Bianchi 1912: un mito ancora vivo

Far parte del Corpo ciclisti dell’Esercito era un privilegio, ma implicava molto impegno, dedizione e forza

Ormai avrete capito che amo muovermi in bicicletta e da un po’ di tempo penso di comperarne una pieghevole, forse più per il piacere di possederne una che per la necessità d’uso.

Così, più per gioco che per vero interesse, ho cercato di capire se esistano modelli vintage di mio gradimento.
Ma le ricerche non sempre portano verso lo scopo desiderato e, attraverso il mondo internet, ho scoperto la storia di una bicicletta particolare.

Nel 1898, l’anno di nascita di uno dei miei nonni,  per opera del tenente Luigi Camillo Natali, il corpo dei Bersaglieri forma, a titolo sperimentale, un gruppo di ciclisti.
Finita la sperimentazione, nel 1910 i Bersaglieri ciclisti diventano una realtà.
Ora bisognava scegliere solo il mezzo più adatto e, nel 1911, il  Ministero della guerra sceglie la Bianchi 1912.
Una scatto fisso pieghevole del peso di 14 kg, appositamente attrezzata con cinghie per il trasporto a spalla,  ruote di piccole dimensioni e gomme piene antiforatura, due ammortizzatori sulla ruota anteriore e uno sulla forcella posteriore, freno anteriore a bacchetta interno al telaio e 4 marce.

Per rendere possibile il cambio, tutte le ruote erano fornite di tanti singoli pignoni fissi.
Per cambiare il rapporto, si smontava la ruota e la si girava cambiandola di lato in modo da poter sfruttare l’altro pignone. Tutte le ruote erano provviste di sgancio rapido.

Così, questa piccola bicicletta divenne uno degli strumenti protagonisti della Grande Guerra.
Far parte del Corpo ciclisti dell’Esercito era un privilegio, ma implicava molto impegno, dedizione e forza: questi uomini percorrevano circa 110-120 chilometri al giorno, alla media di 15 chilometri l’ora, da compiersi in 7-8 ore, su una bicicletta.
Era quindi di fondamentale importanza la prestanza fisica, ma anche il gioco di squadra.

Questo portò molti dei soldati, dopo la guerra, a possedere una grande preparazione atletica.
Chi più di tutti però, trasse vantaggio dal suo uso, dopo la guerra, fu un ragazzo nato a Gemona del Friuli nel 1894. Un ragazzo che partecipò alla prima guerra mondiale come Bersagliere nel 6° Battaglione ciclisti e che venne insignito della Medaglia di bronzo al valor militare.

Era Ottavio Bottecchia, il primo ciclista italiano a vincere il Tour de France, nel 1924; giro in cui portò la maglia gialla ininterrottamente dalla prima all’ultima tappa.
Ma la sua carriera non finì qui; anche l’anno seguente, nel 1925, fu incoronato con la maglia gialla sotto l’Arco di trionfo.
Anche se durante questo tour non riuscì ad indossare la maglia per tutto il periodo.
La conquistò  al termine della prima tappa e  gli venne sfilata dal belga Adelin Benoît dopo la terza tappa.
Bottecchia però tornò leader al termine della settima tappa vincendo per la seconda volta consecutiva il Tour.

Sarà per questo che, forse, ancora oggi pedalo su una Botecchia.