“America first” non funzionerà, funzionerà il “World first”

I primi segnali della miopia dello slogan “AMERICA FIRST” si vedono nella riduzione del turismo estero negli Stati Uniti

Articolo già apparso sulla rivista “Servire l’Italia”

È probabile che il “ciclone” Trump, una volta passato (e potrebbe passare molto prima di quanto non si pensi), possa lasciare l’amaro in bocca a chi crede nella validità dell’obiettivo sovranista lanciato da Trump con il poco diplomatico slogan di “AMERICA FIRST”.

Il “ciclone” potrebbe passare presto, perché la politica economica protezionista di Trump è destinata a essere contraria agli interessi degli stessi Stati Uniti e del resto del mondo. È infatti naturale che sia preferibile vivere in un mercato mondiale quanto più aperto, dove è nell’interesse dei paesi più forti aiutare a crescere i paesi più deboli. La tendenza verso la globalizzazione dell’economia mondiale è inarrestabile. È quindi meglio anticiparne i tempi piuttosto che ritardarli con il protezionismo, che nella storia non ha mai funzionato.

I primi segnali della miopia dello slogan “AMERICA FIRST” si vedono nella riduzione del turismo estero negli Stati Uniti, nel crollo degli investimenti immobiliari degli stranieri (soprattutto cinesi) in California e Florida, nella riduzione del portafoglio titoli del Tesoro Usa (soprattutto da parte della Cina, della Russia e del Canada) e nell’abbandono del dollaro come valuta di pagamento per le compravendite petrolifere in Asia. Tutto ciò è causato dal cambiamento dell’immagine degli Stati Uniti, passati da decenni di politica della “mano tesa” tipica del buon commerciante al “muso duro” e al “vittimismo” di Trump nei confronti dei concorrenti esteri.

Vi è inoltre da segnalare l’attuale forte protesta degli agricoltori e degli industriali statunitensi danneggiati dalla politica protezionista di Trump per la prevedibile riduzione delle loro esportazioni. Il forte aumento di queste nel secondo trimestre è anomalo, perché dovuto allo svuotamento delle scorte di magazzino prima che entrasse in funzione il rialzo dei dazi deciso dai paesi importatori come misura di ritorsione.

Il Presidente cinese mostra maggiore saggezza e diplomazia nel sostenere che una guerra commerciale non conviene a nessuno. E nel frattempo la Cina sta aumentando gli investimenti produttivi in mezzo mondo (soprattutto in Africa e in Sud America), con un occhio di particolare favore anche per la Russia e l’India. Tanto che è giunto il momento di pensare alla creazione della Grande Europa (dall’Atlantico agli Urali) per far “rinsavire” non solo gli europei, ma anche gli americani (il dopo-Trump non tarderà).

La pace (politica e commerciale) si realizza con gli accordi di libero scambio e con le aperture dei confini nel reciproco interesse, non con la protezione del proprio mercato nazionale, sempre piccolo se paragonato a quello di un mercato potenzialmente enorme come quello globale. La “mano tesa” conviene a tutti. La cultura del dialogo costruisce, la non cultura del conflitto distrugge. È tempo che i governanti siano governati dai loro rispettivi angeli custodi del buon senso…