Dopo il Documento elaborato in sede di Comitato tecnico-scientifico della Protezione civile e reso pubblico il 28 maggio, ecco la bozza delle linee guida licenziata dalla Commissione di esperti operanti presso il Ministero dell’istruzione, guidata dal Prof. Patrizio Bianchi, che fornisce indicazioni più dettagliate sugli aspetti organizzativi e didattici circa la riapertura delle scuole nel prossimo mese di settembre.

Chi si aspettava scenari risolutivi e soluzioni definitive dopo il periodo di lockdown e l’esperienza della didattica a distanza probabilmente resterà deluso, poiché gli indirizzi esposti nella bozza ricalcano in larga parte ciò che gli stessi istituti scolastici avevano ipotizzato, seguendo l’evolversi della pandemia e immaginando come attrezzare spazi e tempi della ripartenza: nel documento esplicitamente non sta scritto ma l’invito sotteso è “usare il buon senso e rimboccarsi le maniche”.

Considerata la molteplicità dei contesti scolastici, la disponibilità di risorse umane e materiali, i legami con il territorio, la variegata situazione geografica, con particolare riguardo alle differenze tra nord e sud del Paese, l’articolazione del sistema scolastico dalla scuola dell’infanzia fino alla secondaria di secondo grado bisogna ammettere che il compito di elaborare disposizioni o semplici indicazioni risultava arduo e complesso. Ancor di più per chi sarà chiamato ad applicare le linee-guida.

L’abbiamo paragonato ad una sorta di quadratura del cerchio e pensiamo che questa metafora non sia molto dissimile dalla realtà che attende dirigenti, docenti e operatori scolastici.

Il distanziamento sociale e l’uso delle mascherine – evidenziati nel Documento degli esperti sanitari – fino a diversa disposizione resteranno due fattori di condizionamento oggettivo: lo svolgimento delle lezioni non potrà avvenire come in passato con classi al completo poiché dovrà essere prevista la strutturazione di piccoli gruppi di apprendimento, con ingressi a turno, orari ridotti, apertura al sabato, alternanza tra didattica in presenza e didattica a distanza: è prevedibile immaginare (ma qui bisogna fare – metro alla mano – una preventiva valutazione di tutti gli spazi a disposizione, compresi quelli esterni (anche in inverno?), persino le strutture ricettive come teatri, palestre ecc.) che gli alunni possano essere vincolati ad una alternanza tra presenza a scuola e didattica in video-collegamento da casa. La vita relazionale e organizzativa di una classe, di un plesso, di un istituto è troppo complessa per essere ricondotta a istruzioni generalizzate da estendere ovunque. 

Si consideri anche che il distanziamento dovrebbe comportare l’uso di banchi singoli (quante sedi ne sono attrezzate?), si pensi alla ricreazione come consolidata prassi di pausa a metà mattina: sarà necessario evitare assembramenti e contatti ravvicinati. Lo stesso dicasi per la mensa, considerata anche nella sua valenza didattica e inglobata nell’orario scolastico: eccetto i bambini della scuola dell’infanzia gli altri alunni dovranno indossare la mascherina e toglierla al momento del pasto. E’ probabile che il consumo del cibo (ricordate la Sentenza di Cassazione che vietava il panino portato da casa? Ebbene: è sempre vigente) possa avvenire – anch’esso a turni – non in refettorio ma nelle aule di appartenenza.

La costituzione di raggruppamenti ridotti di alunni comporterà – per il principio del non poter dividersi in due e per quello della impenetrabilità dei corpi – un esponenziale aumento delle figure adulte di riferimento: in teoria dovrebbero essere tutti docenti – per questioni di responsabilità civilistica e contrattuale- ma si ipotizza il ricorso a figure esterne: chi saranno, da dove potranno provenire, da chi saranno nominate, con quale ruolo e autorizzazione sanitaria potranno sostare nei locali scolastici, con quali competenze è tutto da vedere. 

Speriamo che la scuola non diventi un luogo di mera assistenza custodiale.

Il pericolo del contagio sussisterà fino a quando le autorità sanitarie non daranno disco verde: prevedo una enorme responsabilità in capo ai dirigenti scolastici e immagino pure le apprensioni delle famiglie che dovrebbero sapere a chi sono affidati e dove stanno fisicamente i loro figli. C’è materia per possibili contenziosi poiché in Italia il concetto di responsabilità non è un plusvalore, non è il motore che muove gli apparati e le istituzioni ma diventa la rappresentazione simbolica di un timore, persino di una “paura”: quella di navigare a vista tra l’eccesso di zelo e l’omissione di atti d’ufficio, in un gioco di scaricabarile che scende fino ai gradini più bassi delle gerarchie. 

Mi pare che la commissione del ministero dell’istruzione abbia conservato il pudore di questa consapevolezza: la scuola – più di ogni altro contesto sociale – per la delicatezza dei compiti richiesti ai suoi attori educativi e la tipologia dell’utenza che fruisce del servizio, conserva una atipicità che va compresa e rispettata. Sarà necessario un patto fiduciario con le famiglie: l’emergenza della situazione e la complessità della gestione della didattica secondo coordinate spazio-temporali ai limiti del possibile e del praticabile lo esige, in senso pratico e in senso etico.

Tutti gli adulti dovranno indossare mascherine e visiere, specie chi è a contatto con i bambini piccoli, gli insegnanti che presentano elementi di fragilità fisica – come gli immuno-depressi – saranno valutati dal medico-competente ai fini di un eventuale utilizzo in compiti diversi.

Le difficoltà per il corpo docente sono evidenti e probabilmente ancora più complesse nella fase iniziale della ripartenza: si pensi alla gestione degli alunni più piccoli, alla didattica differenziata per i disabili che meriteranno un raddoppio di attenzioni e cure.

La Commissione degli esperti di pedagogia-educazione-didattica ha elaborato il suo documento e le scuole si attrezzeranno per attuarne le linee guida: resta il fatto che in regime di autonomia scolastica ogni singolo istituto dovrà veramente affrontare la specificità del proprio contesto.

Libertà di insegnamento e flessibilità organizzativa saranno un valore aggiunto da dimostrare ed esprimere.

Auspicando che la scuola resti scuola e non si trasformi in una sorta di ambulatorio medico.