Come orientarsi nel tempo dei populismi

Nel libro del gesuita Francesco Occhetta

Articolo già apparso sulle pagine dell’Osservatore Romano

Il titolo che Francesco Occhetta, redattore de «La Civiltà Cattolica», ha dato al suo ultimo libro Ricostruiamo la politica – Orientarsi nel tempo dei populismi (Cinisello Balsamo, San Paolo, 2018, pagine 186, euro 16) deve essereconsiderato senz’altro impegnativo. È una sfida che tende al mondo in continuo divenire, che vive un grave senso di disorientamento dinanzi ai cambiamenti della politica e della società.

La prefazione di Marta Cartabia ci permette di comprendere che non si tratta dell’ennesimo trattato di storia della politica e del pensiero giuridico moderno, bensì detto libro va inquadrato al pari di un lume necessario per orientarsi; la prefatrice, infatti, evidenzia il termine “discernimento”, affermando che «la parola chiave è, per l’appunto, “discernimento”, l’arte di vagliare per prendere una decisione».

L’autore indica nel pluralismo un percorso per il cattolico che fa politica seriamente, perché si deve occupare della pòlis, della societas, snodi essenziali della convivenza umana. Tuttavia, per capire il ruolo dell’uomo quale membro attivo di questa società globale, va praticato un percorso a ritroso, in cui la Storia ripete la sua lezione al mondo. L’agire politico deve essere puro, limpido; l’autore cita anche il magistero concilia-
re di Gaudium et Spes: «L’uomo ha una legge scritta da Dio dentro il suo cuore; obbedire [ad essa] è la dignità stessa dell’uomo, e secondo questa egli sarà giudicato».

Se l’azione politica dell’uomo nella società è pulita, allora la società stessa non avrà squilibri, non soffrirà disuguaglianze: si eviterà di parlare nuovamente di “n o rd ” e di
“sud”, di malavita e collusione, poiché tutto si fonderà su un discernimento, su una scelta ragionata, un “ob-audire, (…) ascoltare davanti all’altro » .

Parlare di una possibile ricetta per una società che cammina sulla via della perfezione e del miglioramento di sé stessa è più che possibile, e ciò si attua, in modo specifico, al capitolo secondo del testo, ove anche chi non conosce il diritto tout court è stimolato ad una analisi della realtà costituzionale e dei servizi pubblici italiani in un’ottica, per certi aspetti, europea ed extraeuropea, evidenziando il valore dell’integrazione, mutuando interrogativi provenienti dalla letteratura — si pensi a Bovati, Zoia, Balduzzi, Eco…—, ma anche, più genuinamente, al passo del vangelo di San Luca, ove l’evangelista stesso si interroga in questo modo: «chi è il mio prossimo?».

Oltre che essere di spessore giuridico e politico, questo testo si presenta e vuole es-
sere una proposta coraggiosa: si trattano il chi ed il cosa, ma l’autore guarda bene anche il come. Egli, infatti, discute i temi più spinosi, ma, al contempo, più incalzanti
dell’agenda politica, lì dove c’è bisogno che il cristiano si fermi, rifletta, si metta in gioco e si sporchi le mani. È quanto mai necessaria la nascita di una classe politica e dirigenziale formata, preparata, attenta alla cultura, capace di discernere il positivo dal negativo; in questo, per l’appunto, Ignazio di Loyola è maestro e testimone perfetto, come attesta l’epistolario del santo fondatore dei Gesuiti coi potenti della sua epoca.

Concordando con l’autore, oltre che con sant’Ignazio, «parlare poco e solo in seconda battuta; di ascoltare molto e libenter (volentieri), finché l’altro non avesse terminato
di esporre la sua opinione» è a tutt’oggi il mezzo per unire, per operare una connessione tra gli operatori politico-sociali che, con fede, intendono ricostruire la politica