Con questo intervento apriamo il dibattito sull’editoriale del nostro direttore, Lucio D’Ubaldo, pubblicato ieri (“Zamagni, il nuovo partito post-dc e la lezione di Ruini: un argine politico alla rivoluzione di Papa Francesco?”).

È vero che in certo qual modo dal punto di vista teologico il rapporto tra politica e religione presenta caratteri ad un tempo di distinzione e di reciproca influenza. Ma parlare così direttamente di “argine politico alla rivoluzione di Papa Francesco” mi pare una forzatura. Stante il carattere prevalentemente religioso ed ecclesiale della cd rivoluzione di Papa Francesco, mi pare infatti improprio sia il riferimento alla “lezione” di Ruini (di quando? di allora? di oggi?) sia riguardo alla proposta di Zamagni circa “il nuovo partito post-dc”, che perché tale non può che essere proposta di carattere prettamente politico, sia pure ispirata all’attuale pensiero sociale della Chiesa. 

Ben più alto è l’insegnamento che ci viene oggi dal nostro Papa, sia pure nei suoi indiretti e inevitabili riflessi su ogni aspetto della vita terrena, morali, sociali e quindi anche politici. Non mi piace ridurre tutto a corto circuito, perché è tipico di ogni posizione integralista, di destra o di sinistra che sia. O peggio, di atteggiamento clericale. Credo quindi che sia sempre preferibile, soprattutto in materia, una forte, pur difficile attenzione al linguaggio. Tutto, a mio parere si evita se, seguendo l’insegnamento sempre vivo di Papa Francesco, si resta fedeli a una lettura storica degli eventi umani (tutti: ecclesiali o politici) e si rifugge da interpretazioni statiche.Il fulcro centrale dell’attuale proposta politica di Zamagni mi pare possa essere racchiuso in un discorso tutto politico fondato sulla nostra tradizione culturale cattolico democratica che dalla fine del 700 ad oggi si arricchisce con contributi nuovi nel confronto con i problemi della società a noi contemporanea. 

Di qui la tradizione culturale arricchita di una parallela attuale elaborazione programmatica. La laicità stessa della politica si esprime, secondo la tradizione che ci viene da Sturzo e da De Gasperi, proprio nella concezione del partito programmatico. È laica ogni azione del cristiano proprio quando e se rispetta il carattere proprio di ogni sua azione nella sua essenza: essere più cristiano equivale ad essere più uomo. Dar vita quindi a un partito che sia perciò tale nella sua essenza programmatica, in questo manifestando la sua laicità. Quale tipo di presenza partitica oggi si ritiene necessaria per la società italiana? Una presenza di un nucleo di cittadini che nell’attuale condizione sociale del Paese riesca a frenare ogni sorta di radicalizzazione che, sulla spinta delle necessità materiali ed economiche, favorisca una estremizzazione anche sul piano politico. 

Di qui ancora la necessità di una forza politica moderata al centro della vita pubblica al fine di poter frenare e condizionare per quanto possibile ogni tendenza di tipo estremizzante. Non vi è dunque una posizione qualunquistica, né opportunistica, ma l’idea di una forza politica, mossa da ideali e da un programma; non vi è una prospettiva intellettualistica, ma un forte richiamo a una tradizione di pensiero politico maturato in circa due secoli, accompagnata da una proposta programmatica elaborata da quanti in questi mesi hanno concorso a questo impegno comune mettendo ciascuno a frutto le proprie competenze di studio e di lavoro. 

Riusciremo nell’impresa? La nostra speranza è di poter contribuire in questo modo a  una vita pubblica utile al nostro Paese, in un momento storico segnato purtroppo da prospettive di forti difficoltà economiche e sociali.