Il coronavirus non sospende il normale svolgimento della vita democratica. Ieri, nel Collegio Roma I, si è votato e ha vinto Gualtieri con oltre il 62 per cento dei voti, in sensibile crescita rispetto a ciò che aveva ottenuto Gentiloni nel 2018.

È un risultato importante, solo parzialmente riconducibile al ruolo del Pd. Significa piuttosto che nel cuore della Capitale l’elettorato, anche di centro, ha dato fiducia a un autorevole esponente di questa maggioranza di governo. Gualtieri si avvantaggia, per altro, del voto di Liberi e Uguali, la cui lista nelle precedenti elezioni non era collegata allo schieramento di centro sinistra.

Nella sconfitta degli altri candidati si leggono tre risultati molto chiari: un parziale cedimento del centro destra (oltre 4 punti), nonostante l’assenza di liste concorrenti a destra; il crollo del M5S, ben oltre ogni più nera previsione, visto che lo scarto in negativo ammonta a due terzi del voto pregresso, tanto da deprimere ulteriormente l’immagine dell’amministrazione capitolina; una sensibile crescita delle due liste di sinistra radicale – Potere al Popolo! (stabile) e Partito comunista (in forte rialzo) – talché ora complessivamente l’area che potremmo definire anticapitalista ed egualitaria tocca il 5 per cento dei suffragi.

In questo quadro andrebbe anche rilevato il segnale che proviene dal microcosmo del Popolo della Famiglia. Segnale che conta, in verità, non tanto per l’incremento registrato – da un infimissimo 0,57 si passa a un infimo 1,30 – quanto per un riscontro positivo in ordine alla impostazione di linea politica. Infatti, la dislocazione fuori dal blocco di centro destra, nel quale la piccola formazione dell’identitarismo cattolico si era inserita nella circostanza delle ultime regionali in Emilia Romagna, sembra comunque attestare che il distacco dal post berlusconismo ha un certo valore in sé.

Gli elettori sono stati pochi, è vero, ma il 17 per cento raggiunto a Roma è pur sempre confortante se rapportato alla percentuale dei votanti nelle suppletive svolte appena una settimana fa a Napoli. In sostanza si conferma la riluttanza dell’elettorato a “prendere sul serio” una circoscritta battaglia elettorale in questo o quel collegio della rappresentanza parlamentare.

Invece stupisce l‘alta percentuale dei voti dispersi (quasi il 20 per cento), in contrasto nettamente con il dato del 2018, quasi a certificare l’esistenza di un disagio che neppure i più volenterosi degli elettori attivi ha voglia di nascondere: ci si reca al seggio e si deposita nell’urna un contrassegno di insofferenza o delusione. Non è un elemento da trascurare, specialmente se consideriamo il peso della componente medio-alto borghese in questo campione di elettorato romano.

Una postilla finale sotto forma di domanda. A parte le polemiche, poco credibili se provenienti dalla destra à la Salvini, era così difficile per Gualtieri astenersi da interviste nel giorno delle votazioni? Infrangere le regole è sempre sbagliato, tanto più se a farlo è un importante Ministro della Repubblica.