Articolo già pubblicato dalla Rivista Studio a firma di Arnaldo Greco

Negli ultimi mesi ho riscoperto il piacere di scorrere i social network, se mi guardo intorno decisamente in controtendenza e perciò, come vorrebbero Vonnegut e Marie Kondo, ho il dovere di condividere questa gioia. Capisco, la disaffezione per i social è un sentimento molto comune e anche io, a lungo, non ne sono stato immune. Sono uno di quelli che ha letto Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social annuendo a ogni pagina e poi Chiudete internet annuendo ancora, e però, appena finito di annuire, con la testa ancora bassa ho aperto Instagram e messo una valanga di like. Sono rimasto dentro a leggere e a osservare, senza combattere nessuna battaglia interiore. Vedendo che mi apparivano prodotti che avevo appena nominato o citato altrove – dunque mi spiano! Fa niente, li ho comprati lo stesso. Senza immaginarmi come un moderno stilita a-social, senza atteggiarmi a sapiente convinto da un paesino di aver detto la cosa giusta e aver fatto la mia parte.

Il merito va a una funzionalità che avevo sempre creduto fosse stata realizzata dal Maligno in persona per rovinarci le vite: le chat private (su Whatsapp, Messenger, dove capita). In certe chat (ovviamente non quelle coi genitori o coi compagni di classe delle superiori) ho riscoperto la sensazione di complicità che trovavo nei social quando ho cominciato a usarli. Non le notizie, lo stare al passo coi tempi, il saper trovare lo spunto interessante in mezzo alle ossessioni degli altri che, nella migliore delle ipotesi troviamo sui social quotidianamente, ma proprio il divertimento e il piacere. Per esempio ho un gruppo che si chiama “Stay tuned” e lì, quotidianamente, ci scambiamo tweet o screenshot di persone che promuovono il proprio lavoro in maniera rocambolesca. Sì, certo, è necessario, ce ne rendiamo tutti conto. Fa parte dei compiti della moderna Partita Iva. Anche se sta bruciando Notre Dame e non sappiamo ancora se la struttura della cattedrale crollerà, non possiamo fare a meno di segnalare la nostra intervista a Radio Lippa sull’anniversario della guerra di Corea (potete trovarla anche dopo sul podcast, comunque, a fiamme spente, ecco il link), e come non ricordare a tutti che siamo a Pulline Lanosa nella libreria Libr’aria a presentare il nostro libro o che proprio stamattina abbiamo detto la nostra in tv sul ballottaggio a Sassari? I social ci costringono a un’immagine pubblica che pure noi stessi sappiamo essere ridicola, ma vivono sul tacito accordo per cui il nostro tratto più imbarazzante e autopromozionale verrà taciuto in cambio di altrettanta riservatezza.

 

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