Una data fatidica per l’Italia: l’annuncio dell’armistizio del Governo Badoglio ( nominato 45 giorni prima, alla caduta di Benito Mussolini, nella seduta del Gran Consiglio del Fascismo, il 25 luglio 1943 ) con gli Alleati ( Stati Uniti, Regno Unito e Unione Sovietica) e alla fine dell’alleanza militare con la Germania di Hitler.

Il caos in quella fase storica, politica e militare, significò grande disordine, confusione di cose e di idee, di sentimenti e grave turbamento nella vita sociale, civile e politica.

L’ 8 settembre 1943, è stato inoltre, il segno e l’inizio della dissoluzione dell’esercito italiano a causa della mancanza di precise disposizioni da parte dei Comandi militari.

La cronaca di quel giorno, che generò caos in tutto il nostro Paese, iniziò con Badoglio che chiedeva al Quartier Generale Alleato ad Algeri, in particolare al Generale Eisenhower, di non poter annunciare l’armistizio, a causa della consistente presenza di truppe tedesche nei dintorni di Roma e sconsigliava l’invio della divisione aviotrasportata data l’impossibilità italiana di fornire il carburante e i mezzi necessari ai reparti sbarcati.

Da Algeri viene respinta la richiesta di ritardare l’annuncio e minaccia pesanti ritorsioni in caso contrario; anzi alle 16,30 radio New York anticipa la notizia dell’armistizio con l’Italia.

Poco dopo, al Quirinale dove arriva la notizia, si riuniscono il Re Vittorio Emanuele III, Badoglio,  lo Stato Maggiore, Ministri e Ambasciatori per decidere che fare, di fronte all’armistizio comunicato dagli americani.

Al nord reparti tedeschi comandati da Rommel, iniziano i rastrellamenti dei soldati italiani e l’occupazione dei punti strategici, in particolare impianti industriali e vie di comunicazione.

Alle 19,45 Badoglio con un messaggio alla radio rende noto, agli italiani, la notizia dell’armistizio, firmato segretamente il 3 settembre a Cassibile, in Sicilia, dal plenipotenziario italiano generale Castellani e dal generale americano Smith.

Questo il testo del proclama Badoglio : “Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta.

Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.”

Da quel momento, l’Italia precipita nel caos più drammatico.

Nella notte la fuga da Roma dei vertici militari, del Capo del Governo Badoglio, del Re e della Casa Reale verso Pescara, poi verso Brindisi e la confusione generata soprattutto di una forma che non faceva comprendere il reale senso delle clausole armistiziali e che fu dai più invece erroneamente interpretata per la seconda volta come la fine della guerra.

Tutto ciò generò ulteriore confusione presso tutte le forze armate italiane in tutti i vari fronti sui quali ancora combattevano, da qui l’ulteriore e drammatico elenco delle nefandezze della guerra :

600 mila soldati italiani vennero catturati dall’esercito germanico e destinati ai Lager, più del 50% dei soldati abbandonarono le armi e in abiti civili tornarono alle loro case.

Le ritorsioni furono durissime : la Divisione Acqui sull’isola di Cefalonia fu annientata, perché rimasta fedele al Re, molti furono passati per le armi, civili e militari, sono innumerevoli gli episodi accaduti nel contesto dei giorni successivi all’8 settembre.

Il 10 settembre i tedeschi ottengono la resa dei contingenti italiani posti a difesa di Roma, in quelle stesse ore, in molte località del nord e del centro Italia, nelle zone occupate dai tedeschi, gruppi di antifascisti danno vita al movimento della Resistenza per contrastare l’occupazione tedesca.

Dai microfoni di radio Bari, l’11 settembre, il Re annuncia il suo trasferimento nell’Italia liberata : “Per il supremo bene della Patria, che è stato il mio primo pensiero e lo scopo della mia vita, e nell’intento di evitare più gravi sofferenze e maggiori sacrifici, ho autorizzato la richiesta di armistizio, Italiani, per la salvezza della capitale e per potere pienamente assolvere i miei doveri di re, col governo e con le  autorità militari mi sono trasferito in altro punto del sacro e libero suolo nazionale….”

Il piano di invasione tedesco di parte del nostro paese è concluso, l’Italia è divisa in due zone : il Regno del Sud e il centro-nord, dove – a seguito della liberazione di Mussolini, che avviene su ordine di Hitler, con una azione militare eseguita da paracadutisti tedeschi, il 12 settembre 1943, ove era imprigionato a Campo Imperatore, sul Gran Sasso. Dopo pochi giorni viene costituita la Repubblica Sociale Italiana (RSI), il 23 settembre 1943, con il nome di Stato Nazionale Repubblicano, nota come Repubblica di Salò, voluta dalla Germania nazista, con la guida di Mussolini, al fine di governare la parte dei territori italiani controllati militarmente dai tedeschi, dopo l’armistizio di Cassibile. 

Inoltre è opportuno ricordare che l’attività politica e amministrativa della RSI, si estendeva dalle Alpi fino alle provincie del Lazio e dell’Abruzzo. per ritirarsi progressivamente sempre più a nord, in concomitanza con l’avanzata degli eserciti angloamericani e le azioni della Resistenza nelle zone popolari e industrializzate del nostro Paese, fino alla conclusione del conflitto bellico nell’aprile del 1945. Lo stesso Mussolini era comunque consapevole che i tedeschi considerassero il suo regime alla stregua di uno Stato fantoccio. Con le vicende dell’8 settembre 1943, iniziano i nove mesi dell’occupazione nazista a Roma, e i venti mesi per la fine della guerra in Italia, che aveva assunto anche la caratteristica di guerra civile.

Ricordano queste drammatiche e dolorose vicende, tanti libri di testimonianze di vita vissuta, ed esemplare, ed è fra i tanti, un film di Luigi Comencini, con Alberto Sordi: “Tutti a casa” del 1960.

Sull’8 settembre, infine, esistono pareri molto diversi, come quelli di alcuni intellettuali, che  considerano la data dell’8 settembre, come la “morte della Patria”, e quello del Presidente  della Repubblica Emerito, Azelio Ciampi, che ha sempre sostenuto che: “ Quel giorno è morta una certa idea di Patria, quella fascista, e ne è nata un’altra, quella democratica”.