6 maggio 1976, il terremoto in Friuli

Quarantaquattro anni fa, la ferita più profonda della nostra terra. Dobbiamo aspettare dopo le 21, per riandare correttamente a quel micidiale frastuono. L’imbrunire aveva già abbondantemente sostituito il giorno. Chi come me, lo ha sentito solo come una frustata, senza capirci immediatamente alcunché, ha avuto la fortuna di non viverlo come coloro i quali lo hanno vissuto nelle vallate delle nostre montagne.

Ricordare anche quell’immediato flagello, serve, da un lato per riandare con la memoria al dolore e alle tragedie che hanno colpito gran parte delle genti montane; dall’altro, per comprendere quale sia stata la composta, civile, fraterna attenzione di tutti i nostri corregionali a quell’immane tragedia.

Senza in alcun modo scordare la pronta risposta che tutti seppero dare. È vero che abbiamo fatto gran parte con le nostre mani, con la volontà di chi è stato direttamente colpito, ma è proprio per questo che intendo invece ricordare l’aiuto che ci è giunto dall’esterno. Dai tedeschi, agli sloveni, ai carinziani, alle protezioni civili dell’Italia e al grande aiuto economico che ci è stato dato dal nostro Governo nazionale.

Ricordare quel giorno, pur essendo passato quasi mezzo secolo di storia, serve anche per capire quali umane risorse presenti la nostra terra.

Tutto questo è fonte anche di forza e di caparbietà particolarmente utile in quest’altro triste momento. Non possiamo scambiare quell’immondo frastuono con quanto sta capitando oggi, sono due cose completamente diverse. Eppure, possiamo far leva sulle modalità attuate allora, per fronteggiare al meglio anche quest’insano periodo.

Un ricordo alle vittime, ai loro famigliari e a tutti i cittadini della nostra Regione che hanno intimamente sofferto l’effetto di quel tremendo giorno.