25 SETTEMBRE, IL PALIO DI UN CAVALLO SCOSSO? ANCHE SENZA FANTINO I RIFORMISTI POSSONO FARCELA.

L’operato di Letta è sotto osservazione, benché figure eminenti del cattolicesimo popolare – vedi da ultimo Gerardo Bianco – ne difendano il valore di sfida per mezzo di uno schieramento che si vuole in qualche modo competitivo. Può darsi che sull’esempio del Palio il Pd riesca comunque a trascinare alla vittoria i riformisti, anche quelli liberal-liberisti del Terzo Polo, con o senza ‘fantino’.

La scelta di Carlo Cottarelli, esperto di conti pubblici, dona al PD un profilo di autorevolezza e rigore. Se fosse stata operata nel quadro di un’aggregazione coerente sarebbe risultata ancora più degna di nota, quindi maggiormente efficace. Così rischia di presentarsi come il classico specchietto per le allodole. Una candidatura eccellente non può sanare, in fin dei conti, l’equivoco dell’alleanza con Verdi e Sinistra italiana, due formazioni distanti (per usare un eufemismo) dall’Agenda Draghi. Per altro, l’allargamento a sinistra è stato pagato con l’uscita di Calenda, del resto altamente prevedibile, con un guadagno nullo in termini di aritmetica e una perdita secca in termini di coerenza. 

Roberto D’Alimonte coglie nel segno quando rileva la persistenza dello schema del 2013 nella strategia del Pd. All’epoca, segretario Bersani e suo vice Letta, al Nazareno si optò in coda alla legislatura per l’alleanza con Nichi Vendola, leader della sinistra di opposizione, invece di tentare la saldatura con Monti (sorretto per lunghi mesi con lealtà e solerzia). Fu una scelta contraddittoria, palesemente errata, da cui scaturì un risultato elettorale deludente. Iniziò da quel momento la marcia trionfante del grillismo, sostanzialmente per un ‘impazzimento’ dimlinea politica del partito cardine del riformismo. Oggi sembra ripetersi, a tutti gli effetti, lo stesso errore.   

L’operato di Letta è sotto osservazione, benché figure eminenti del cattolicesimo popolare – vedi da ultimo un Gerardo Bianco giustamente preoccupato dell’offensiva di Meloni Salvini e Berlusconi sul tema del presidenzialismo – ne difendano il valore di sfida per mezzo di uno schieramento che si vuole in qualche modo competitivo. In realtà, con l’intervista a sorpresa di Stefano Bonaccini sulla raffigurazione del Pd come forza autenticamente riformatrice, è già cominciata la lotta per la successione. D’altronde, l’idea che il segretario possa avvantaggiarsi del potere di nomina dei nuovi deputati e senatori, grazie ai meccanismi interni al sistema elettorale, non mette in conto l’esperienza del passato: i gruppi parlamentari, pur rimpinguati di ‘amici’ presuntivamente fedeli, non garantiscono il controllo sul partito. 

L’ultima ‘chicca’ riguarda lo scontro diretto con la Meloni. Non è la chiave di volta di questa campagna elettorale? Sì, certamente. E tuttavia, nel ricordare le scene che vedevano nei mesi scorsi i due – Letta e Meloni – duellare in stile “Sandra e Raimondo”, così come notavano con ironia i commentatori politici, viene facile osservare l’asimmetria della nuova polarizzazione dialettica rispetto al canone graziosamente offerto in precedenza. Si dirà che la campagna elettorale esige questo ed altro, more solito; ciò nondimeno essa richiede un grande esercizio di serietà, pena la ribellione dell’elettorato. In realtà, Letta non avrebbe dovuto acconciarsi a vestire i panni di ‘Raimondo’, visto che ‘Sandra’ non era e non è una gentile compagna di conversazioni da salotto, ma il capo in Italia e in Europa di un fronte nazional-sovranista che gode di simpatie presso la destra trumpiana, ancora forte in America.         

Tutto ciò non deve affievolire l’impegno in questa importantissima battaglia elettorale. È accaduto persino, in qualche edizione del Palio di Siena, che a vincere fosse un cavallo scosso. Può darsi, allora, che il Pd riesca comunque a trascinare alla vittoria i riformisti, anche quelli liberal-liberisti del Terzo Polo, con o senza ‘fantino’. Non è detto che l’alleanza guidata dalla Meloni non incontri la reazione dell’elettorato più indispettito e preoccupato per la chiusura traumatica della legislatura, con Draghi messo alla porta, sbrigativamente, in forza di un drastico cambio di linea (complice Conte) di Forza Italia e Lega. In genere, chi provoca le elezioni anticipate esce penalizzato dalle urne, sicché anche l’appuntamento del 25 settembre potrebbe tenere in serbo il declassamento delle ambizioni dell’armata social-populista. La speranza, come sappiamo, è una virtù forte.