CARO DRAGHI, A CONTI FATTI NON LA MERITAVAMO.

Parole dure e senza equivoci. L’autrice si rivolge all’ex Premier: “La maggior parte di noi, quella che silenziosamente lavora, che ama ancora lItalia, nonostante tutto, e si preoccupa per il futuro che la attende, avrebbe tanto voluto che Lei fosse rimasto, ma chiederLe tanto, dopo lo spettacolo indecoroso che è stato mandato in scena alle Aule, sarebbe stato davvero ingiusto”.

 

La verità è che forse non L       a meritavamo. Un uomo di buon senso, esemplare nel lavoro e nella vita, competente e garbato, opinion leader stimato dal resto del mondo, non può essere a capo del nostro Parlamento.

Perché il nostro, diciamolo, è un Parlamento popolato per la maggior parte da politicanti improvvisati, spesso ignoranti, arrivisti, interessati alla poltrona, senza arte ne’ parte, privi di talenti e di competenze, che spera di trovare a Montecitorio quel vitalizio che altrove, nella vita quotidiana, non ha saputo trovare. Onorevoli che di onorevole non hanno proprio niente.

Un dialogo costruttivo tra voi non era nemmeno ipotizzabile perchè il divario è incolmabile. Un po’ come chiudere in una stanza un militante talebano e un baronetto inglese e pretendere non solo che parlino lo stesso linguaggio, ma che pure vadano d’accordo.

Eppure parte degli italiani questa volta aveva provato a dire la sua. Mai era successo che si scendesse in piazza per chiedere a un Presidente del Consiglio di rimanere in carica. E i motivi sono evidenti: solo un economista che tutto il mondo ci invidia avrebbe avuto la capacità di traghettarci attraverso la peggior crisi economica dal dopoguerra ad oggi; siamo stanchi di gente che fa della politica un mestiere per campare di rendita sulle spalle dei cittadini, labile come bandiere al vento a seconda della convenienza per non perdere il posto in prima fila; ci piacciono, eccome se ci piacciono, le persone perbene e quell’impressione, mai provata prima, di qualcuno che sembri preoccuparsi più del bene del Paese che del proprio interesse: quando mai ricapiterà di trovare qualcuno che rinunci al suo compenso da Premier?

Con Lei ci si sentiva al sicuro, eravamo orgogliosi di essere guidati da un uomo autorevole che tutti stimano, una di quelle persone che, quando parlano, tutti, ma proprio tutti (nostri parlamentari a parte) si zittiscono e ascoltano ammirati quello che ha da dire. Ecco, ci dava la sensazione del buon padre di famiglia di una volta, quello che teneva i conti ancora sul foglio di carta, con le entrate e le uscite mensili, che tagliava le spese superflue e faceva sacrifici per poi concedersi con un sospiro di sollievo le meritate vacanze in estate con moglie e figli.

Solo che i bambini con cui aveva a che fare Lei si sono dimostrati meno spaventati dall’inflazione e dalla guerra che dal babau. E hanno continuato a bisticciare, indisciplinati e capricciosi, fino all’ultimo.

No, Presidente, no. Noi non La meritiamo. Possiamo solo ringraziarLa per quello che ha fatto per noi e per quello che, con un encomiabile senso di responsabilità, ha dimostrato sarebbe ancora stato disposto a fare; e dobbiamo scusarci per non essere stati capaci di volare alla Sua stessa altezza. La maggior parte di noi, quella che silenziosamente lavora, che ama ancora l’Italia, nonostante tutto, e si preoccupa per il futuro che la attende, avrebbe tanto voluto che Lei fosse rimasto, ma chiederLe tanto, dopo lo spettacolo indecoroso che è stato mandato in scena alle Aule, sarebbe stato davvero ingiusto.

Non La abbiamo saputa meritare, Presidente. Ed è giusto così, perché, allo stesso modo, Lei non meritava affatto la punizione di essere ancora alle prese con questo Parlamento.