Carnevale: 150 milioni spesi in frappe, castagnole e zeppole

La festa – ricorda la Coldiretti – prende le mosse dalla tradizione della campagna, dove segnava il passaggio tra la stagione invernale e quella primaverile

Storico ritorno della cucina fatta in casa per 4 famiglie su 10 (38%) che riscoprono le specialità tradizionali soprattutto durante le feste. E’ quanto emerge da una indagine Coldiretti/Ixè in occasione dell’ultimo fine settimana prima del martedì grasso del Carnevale 2019 durante il quale al mercato degli agricoltori di Campagna Amica a Roma è stata organizzata la prima sfilata d’Italia dei dolci di Carnevale con “il tutor delle frappe” ma iniziative sono state previste lungo tutta la Penisola.

Nella settimana di Carnevale – stima la Coldiretti – vengono consumati circa 12 milioni di chili di dolci tipici per una spesa complessiva attorno ai 150 milioni di euro. Il costo – precisa la Coldiretti – varia infatti dai 5 euro al chilo per le preparazioni casalinghe contro una spesa dai 15 ai 30 euro, con picchi anche di 65 euro per le diverse specialità in vendita nei forni e nelle pasticcerie. Prepararle in casa offre anche la possibilità di assicurarsi la qualità e la freschezza degli ingredienti, che fanno la differenza sul risultato finale, a partire dalle uova e dal miele che – continua la Coldiretti – possono essere acquistati anche nei mercati degli agricoltori di campagna amica dove sono offerti a volte anche dolci della tradizione contadina i cui segreti sono stati trasmessi da generazioni.

I dolci fai da te sono peraltro preferiti dai bambini che – precisa la Coldiretti – stanno riscoprendo l’orgoglio di mostrare a scuola o nelle feste private l’abilità in cucina delle proprie mamme. Il fatto che una porzione di 50 grammi di frappe contenga 235 chilocalorie significa che un consumo moderato non ha effetti drammatici sulla dieta e sulla salute anche perché la privazione in un momento di festa, soprattutto per i piu’ piccoli, – sostiene la Coldiretti – può avere effetti negativi sull’umore.

Dai tortelli della Lombardia alle lasagnette fritte dell’Emilia, dai cecamariti del Lazio ai friciò del Piemonte, dai crostoli del Friuli Venezia Giulia, dalla schiacciata dolce toscana fino agli scroccafusi delle Marche ma anche le bugie liguri, le pastarelle della Basilicata, il migliaccio e il sanguinaccio della Campania, la cicerchiata dell’Abruzzo e la crema fritta del Veneto sono – sottolinea la Coldiretti – solo alcune delle specialità gastronomiche censite a livello regionale che gli italiani riscoprono nei giorni di carnevale.

La leggenda – precisa la Coldiretti – racconta che le prime frappe siano nate ai tempi dell’antica Roma con il nome di “frictilia” ed erano realizzate con un impasto di farina e uova che veniva steso, tagliato e fritte nello strutto bollente e mangiato durante le feste, soprattutto nel periodo invernale.

La festa – ricorda la Coldiretti – prende le mosse dalla tradizione della campagna, dove segnava il passaggio tra la stagione invernale e quella primaverile e l’inizio della semina nei campi che doveva essere festeggiata con dovizia. I banchetti carnevaleschi – conclude la Coldiretti – sono molto ricchi di portate perché, una volta in questo periodo si usava consumare tutti i prodotti della terra, non conservabili, in vista del digiuno quaresimale.