Bodrato scuote i Popolari, Castagnetti mette Schlein nel mirino. Non è però azzardato, a questo punto, chiudersi nel Pd?

Si è svolta ieri, nella sede di via del Gesù, la riunione del “Comitato dei 58”, l’organo che garantisce la continuità del Ppi. Al centro del dibattito una lettera di Guido Bodrato. Sul documento finale, laddove si restringe nel perimetro del Pd la ripresa d’iniziativa dei Popolari, era inevitabile “mettere a verbale” un distinguo.

Lucio D’Ubaldo

La riunione del “Comitato dei 58”, l’organismo che dal congresso del 2002 garantisce la continuità del Ppi – partito mai sciolto tecnicamente ma in verità soltanto sospeso – è stata l’occasione per un ampio confronto sul futuro dei Popolari. In apertura, Pierluigi Castagnetti ha letto una bella riflessione di Guido Bodrato che gran parte degli intervenuti ha voluto commentare, con largo consenso sull’impianto complessivo. Ignorato invece, quasi per istinto di rimozione, lo strappo di Fioroni: che uno dei fondatori del Pd abbia deciso di abbandonare il partito, è passato inopinatamente sotto silenzio.

Ma cosa ha detto Bodrato? In sostanza, le sue parole costituiscono l’invito a riflettere sulla necessità di un’analisi severa della realtà, badando a non portare fuori asse il discorso sulle prospettive. «Dalla “continuità della storia”riemerge, con Giorgia Meloni, anche l’immagine del passato?». A questa domanda segue una risposta molto netta: «A mio parere – sottolinea Bodrato – è rischioso affidare la presenza politica dei partiti democratici alla categoria del nemico, alla radicalizzazione del confronto (che diventerebbe “scontro”), come avviene con il bipolarismo. Ripeteremmo l’errore che ha fatto Letta nella campagna elettorale di settembre, quando si è definito “rosso” ed ha affidato alla Meloni la parte del “nero”. Se questa era la domanda, la risposta ere prevedibile, come all’inizio del Novecento». 

Come è noto, Bodrato non ha partecipato al momento fondativo del Partito democratico, né successivamente si è disposto ad aderirvi; ciò nondimeno, di questo partito ha visto e continua a vedere le potenzialità, la funzione indiscutibile di grande coagulo di volontà e aspettative di rinnovamento, nonché i limiti intrinseci, già percepibili all’atto della sua fondazione, per il tratto di artificialità che ha segnato l’incontro delle culture riformiste in un rivendicato sforzo di auto trasformazione e cambiamento, al servizio del Paese. Questa lettura problematica di un disegno  condizionato da insufficiente preparazione, con le inevitabili conseguenze in termini di armonizzazione e sviluppo dell’iniziativa politica, costituisce un monito al conformismo di posizionamenti acritici.

Ora, l’unanime consenso registrato sul merito degli argomenti di Bodrato, stride con il documento proposto da Castagnetti a conclusione dei lavori. E ciò non tanto per la lunga premessa che riassume le considerazioni attorno alle novità emergenti, compresa l’elezione “a sorpresa” di Elly Schlein, quanto per il vincolo a verificare entro il perimetro stretto del Partito democratico la sussistenza delle condizioni di agibilità a riguardo dell’impegno dei Popolari. È sul dispositivo finale, infatti, che emerge la difficoltà oggettiva a ritrovare un nesso di coerenza rispetto alla proclamata esigenza di rimobilitazione, auspicabilmente con margini di reale autonomia, del mondo popolare.

Per questo, in spirito di amicizia e solidarietà, come d’altronde si conviene tra persone che condividono una lunga e finanche sofferta esperienza di militanza politica, ho ritenuto necessario distinguere la mia posizione, accettando nel suo complesso il documento ma astenendomi sulla parte finale, quella che restringe “sine necessitate” l’ambito dell’iniziativa popolare. Penso sia azzardato, a questo punto, rimanere intrappolati nel gioco di un partito – il Pd – che nella “versione Schlein” appare quanto meno asettico nei confronti del cattolicesimo democratico.