Bassetti, guardare oltre: la categoria di Italici abbraccia quella di Italiani. Ne consegue la nuova narrazione del futuro.

Intervento/Lectio Magistralis di Piero Bassetti al Festival della Scienza e della Ricerca – Università degli Studi della Tuscia (Viterbo). In allegato lo stralcio della parte finale del discorso, con un appello al Ministro Franceschini per il completamento del restauro della chiesa di Santa Maria in Gradi, destinata secondo i programmi a far da Aula Magna/Sala convegni/Auditorium dell’Università.

 

(Redazione)

 

Nell’Auditorium del Complesso di Santa Maria in Gradi a Viterbo, con un intervento intitolato “Oltre lo specchio di Alice, governare l’innovazione del cambiamento d’epoca: il caso del movimento della Italica Global Community”, il presidente Piero Bassetti ha guidato l’uditorio attraverso un percorso innovativo, affascinante ed anche avventuroso – in quanto effettuato senza mappa, limiti o, peggio, preconcetti – alla ricerca dei rapporti intercorrenti tra scienza e potenza.

 

Con incrollabile curiosità e un invidiabile spirito giovanile, Bassetti si/ci pone dei quesiti e suggerisce delle possibili risposte coraggiose e mai banali grazie al continuo costante dialogo intrattenuto non solo con il mondo degli intellettuali, ma sempre in stretto contatto con la realtà. Una visione del futuro agevolata da un costruttivo rapporto con i canali non istituzionali, con i giovani e con i “diversi” in generale. Sono tutti interlocutori “responsabili della narrazione del divenire”.

 

In questa ininterrotta ricerca del vedere “oltre” e non accontentarsi dello stare a guardare (lo “specchio di Alice” dal titolo del suo ultimo libro), e dunque in questo costante movimento del pensiero, oltre ad una fucina di idee e proposte, Bassetti ha appena avviato una nuova e concreta iniziativa.

 

Mercoledì scorso (22 settembre 2021) nella sede della Stampa Estera di Roma è stata presentata la sua nuova “creatura”: la “Global Italica Community”. Un’associazione, un movimento che vuole rappresentare un primo tentativo di un’aggregazione di persone, di popoli sganciati dalla loro dimensione territoriale che si riconoscono in una civilizzazione “italica” comune, seppure con cittadinanze molteplici. La creazione di una rete di persone, di un popolo di “italici” (e non solo di “italiani”) che trascende dall’appartenenza meramente nazionale e che diventa funzionale, tramite una feconda ibridazione realizzata attraverso l’incorporazione o condivisione di valori e stili di vita, per facilitare un dialogo tra diverse civilizzazioni  nel quadro di una diversa visione del mondo.

 

Un mondo reso sempre più complesso ed interdipendente (vedi la globalizzazione piuttosto che il Covid) in cui l’innovazione ha incredibilmente contratto il concetto del tempo approssimandolo allo zero e modificato altresí la percezione dello spazio. In questo contesto Bassetti ci invita a prendere coscienza, a ribaltare certi schemi e contribuire a reinventare le istituzioni (a diversi livelli quali regionali, nazionali e sovranazionali). Il tutto guardando sempre “oltre” e senza perdere tempo, un messaggio per altro espresso da un ex componente della staffetta della 4×100 metri di atletica alle Olimpiadi di Londra del 1948…

 

Allegato – Parte finale del discorso di Bassetti, un omaggio a Viterbo ed alla sua Università.

 

[…] Prima dell’inizio di questo incontro ho potuto visitare lo stupendo complesso di Santa Maria in Gradi, che ospita l’Università della Tuscia e  che è stato la prima residenza dei Domenicani a Viterbo, fatta costruire dal cardinale Raniero Capocci e da lui direttamente offerta a Domenico di Guzman, presente a Viterbo nel 1219 con il papa Onorio III, che aveva da poco approvato l’istituzione dell’Ordine Domenicano.

 

Il complesso conventuale, dotato di due chiostri, che occupava una notevole estensione recintata e munita di torri, anche in passato è stata sede di una scuola molto apprezzata, dove furono istruiti nobili viterbesi, tra cui il famoso Annio da Viterbo, chiamato a Roma nel 1499 da papa Alessandro VI Borgia come magister Sacri Palatii Apostolici, che influenzerà la cultura artistica attraverso le sue interpretazioni e ‘invenzioni’ di fonti letterarie.

 

L’antica chiesa, a cui nel Quattrocento fu addossato alla facciata un portico che si è conservato, è stata luogo di sepoltura delle più importanti famiglie viterbesi che vi elessero le loro cappelle. Riconfigurata a partire dal 1738 dall’architetto Nicola Salvi, (autore della fontana di Trevi a Roma), con la soppressione del convento nel 1874 e la destinazione a Carcere del complesso, le opere d’arte in essa contenute sono state traslate a San Francesco (come il monumento sepolcrale di papa Clemente IV) e nel Museo Civico.

 

In occasione della nuova destinazione d’uso quale carcere, furono eseguiti interventi di adeguamento, utilizzando la chiesa come laboratorio di falegnameria dei detenuti. Danneggiata dai bombardamenti del 1944, per problemi di sicurezza il Genio civile nel 1950 ha demolito quanto era rimasto della grande copertura voltata.

 

Divenuto il convento sede dell’Università della Tuscia, negli anni 2004-2007 sono stati intrapresi interventi di consolidamento e di restauro della chiesa, destinata ad Aula Magna/Sala Convegni/Auditorium, rimasti interrotti per mancanza di fondi.

 

È quindi con profonda convinzione che rivolgo pubblicamente un appello all’amico Ministro della Cultura, On. Dario Franceschini, perché il Ministero si faccia rapidamente carico del restauro della chiesa di S. Maria in Gradi, che appartiene allo Stato, e specificamente al Ministero della Cultura, affinché essa possa assolvere alla sua nuova funzione di Aula Magna, come è già stato fatto per l’Università di Bologna nell’ex chiesa gesuitica di Santa Lucia.