Al di là della nostalgia. Come riunire i democratici cristiani?

 

Nell’attuale contesto serve attivare un forte centro democratico, popolare, liberale e riformista, europeista e occidentale, alternativo alla destra nazionalista e distinto e distante dalla sinistra alla faticosa ricerca della propria identità. Un centro nel quale andrebbero ricomposte tutte le fratture esistenti nel campo degli ex Dc, aperto alla collaborazione con le culture liberal democratiche e riformiste socialiste.

 

 

Ettore Bonalberti

 

Seguo sempre con interesse le note politiche dell’amico Giorgio Merlo il quale è intervenuto l’altro ieri, 8 Aprile, su Il Domani d’Italia, con un articolo dal titolo emblematico: “La Dc e chi la voterebbe ancora”. Da un lato Merlo sostiene che la Dc va archiviata come “fatto storico” e “prodotto politico”, dall’altra, citando una recente ricerca Ipsos su come votano oggi i cittadini che nel 1992 scelsero la Dc, costata come quegli elettori si siano divisi tra Fratelli d’Italia e il Pd. Conclude, tuttavia, che “la storia e l’esperienza della Democrazia Cristiana continuano ad essere attuali ed importanti. E quella politica e quel modo d’essere nella politica chiedono ancora di essere rappresentati e di essere interpretati nella società contemporanea. Piaccia o non piaccia ai populisti e ai sovranisti di turno”.

 

A me pare una lettura insufficiente della complessa realtà venutasi a creare dopo la fine politica del partito che ha rappresentato l’architrave del sistema italiano per oltre quarant’anni. Anche le conclusioni Ipsos sull’attuale tendenza elettorale degli ex Dc non tiene conto che, dal 1993 in poi, il voto degli ex Dc si sono divisi tra la nuova esperienza del movimento partito del Cavaliere, Forza Italia, che, grazie agli amici Sandro Fontana e don Gianni Baget Bozzo, scelse di aderire al Ppe; quella della Margherita e poi del Pd, insieme alla frastagliata serie di cespugli che, a diverso titolo, si rifanno alla Dc. Questi ultimi sono il risultato della dolorosa diaspora Dc (1993-2022) tuttora in corso.

 

Avendo attivato insieme a Silvio Lega e con il contributo di amici, tra i quali determinante il ruolo svolto presso il Ministero degli Interni e con sentenze di tribunali alla mano, da Leo Pellegrino, l’autoconvocazione del CN della Dc fu fatta nel 2012 per dare pratica attuazione alla sentenza della Cassazione n. 25999 del 23.12.2010. Poiché, secondo questa sentenza, la Dc non è mai stata giuridicamente sciolta, trovo ingenerosa e superficiale e insufficiente la lettura di quegli avvenimenti e dei suoi esiti. Ho scritto su questa triste vicenda il mio ultimo libro: Demodissea, la Democrazia cristiana nella stagione della diaspora (1993-2020), Edizioni Il Libro, nel quale testimonio da “osservatore partecipante” i travagli vissuti per il tentativo di ricomporre politicamente la Democrazia Cristiana.

 

Il tentativo è stato svolto con la segreteria di Gianni Fontana prima e di Renato Grassi, attuale segretario politico, mentre sono sorti tanti cespugli di pseudo aspiranti leader democratico cristiani. Una dispersione suicida che si è tentato, anche qui con enormi difficoltà, di superare con la Federazione Dc e Popolare coordinata da Giuseppe Gargani.

 

Seguo quotidianamente le note su facebook e whatsapp di “Insieme” guidata da Giancarlo Infante e degli amici Dc di Giulio Andreotti, come le diatribe dai risvolti tragicomici di altri “personaggetti”, per sottolineare come tra nostalgia e vacui velleitarismi non mancano i tentativi di costruire un’offerta politica in linea con la nostra migliore tradizione. Ho accolto con molto interesse le conclusioni del convegno di Viterbo su De Gasperi e il documento finale : “Boarding card- Idee ricostruttive oggi”. Anche qui non s’impone la nostalgia, ma una visione realistica della politica. Essenziale resta l’esigenza di ricomporre quanto oggi è ancora frammentato. Si tratta di tenere conto, da un lato, della struttura socio economica e culturale dell’Italia, nell’età della globalizzazione, e, dall’altra, delle esortazioni provenienti dalla Chiesa come quella espressa dal card Bassetti in un’intervista al Corsera (9 Novembre 2019): “È necessaria una nuova presenza di cattolici in politica. Una nuova presenza che non implica solo nuovi volti nelle campagne elettorali, ma principalmente nuovi metodi che permettano di forgiare alternative che contemporaneamente siano critiche e costruttive” che riprende quanto a più riprese ha affermato Papa Francesco.

 

Con la mia teoria, definita euristicamente, dei “quattro stati”: la casta, i diversamente tutelati, il terzo stato produttivo, il quarto non Stato, ho provato a rappresentare sociologicamente l’attuale complessa composizione sociale italiana, caratterizzata da interesse e valori diversi e in taluni casi contrapposti, che richiedono risposte ispirate, oggi come nelle fasi precedenti della rivoluzione industriale, dalla dottrina sociale cristiana.

 

Siamo, dunque, alla presenza di una domanda, soprattutto del terzo stato produttivo e dei diversamente  tutelati, che non trova nell’attuale assetto politico del Paese, un’offerta politica che sta riducendosi a un tripolarismo forzato tra la destra, guidata da Fratelli d’Italia, e le due sinistre rappresentate da Pd e M5S.

 

Si deve uscire da questo trilemma dal quale le formule di governo sin qui prodotte sono prevalenti quelle guidate da personalità  di natura tecnica, espressione di una crisi politica che sta sempre più caratterizzandosi come crisi di sistema. Una situazione aggravatasi con la pandemia prima e con l’attuale guerra russo-ucraina, destinata a mutare l’intero assetto geopolitico europeo e mondiale.

 

Sono convinto che in tale contesto serve attivare un forte centro democratico, popolare, liberale e riformista, europeista e occidentale, alternativo alla destra nazionalista e distinto e distante dalla sinistra alla faticosa ricerca della propria identità. Un centro nel quale andrebbero ricomposte tutte le fratture esistenti nel campo degli ex Dc, aperto alla collaborazione con le culture liberal democratiche e riformiste socialiste, per il quale la Dc di Grassi e la Federazione Popolare Dc, insieme alle altre realtà di ispirazione popolare, cattolico democratica e cristiano sociale, sono tutte impegnate.

 

Servirà, innanzi tutto, definire un programma all’altezza dei bisogni del terzo stato produttivo e delle classi popolari presenti tra i diversamente tutelati, per garantire quella saldatura tra ceti medi e classi popolari che è stato il ruolo storico politico sociale e istituzionale più importante della Dc di Gasperi, Fanfani, Moro, sino all’ultimo esperienza di Martinazzoli.

 

Su questi fondamentali, anche con la Dc di Grassi e la Federazione Popolare e dei Dc, siamo tutti coinvolti e ci auguriamo di ricomporci al centro con quanti intendono impegnarsi per un’area politico culturale e sociale di cattolici democratici e cristiano sociali, ispirata dai valori della dottrina sociale cristiana. Dunque, non di nostalgie regressive si tratta, ma della volontà di offrire ancora una volta alla società italiana una proposta politica che adesso, ahinoi, non esiste.