CENTRO, TERZO POLO E CATTOLICI DEMOCRATICI.

Il Centro, il “terzo polo” e il futuro dei cattolici popolari sono temi che, bene o male, si intrecciano tra di loro. E questo per motivazioni politiche, culturali e forse anche storiche.

Innanzitutto quando si parla di Centro – o di “politica di centro” – nel nostro paese il pensiero corre rapidamente e quasi istantaneamente alla esperienza storica e di governo della Democrazia Cristiana. E, di conseguenza, al ruolo politico che per molti decenni hanno avuto e giocato i cattolici popolari e i cattolici sociali nello scenario politico italiano. Un ruolo che non è cessato di esistere ma che si è articolato diversamente mancando, di fatto, un partito di riferimento. Del resto, oggi i cattolici popolari esistono in molti partiti e nessuno di loro può pensare di rappresentarli in modo esclusivo. Anzi, in molti partiti non sono neanche più presenti con una “corrente” organizzata come si sarebbe pensato e definito un tempo. Semplicemente, si tratta di presenze singole, seppur autorevoli e qualificate, ma del tutto ininfluenti e sostanzialmente irrilevanti ai fini della concreta incidenza nella elaborazione complessiva del progetto del partito. È appena sufficiente citare un solo caso, quello del Partito democratico, per rendersi conto dell’ irrilevanza della cultura del cattolicesimo popolare e sociale. Per non parlare degli altri partiti dove la stessa cultura politica di riferimento coincide, il più delle volte, con il messaggio e il progetto del “capo” partito.

Ecco perchè continua ad esserci una certa attesa per chi, nel panorama politico italiano, dice di richiamarsi e di riproporre il Centro. O meglio, che non si riconosce più nell’attuale “bipolarismo selvaggio” che da ormai troppi anni caratterizza la politica italiana e che è riesploso dopo il risultato del 25 settembre scorso. Un bipolarismo selvaggio alimentato e forgiato soprattutto dal comportamento politico concreto assunto dalla sinistra nella sua compolessita. Cioè dalla sinistra politica, culturale, sindacale, televisiva, editoriale, televisiva ed intellettuale. Dove, cioè, la “superiorità morale” da un lato e la denigrazione sistematica dell’avversario/nemico dall’altro hanno avuto il sopravvento rispetto a qualsiasi altra valutazione.

Ma, per tornare al Centro e ai cattolici popolari, non c’è alcun dubbio che il cosiddetto “terzo polo, per come è nato e per come si è sviluppato recentemente, resta un elemento di forte interesse. Purchè ci siano due condizioni di fondo che lo accompagnino nel suo percorso politico.

Innanzitutto questo progetto politico non può ridursi ad essere la somma di due “partiti personali”. Ma, al contrario, un progetto che sappia valorizzare realmente l’apporto di molte energie presenti nella società e che, nello specifico, sappia realmente aprirsi alle forze nuove che sono convinte di impegnarsi e di essere presenti nel partito per superare, seppur lentamente e con molte difficoltà, l’ingessatura sempre più bislacco e forzato dell’attuale bipolarismo.

In secondo luogo, e non meno importante, la necessità che il futuro partito di Centro sia realmente un “partito plurale”. E questo non solo perchè un partito, se vuol essere credibile, deve avere una cultura politica di riferimento. Ma anche, e soprattutto, per la ragione che solo attraverso un riconosciuto e praticato pluralismo culturale interno è possibile costruire un vero e credibile progetto politico riformista e di governo.

Si tratta, però, di due condizioni essenziali che devono ancora avere una vera ed autentica cittadinanza all’interno del cosiddetto “terzo polo”. Due condizioni che, se non saranno protagoniste nei prossimi mesi, ridurranno lo stesso ruolo di quel partito ad un soggetto politico molti simile agli altri. E quindi per nulla originale ed innovativo.

Infine, l’unico elemento che dovrà caratterizzare tutti quei cattolici popolari e sociali che intendono ancora scommettere su un progetto di Centro nello scenario politico italiano, è quello che dovranno essere il più possibile uniti e determinati. Senza questa unità di intenti – e quindi di natura politica e anche organizzativa – il tutto rischierebbe di trasformarsi nell’ennesima scommessa perdente e autoreferenziale. È bene saperlo prima che sia troppo tardi.