Bollette alle stelle. La nota dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale.

L’interrogativo è se dietro l’escalation dei prezzi del gas naturale ci possa essere lo zampino della Russia. Cresce in Europa l’inflazione.

 

(ISPI)

 

Continua la scalata dei prezzi del gas naturale, mai così alti durante i mesi non invernali degli ultimi dieci anni. I paesi europei sono quelli più colpiti dal rincaro, con un +280% rispetto a gennaio. Ma aumenti dei prezzi a due o tre cifre si registrano ovunque, dagli Stati Uniti alla Corea del Sud.

 

Proprio oggi i ministri dell’energia dei paesi UE avrebbero dovuto fare passi avanti sul pacchetto “Fit for 55”, gli impegni europei contro il cambiamento climatico al 2030, e invece si ritroveranno a discutere dell’impennata dei prezzi. Che spinge l’inflazione nell’eurozona al 3%, danneggiando i consumatori e minacciando la ripresa. E che, soprattutto, getta dubbi sulla sostenibilità della transizione energetica.

 

Lo zampino di Mosca?

 

Le cause della crisi sono tante: i bassi livelli di stoccaggio dovuti ai lockdown invernali, l’improvviso aumento della domanda mondiale e lo scarso contributo dell’eolico. Ma anche Mosca potrebbe avere la sua parte di responsabilità.

La Russia è il principale fornitore di gas dell’Ue (43% delle importazioni totali), e secondo alcuni avrebbe volontariamente ridotto le esportazioni di gas verso l’Europa e lasciato gli impianti di stoccaggio che gestisce sul continente a livelli molto bassi.

Di certo questa è la versione sostenuta da circa 40 europarlamentari, che accusano Mosca di voler spingere al rialzo i prezzi per fare pressione sui governi europei – compreso il futuro esecutivo tedesco – affinché approvino definitivamente l’avvio del Nord Stream 2.

 

Tra pragmatismo e sostenibilità

Al di là delle presunte responsabilità russe, la crisi odierna porta allo scoperto tutte le difficoltà della transizione verde. Per disincentivare i consumi delle fonti fossili, è inevitabile che i loro prezzi aumentino. Ma il rischio è che questi aumenti colpiscano soprattutto gli strati sociali più poveri: già oggi quasi il 10% dei cittadini europei è “energy poor” e non può permettersi di riscaldarsi adeguatamente d’inverno.

 

Per l’Ue la sfida è duplice. Da un lato, evitare che la propria dipendenza energetica dai grandi produttori di gas porti a scelte poco ponderate in politica estera. Dall’altro, non abdicare al ruolo di guida mondiale nella lotta al cambiamento climatico. Un imperativo ancora più forte, visto che la COP26 di Glasgow è già dietro l’angolo…

 

 

Per saperne di più

https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/ispitel-crisi-del-gas-inverno-europeo-31742