo non si è fatta ancora giu-stizia; ma a coloro che si ostinavano ad invocarla si è risposto con lo scherno e con la minaccia; ed ora forse «gli ignoti» assassini dell’arciprete di Argenta transitano tuttavia liberi e boriosi per le vie dove don Giovanni Minzoni seminò il bene e raccolse la morte.

 

Meglio delle ombre della notte, protessero l’impunità degli assassini e dei mandanti, i silenzi vili, se non proprio compiacenti dei mancati testimoni, la prestabilita inettitudine di deboli custodi della legge, la tolleranza infine di tutti coloro che, per amor di quiete, obliano abitualmente il cristiano dovere della fortezza e del coraggio, avverso i prepotenti e gli ingiusti. In tal modo, per centinaia di vittime innocenti s’è creato in Italia quel sistema di omertà e di impunità per i colpevoli, che ha distrutta ormai ogni fiducia nella giustizia, e posti i cittadini liberi alla mercè di faziosi avversarii e dei fanatici e prezzolati sicari.

 

In questo stato di cose, possiamo disputare quale sia il modo «per una degna commemorazione di don Giovanni Minzoni»? Ci è stato detto, dai soliti prudenti assertori della tattica del giusto mezzo (Manzoni direbbe che il giusto mezzo è precisamente quello dove essi si trovano a loro comodo), ci è stato detto, dicevo, di escludere dalle nostre rievocazioni ogni altro significato all’infuori di quello che riguardi in don Giovanni Minzoni il sacerdote e il combattente. Ma, allora, perche fu ucciso e perchè gli fu negata giustizia?

 

Queste inevitabili e terribili domande rendono inutili negli altri, come è impossibile in noi, ogni ipocrisia. Se la commemorazione di don Giovanni Minzoni deve essere fatta in modo da non turbare non dirò coloro che non seppero e non vollero fare giustizia del suo assassinio ma dirò certi «fiancheggiatori» di coloro che pure parteggiano per i suoi accoppatori, questa commemorazione sarebbe impossibile, almeno in linea di lealtà e sincerità, verso la vita e la morte di Colui che si vuol commemorare.

 

In don Giovanni Minzoni – diciamolo alto e folrte, perché è l’intera verità – venne colpita, come si voleva colpire, l’idea politica popolare, cioè l’idea democratica cristiana, che Egli sosteneva e onorava da sacerdote e da combattente.

 

È superfluo rievocare i fatti e le circostanze che furono causa del proposito assassinio: sono noti e a tutti noti. La stampa cattolica non asservita li ha documentati non meno saldamente e coraggiosamente di quella popolare. Sul movente squisitamente politico del delitto non può esservi dubbio.

 

Il testo del discorso di Giuseppe Donati