Questa volta Nicola Zingaretti ha ragione. Anzi, ha radicalmente ragione. Il tema, ancora una volta, è quello delle alleanze a livello locale. Il tema è antico, lo sappiamo tutti. E lo sappiamo da sempre. Dai tempi in cui, durante l’intera prima repubblica, le alleanze che c’erano a livello nazionale semplicemente venivano estese in tutta la realtà nazionale. O almeno in tutti gli enti – regioni, province e comuni – dove c’era una competizione politica e dove era necessario costruire alleanze tra partiti. Certo, anche in quella lunga stagione politica non mancavano le eccezioni. Chi non ricorda, ad esempio, le famose “giunte anomale” tra la Dc e il Pci a livello locale – soprattutto nei grandi comuni – dove non mancavano gli strali dei principali leader e statisti della Democrazia Cristiana quando si verificavano concretamente quelle “eccezioni”. Ricordo ancora, a metà degli anni ‘80, e seppur giovanissimo, le strigliate di Carlo Donat-Cattin nei comitati provinciali di Torino e regionale piemontese della Dc contro quei dirigenti locali che “praticano una linea trasformistica e politicamente innaturale”. Si dirà, altri tempi. Certamente, almeno per quanto riguarda il panorama politico e gli attori in campo. Com’è del tutto ovvio e scontato. Ma il tema è sempre quello, seppur sotto altre sembianze. E adesso si ripropone in tutta la sua interezza. Soprattutto per quanto riguarda le alleanze in vista delle prossime elezioni regionali nel campo alternativo al centro destra. E Zingaretti ha colto nel segno sostenendo che se “si va avanti così si riconsegna il paese nelle mani di Salvini”. 

Ora, tutti sappiamo che l’alleanza tra il Pd e i 5 stelle è anomala e innaturale. È appena sufficiente scorrere le dichiarazioni e soprattutto i comportamenti quotidiani di molti esponenti dei due partiti per rendersene conto. Sappiamo anche, tutti lo sanno, che i 5 stelle hanno un solo, grande ed esclusivo obiettivo per questa legislatura: non andare a casa anticipatamente. La motivazione è inutile spiegarla essendo evidente a tutti. Anche ai sassi. Ma il tema politico è, però, un altro. E Zingaretti lo ha giustamente richiamato. Come ci può essere una credibile alternativa politica al centro destra se atteggiamenti trasformistici e puramente vendicativi da un lato – il partitino personale di Renzi – e pregiudiziali personali e vagamente politiche dall’altro, vedasi 5 stelle, hanno il sopravvento? E questo anche a prescindere dalla fragilità e dall’anomalia che caratterizzano l’attuale maggioranza di governo. Qualcuno dirà, e con un pizzico di fondamento, che uno raccoglie ciò che semina. Secondo il detto di un vecchio proverbio. Ma la legna con cui fare il fuoco è questa. Almeno per il momento. E con questa situazione occorre fare i conti. 

E quindi, al di là delle chiacchiere e delle promesse a vuoto, il nodo da sciogliere è abbastanza semplice. E al contempo complesso. Si tratta, cioè, di capire se la maggioranza che attualmente governa il paese – al di là delle furbizie, dei trasformismi e dei vari tatticismi – vuole diventare una coalizione e una alleanza politica organica oppure se è destinata a restare in piedi solo per garantire – pro tempore – uno stipendio a chi non ha un’occupazione al di fuori del parlamentare. Se fosse così, il destino politico ed elettorale del paese per i prossimi anni sarebbe già segnato. 

Io continuo a pensare, però, che abbia ragione Zingaretti.