Mi è sempre stato difficile dissentire da D’Ubaldo. Ma la sua provocazione mi trova  critico su un punto decisamente  importante per il contesto ideale e di area dentro cui lui si muove. Che è poi anche il mio.

Convinto che l’indefinito e oggi flessibile Centro politico non abbia un suo riscontro parlamentare, D’Ubaldo non pensa alla rinascita della DC,  al partito cattolico centrista.  Non pensa a Todi. Non pensa a Zamagni e al suo Manifesto.

Ne sono certo.

Ma forse, quello assente dal Parlamento è per lui un “Centro” pluridentitario che tuttavia nasconde buona parte di elettorato cattolico…moderato. Da cui le sue attenzioni a questa fetta di società non rappresentata, più  che ai  partiti.

Il retropensiero e le proposte 

Dopo aver letto, da prigioniero pandemico in casa,  quasi tutto il dibattito che ne è  scaturito, provo a estrarre qualche  stimolo emerso, dal mio punto di vista interessante.

Non ho dubbi che il retropensiero di D’Ubaldo sia rivolto alla  cultura, ai valori, ai principi, alla prassi di quel cattolicesimo democratico e popolare oggi completamente scomparso dalla scena politica. Lo si capisce leggendo fra le righe il suo paradigmatico e ultimo buon libro su Sturzo: “Elogio dei liberi e forti”. Forse pensa ad una adunata, ad un incontro annuale, ad un “Forum” fra le frammentate e irrilevanti  associazioni personalizzate e di area, come quello che propose  Giorgio Campanini oltre venti anni fa. Inascoltato! Forse ad un “Cantiere Aperto” come suggerì tempo addietro Guido Formigoni: un cantiere teso a ”…formare una cultura politica nuovaAd una  “Nuova Chiamata…per avviare processi mirati al contributo dei cattolici”, come scrive Gian Candido Martin con le parole del buon libro di Ernesto Preziosi: “Cattolici e presenza politicaForse al fatto che “È tempo di un nuovo schema“, come scrive Giorgio Armillei sul Landino.

E forse ad una grande “Assemblea costituente”  di un vasto movimento ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano e ad  una “Camaldoli 2021” come propone rispondendo al suo articolo  Ettore Bonalberti, seguito da Giorgio Merlo;  ai  Laboratori prepolitici” di Francesco  Provinciali e Lorenzo Dellai; ai seri stimoli di Antonio Payar,  che “…di fronte alla complessità della società di oggi ” non crede per niente ad un nuovo Centro e si attende “…una rifondazione comunitaria” unita ad un “coraggio sperimentale” .

È già tardi e i buoi sono scappati da anni. Ma questi sono una serie di suggerimenti e di stimoli da prendere una volta per tutte in seria considerazione organizzativa.

Ma cosa può essere lEXTRA?

Ma allora chi sarebbero questi abitanti EXTRA senza voce?

Quel ceto moderato del non voto e che il giorno delle elezioni sta a casa in pantofole; quelli che hanno in odio il Parlamento, i partiti e la casta; quelli che vanno a Messa ogni tanto ma ignorano  Sturzo, De Gasperi, Moro; o quelli che sono stufi dell’urna anche  perché non trovano una offerta politica adeguata, ecc. ?

O ancora quell’(ex) ceto medio, quella (ex) classe media (operai, impiegati, commercianti, ecc), e perfino quella (ex) defunta  borghesia…benestante (professionisti, lavoratori autonomi, piccole e medie imprese, ecc.) in progressiva discesa verso posizioni più basse, vicini all’impoverimento e al malessere, che oggi votano a destra avendo abbandonata la sinistra  ai benestanti?


Sinistra, Centro…extra, e Destra. 

Siamo arrivati al dunque.

Cosa possono allora definire nella “Società liquida” dei nostri giorni – ma soprattutto in quelli che verranno – queste categorie geometriche orizzontali sino all’altro ieri significative di una divaricazione non solo ideologica? Un quesito che tempo fa si è posto anche padre Francesco Occhetta, oggi convintissimo sulla crisi dei ceti medi.

È passato molto tempo da quando Giorgio Gaber si interrogava sulla loro vera natura. Ma, senza nulla concedere ai populismi di né…né, sono categorie già oggi, e ancora di più nel post-Covid e nel futuro iniziato da tempo che ci  trova ”tutti sulla stessa barca”, in profonda crisi identitaria.

Da ridefinire dunque. E  spingendo tutti i passeggeri della “barca” verso un ”cambio di paradigma, come ricorda Lorenzo Dellai. Con la globalizzazione e i suoi processi culturali (ed economico-finanziari) transnazionali, che richiedono, per dirla questa volta proprio con D’Ubaldo, un…”rimescolamento delle carte”. 

In questo urgente lavoro di ri-definizione basta tenere la bussola orientata verso l’eguaglianza, la diseguaglianza e le libertà democratiche di uno stato di diritto, per dirla con Norberto Bobbio.

Le fratture e le divaricazione di ieri, in un tempo postideologico e col clima che ci interroga, saranno ben altre. Destinate tuttavia a ricomporsi nell’ottica della “Fratelli Tutti”. Che indica una strada anche politico-sociale e di avvicinamento fra posizioni diverse, a partire dall’ Europa unita.

In questa ottica ho sempre pensato e creduto che i valori più autentici del Cattolicesimo democratico e Popolare, quando  non sono stati tradotti con l’imbecille vulgata liquidatoria del cattocomunismo, non sono  mai stati moderati. Proposti senza scalpore e sceneggiate,  e con…moderazione: appunto. Senza ricorrere alla politica spettacolo, all’indice  alzato e minaccioso, al rosario in mano e ai pugni sul  banco di Montecitorio.  Ma  mai  nella loro essenza moderati. Men che meno di Centro nella sua definizione di Terza via né di destra, né di sinistra, quando si tiene dell’ispirazione all’Insegnamento Sociale della Chiesa e ai valori della  Costituzione italiana.

Valori rifiutati da quel  capitalismo economico rampante da “Fine della Storia”, che voleva essere lasciato in santa pace, come ora si sta verificando nei riguardi delle uscite di Bergoglio da parte della destra religiosa, non solo statunitense. Senza uno Stato che temperasse le autonome e  piene libertà del suo libero  mercato. Che fosse  d’impaccio al suo ”laissez faire” antikeynesiano. E che mettesse all’ordine del giorno politico l’attenzione per gli ultimi.

La  società  e T. S. Eliot

Uno spazio in politica inesistente dunque. Un’isola…che non c’è. Una terra politica assente. Fuori dai recinti istituzionali, quelli di D’Ubaldo. Uno ”…scarto tra Parlamento e società”. E un elettore senza partito e rappresentanza.

Una terra EXTRA .

Una terra che non appartiene a nessuno perché lontana dal Parlamento, ma che forse attende un richiamo per rientrare. Forse una “Terra Desolata”, insomma. All’interno della quale, il pessimismo geniale, poetico e spirituale di T. S. Eliot, ci invita però ad evitare “chi confonde memoria con desiderio…e con risveglio di radici sopite.”

Al contrario del mio caro amico  D’Ubaldo, che punta le sue carte sulla società e non sulla politica, “Terra desolata” indicava invece per Eliot la totale crisi della società occidentale moderna e materialista. Senza grandi valori condivisi e comunitari. La nostra! Già ai suoi tempi  ripiegata sull’individuo e lontana da una etica comunitaria di  responsabilità.

Una “Terra” che necessitava di rinascere, attraverso un suo avvicinamento alla religione e ai valori del cristianesimo – diceva e pensava Eliot .

Un titolo profetico e un poema ancora attuale.