La politica si è sempre avvalsa della geometria. La metafora spaziale è quella che più è stata sfruttata. Destra, sinistra, centro. Così è stato da quando sono stati istituiti e poi eletti i parlamenti democratici. Chi si sedeva da una parte, chi all’opposto e chi occupava il centro.

È indubbio che questa immagine sia la più semplice e la più utilizzata. Ci sono stati momenti in cui prevaleva la tendenza agli estremi e altri in cui dominava la centralità. Non c’è alcun dubbio che dall’ultimo conflitto mondiale, fino a vent’anni fa, nel nostro Paese, avesse dominato largamente la dimensione centrale. La Democrazia Cristiana, collocandosi al centro, assicurava al ceto moderato le garanzie sprigionate dal costante sviluppo economico.

La sinistra, pur forte, era recintata all’opposizione; la destra vista sempre con sospetto.
Nella seconda e ormai terza repubblica, gli spostamenti si sono ampiamente verificati. Scomparsa la DC, il centro non ha avuto mai un volto preciso. Berlusconi, ha tentato di rappresentarlo, ma interessi privati lo spostavano su versanti poco inclini al mondo che avrebbe voluto rappresentare. La sinistra, all’inizio di questo secolo, ha cercato, alla fine ottenendolo, un matrimonio con quella frazione della DC che non si era mai compromessa con il mondo berlusconiano. Però, il matrimonio è caduto ben presto in una spirale di crisi profonda. Il Pd, ad oggi, non è ne carne né pesce. Non è un partito di sinistra e nemmeno possiamo forzatamente collocarlo al centro.

Questa è la sua vera crisi: un indefinito senza né arte né parte. Afflosciandosi in modo irreversibile il contenitore di Forza Italia, ingrossando le fila della Lega in modo quasi vertiginoso, anche quel centro spostato sull’asse destro, sta inevitabilmente rinsecchendosi. Dei 5Stelle è inutile parlarne perché essi stessi si dichiarano fuori dalla geometria: né destra, né sinistra, né centro. Anche in questo caso la parabola è ormai segnata.
Di fronte a questa distribuzione spaziale, a parer mio, ricordo il fatto di essere stato un militante della Democrazia Cristiana, sarebbe del tutto auspicabile un riordino geometrico. Per me, l’Italia necessita di un quadro stabile che faccia perno su un centro da inventare.
Questa mia fantasia è dettata dalla necessità di non subire costantemente gli strattoni di chi, come i 5Stelle sono fuori dal “mondo”, o dagli oltranzisti che ammiccano con ideologie distanti dalla mia matrice cattolica. Sarò stravagante, però, per salvare il Pd da un’agonia sempre più dominante, per dare speranze a quegli arcipelaghi riconducibili alle visioni cattolico-centriche, per aprire speranze a quelli che hanno visto in Berlusconi un uomo di centro, insomma a tutti quelli che sono un po’ frastornati da questo tempo politico e da quelli che ormai da tempo hanno del tutto abdicato al gesto politico (quelli che non vanno a votare), offro l’idea di mettere da parte i distinguo che li caratterizza e trovare la forza per recuperare quel centro geometrico che per molti decenni è stata un’ancora di sicurezza per la famiglia, per il lavoro, le imprese, il sociale e così via dicendo.

È chiaro che un’operazione simile possa essere condotta in porto solo se i diversi nocchieri riusciranno a produrre qualche idea politica che non finisca nel momento in cui la si genera. In sostanza per riorchestrare lo spazio del centro ci vuole una buona dose di teoria politica.
Non spetta a me un compito simile, io propugno, io avanzo attese, do qualche suggerimento, esplicito qualche mio desiderio, ma converrebbe a qualche classe dirigente pensarci seriamente sopra, al fine di non continuare a boccheggiare dentro questo orizzonte ormai troppo asfittico di ideali e di vere proposte politiche.