CARD. ZUPPI, «LA CHIESA NON FINISCE SULLE SUE SOGLIE».

Pubblichiamo uno stralcio - quello relativo alla Chiesa come “minoranza creativa” in una società di minoranze - dell’Introduzione del Cardinal Zuppi, Presidente della CEI, ai lavori della sessione invernale del Consiglio Episcopale Permanente in corso a Roma.

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Un’intuizione importante, che Benedetto XVI ha proposto all’attenzione della Chiesa, è quella delle minoranze creative. Colgo l’occasione di questo richiamo, per esprimere il nostro dolore per la sua recente scomparsa, nonostante fosse “sazio di anni” e di una vita carica di bene per la Chiesa, l’umanità, la cultura. Gli siamo grati per il suo servizio generoso alla Chiesa, per i suoi quasi otto anni di ministero come Vescovo di Roma, Primate d’Italia, Papa della Chiesa universale: ha amato l’Italia come sua seconda patria e la sua Chiesa. 

Anche se minoranza, la Chiesa non può cercare riparo nella chiusura, come se unica via sia estraniarsi dal mondo e la distanza garantisca la salvezza dell’identità. Non vogliamo nemmeno accettare svogliatamente di essere minoranza, in fondo con la paura di prenderci responsabilità e di essere creativi. Lo diventiamo se uniti e se pieni di Spirito, docili a questo anche per non finire catturati dalle preoccupazioni interne. Senza andare dove ci manda Gesù che ci ha chiamati per sederci con Lui, finiamo per discutere inevitabilmente su chi sia il più grande o del vittimismo di Marta. 

La minoranza non è solo l’espressione di una progressiva riduzione, ma esprime una volontà autentica di vivere il Vangelo, capace di energie di bene, che si riversano sulla società intera che è sempre il suo orizzonte. Del resto la nostra è una società di minoranze, di frammenti, se non di tante isole, le solitudini dell’“io”. E guai quando questo avviene anche nelle nostre comunità! La Chiesa deve ritessere il senso comunitario in una società dell’io e dell’estraneità, richiamando a un destino comune. Questa visione della minoranza creativa è tutt’altro che contraddittoria con quella di Chiesa di popolo di cui è testimone Francesco. Anch’essa è una realtà nel nostro Paese, come manifesta la pietà popolare. 

Una Chiesa di popolo è una realtà che non pone confini, “dogane” – disse all’inizio Francesco: una Chiesa di popolo per il popolo della città. Certamente ci interroga la flessione nella partecipazione dei cristiani alla Messa domenicale dopo la pandemia, ma dobbiamo sempre pensare che i nostri confini sono ben più larghi. La Chiesa non finisce sulle sue soglie.

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https://www.chiesacattolica.it/card-zuppi-una-nuova-stagione/