Nell’affrontare la questione meridionale, va considerato francamente superato il modello ideologico delle due Italie: una malandata, che viene assistita, e l’altra avanzata socialmente, tecnologicamente e per l’assetto produttivo; un’Italia cioè che assiste l’altra, per lo più delocalizzando le sue linee produttive,non sempre all’altezza del mercato. Insomma, la solita Italia di serie A, contrapposta a una di serie B.

Ma qui c’è qualche interessante novità: nuovi scenari, ad iniziare dalla diffusione della digitalizzazione, impongono nuove logiche e nuovi modelli di sviluppo. Al giorno d’oggi, l’imprenditore che produce software, utilizzando piattaforme tecnologiche e algoritmi innovativi è un soggetto globale al Sud come al Nord d’Italia. Il “nordista” ha poca assistenza da dare e il “sudista” non ha bisogno della ex Cassa del Mezzogiorno, nè del fisco agevolato, perché le agevolazioni fiscali hanno un effetto marginale sulle decisioni di investimento (C. Cottarelli “I sette peccati capitali dell’economia italiana” Editore Feltrinelli).

Sia al Nord che al Sud servono, invece, infrastrutture di supporto all’intelligenza artificiale; servono scuole di formazione specialistica; gli istituti di ricerca sono fondamentali. Questa domanda è di elevata qualità al Nord come al Sud. L’Italia del futuro, globale e digitale, sarà un unico territorio su cui sviluppare “joint venture” tra operatori italiani e stranieri per sinergie che diano competitività internazionale. E il futuro è già qui, se si guarda al riassetto urbano di città del Sud come Lecce e Matera, che sono oggi un esempio da imitare anche per molte cittadine del Nord. Sono un esempio del possibile allineamento delle due Italie, quella “arretrata” e quella più evoluta.

L’attuale presenza dello Stato e degli Enti Locali va, invece, sottoposta ad un’operazione di ridimensionamento perché non in grado di fornire adeguatati servizi per promuovere un’economia dinamica, competitiva ed innovativa. A nuovi soggetti pubblici spettarà ora l’elaborazione e l’attuazione di nuovi interventi strategici in campi sinergici alle imprese, ma ognuno con responsabilità indipendente e ben definita.

Queste aree sono l’istruzione e la formazione, il capitale umano, le infrastrutture digitali, le reti di intelligenza artificiale. Sono investimenti di alta qualità parimenti al Sud come al Nord, senza differenze. Così, si possono fare intese tra protagonisti di pari dignità. Ad esempio, il giovane imprenditore pugliese che, in soli quattro anni, realizza un’azienda dotata di 50 unità tra ingegneri, chimici e fisici ed è presente con un’unità di produzione anche in USA, è senz’altro una “risorsa” per un’intesa alla pari con operatori complementari localizzati al nord. Tutto ciò è favorito dall’abbassamento delle soglie di entrata nei ricchi segmenti di mercato del digitale e della robotica ecc. E’ il momento dei capitali immateriali: al sud come al nord vi sono pari opportunità.

Nel nuovo scenario globale l’impresa può realizzare il proprio futuro prescindendo, come già sottolineato, dai fondi pubblici; contando, piuttosto, sulla disponibilità di infrastrutture digitali e di capitale umano all’altezza.

E’ un’idea superata ritenere, anche da parte di politici o imprenditori del sud, che una realtà imprenditoriale meridionale sia riduttiva e bisognosa di assistenza. Anche al Sud si trovano oramai imprenditori globali, che operano nell’aerospazio come nel fintech.
Dunque, nell’ottica di una rinnovata politica meridionalista, e alla luce dell’esperienza fatta, alle Istituzioni va dato il compito di fare ciò che il mercato non fa: istruzione e capitale umano, ambiente, ricerca di base, infrastrutture digitali.

Lo Stato e gli Enti Locali potranno essere, non solo nel Sud ma in tutto il territorio italiano, nuovi soggetti di una imprenditoria pubblica sinergica al mercato, e non di supplenza.
Quale lezione si può trarre? In primo luogo non possono essere accollati all’impresa costi che derivano da politiche di sostegno sociale che sono di competenza delle Istituzioni. In questi casi si auspica che lo Stato e l’imprenditoria, privata e pubblica, realizzino una sinergia tra loro. Per semplificare: allo Stato spetta in proprio la politica di tutela sociale mediante programmi specifici di investimenti, con chiare e precise responsabilità di risultati da parte dei managers pubblici. All’impresa, invece, l’efficienza e la competitività del mercato, per una complessiva politica di crescita economica e sociale e di tutela dei posti di lavoro, secondo modelli di responsabilità sociale. Alla politica, infine, le azioni per l’uscita dalla cultura dell’assistenzialismo per percorrere anche nel Sud la via dell’imprenditoria globale e competitiva.