Bianco Quirinale. L’ex Dc sui pro (e contro) dell’opzione Draghi. Intervista all’ex Dc, già segretario del Ppi (formiche.net).

Con Draghi al Quirinale la politica torna a prendersi i suoi spazi, e l’Italia rimane sette anni sui binari europei. Mattarella sul podio dei migliori presidenti, ora lasciamolo in pace.

Gerardo Bianco risponde al telefono con un po’ di affanno. “Scusate, sto posando le buste del mercato”. Il mercato? “Sì, noi primorepubblicani andiamo ancora al mercato, guardiamo in faccia la gente. Veltroni dice che della Prima repubblica non bisogna avere nostalgia, mi permetto di dissentire”. Novant’anni, nove legislature alle spalle, una vita nella Dc, poi segretario del Partito popolare, Bianco ostenta disinteresse per i subbugli della politica italiana, “sono fuori da dieci anni”. In verità la fiamma brucia ancora, e infatti l’ex Dc sta seguendo con grande attenzione la madre di tutte le partite: le elezioni per il Quirinale.

Che idea si è fatto?

Si fidi di chi ne ha vista qualcuna: siamo ancora ai tatticismi, niente di più. I partiti esprimono ognuno i suoi desiderata, sapendo che rimarranno tali. Wishful thinking, dicono gli inglesi.

Insomma, siamo al già visto.

Sì, nel bene e nel male. Dovremmo ricordarci che veniamo fuori da un settennato straordinario. Mattarella per me è sul podio.

Con chi?

Ci metto Einaudi, e Ciampi. Tra i Dc, la palma va sicuramente a Mattarella. Da quando è salito al Colle ha sempre seguito il vero spirito della Costituzione. Oggi ci sono politici che parlano di semipresidenzialismo di fatto, abbiamo perso ogni cognizione.

Ce l’ha con Giancarlo Giorgetti?

Ma no, mi sta anche simpatico. Ce l’ho con questa mal riposta idea di presidenzialismo che la destra oggi, come un tempo l’Ulivo, continua ad abbracciare. Un’idea di Paese che vuole mettere in sordina i corpi intermedi per sostituirli con una struttura verticale di comando. Un’eutanasia democratica. 

Mattarella da parte sua continua a rifiutare il bis. Lo ha fatto di nuovo, ricordando la scelta di Giovanni Leone.

La posizione di Mattarella è di una linearità assoluta. Ha capito il gioco dei partiti. Chi lo prega di restare al Quirinale, chi parla di “una situazione d’eccezione”, lo fa per tatticismi di partito. Come chi in questi giorni fa il nome di Berlusconi.

Il Cavaliere ha zero chances?

È il primo a saperlo. Ma il suo nome potrebbe perfino tornare utile al centrodestra, compattare, almeno all’inizio, i gruppi parlamentari. Sappiamo però che al momento del voto segreto non ci sarà modo di tenerli compatti. Neanche con i vecchi metodi…

Quali?

Suvvia, da ex capogruppo so come funziona. Negli anni i partiti hanno cercato in tutti i modi di “sbirciare” il voto per il Capo dello Stato. Quando venne eletto Scalfaro, Tatarella, allora presidente del gruppo missino, temeva che alcuni dei suoi potessero votare Andreotti, e volle accertarsi dei voti di tutto il gruppo, uno ad uno.

Lei è stato protagonista di un’altra elezione, quella di Ciampi.

Non solo. Fui io a fare il suo nome per la presidenza del Consiglio, quando Prodi si tirò indietro.

Un tecnico prestato alla politica, un po’ come Mario Draghi. L’attuale premier ha il dna giusto per salire al Colle?

Sono figure profondamente diverse. Draghi ha tutti i dna, e certamente sarebbe un ottimo Capo dello Stato. Oggi, a dir la verità, vedo solo due scenari possibili.

Cioè?

Il primo: una soluzione ponte. Un nome concordato fra tutti i partiti che regga la presidenza della Repubblica per un periodo limitato. Dopotutto ci sono buone ragioni, giuridiche e politiche, per difendere la tesi: un Parlamento rinnovato, radicalmente cambiato, elegge un nuovo Presidente.

Altrimenti?

Altrimenti, e questa è la soluzione ottimale, un nuovo settennato di stabilità, con un Presidente scelto da tutti. Per me il nome ideale è Draghi. Con lui al Quirinale l’Italia viaggerebbe altri sette anni sui binari europei.

 

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