Conoscenza, coraggio e umilta’: la ricetta dimenticata di Mario Draghi

Mentre rinviamo, la vita trascorre senza decisioni.

Rileggendo il discorso tenuto da Mario Draghi in occasione del conferimento della laurea honoris causa presso l’Università Cattolica di Milano, prima di lasciare la Presidenza della BCE, si ha come l’impressione di avere tra le mani una ricetta preziosa per fronteggiare le malattie che affliggono l’Europa e l’Italia in questa fase densa di problematiche da risolvere, per imprimere una svolta risoluta in vista di un superamento delle indecisioni che stanno paralizzando gli Stati membri dell’Unione. Non siamo ancora del tutto usciti dalle conseguenze devastanti della pandemia sul piano sanitario, economico, finanziario, delle relazioni e degli scambi di beni e persone e ciò non è dovuto solo a macro-problemi oggettivi ma anche alle diatribe e alle incertezze da un lato, ai veti e alle rivendicate primazie dall’altro che rendono estremamente parcellizzato e fragile il contesto che regola il passaggio dalle discussioni alle azioni.

Gettando uno sguardo d’insieme sul vecchio continente si coglie l’immagine di uno scacchiere dove le pedine sono paralizzate dal timore delle mosse dei giocatori: si avverte l’assenza di un play maker in grado di agire sulla base di una conoscenza esperta, di una silente ma efficace presenza al di fuori e al di sopra dei “particulari” impedienti, in possesso di una visione non solo tattica ma strategica di lunga deriva, una mente capace di contemperare le divergenze unificandole e portandole a sintesi necessaria nel perseguimento di risultati rassicuranti e ispirati al bene comune.

Geopolitica e geoeconomia a livello planetario esprimono situazioni differenti ma quasi ovunque dense di criticità: ciò non aiuta a far valere le alleanze, se mai espone al rischio di politiche espansive che possono egemonizzare i mercati partendo da punti di forza consolidati.

L’inazione ed il rinvio, anche da parte italiana, anzi soprattutto da parte nostra, non sono buone scelte specie se si gioca la partita da una situazione debole e debitoria, con un PIL crollato di almeno 8 punti, l’ascensore sociale fermo, la crescente chiusura di aziende, il sistema formativo bloccato e in attesa di una difficile ripartenza, il lavoro che non c’è, la fuga dei giovani all’estero.

L’azione di governo manca di compattezza e uniformità di vedute all’interno della duale alleanza che la sostiene in modo tremabondo e incerto: di conseguenza è orfana di una visione d’insieme e di modelli espansivi da proporre, valga per tutti l’esempio della vicenda del MES, sul quale ci sono nella compagine governativa divergenze polarizzate di opinioni che riverberano in Europa una condizione di incertezza e di attendismo che rischia di procrastinarsi fino all’autunno.

Mentre il Paese langue e attende decisioni e immissione di liquidità nel sistema produttivo ci si affida ancora una volta al metodo dei bonus ‘una tantum’ che rischiano di diventare, nel Paese dei diritti acquisiti, elargizioni a perdere “una semper”: l’abbiamo già scritto, l’Italia è il Paese delle mance e dei bonus senza controllo. Lo vediamo anche nella vicenda dei navigator e del reddito di cittadinanza.

Ciò dimostra una gestione acefala e priva di una prospettiva di uscita dalla crisi.

Mancano esattamente le idee e la visione che Mario Draghi ha saputo esprimere nella lunga e provvidenziale per noi, guida della BCE.

Difettano doti anche personali,  che Draghi ha riassunto in tre requisiti imprescindibili e complementari: la conoscenza, il coraggio e l’umiltà. La conoscenza implica approfondimento, possesso dei caratteri costitutivi della realtà, capacità ‘esperta’ nella gestione dei contesti di competenza: particolarmente significativo il riferimento di Draghi alle derive recenti e in atto e che si riporta in tutta la sua eloquenza: “Sta scemando la fiducia nei fatti oggettivi, risultato della ricerca, riportati da fonti imparziali; aumenta invece il peso delle opinioni soggettive che paiono moltiplicarsi senza limiti, rimbalzando attraverso il globo come in una gigantesca eco”.

Ne consegue che ad ogni livello la conoscenza stessa è la base e il supporto della competenza la quale a sua volta è requisito prodromico all’esercizio della responsabilità. Una lezione non detta ma intuibile, rivolta alla politica e al suo impoverimento culturale. Quanto al coraggio esso è dote precipua quando si potrebbe indugiare nella tentazione di prender tempo e non decidere. “L’inazione trova la sua radice nella convinzione che l’esistente non abbia bisogno di modifiche, anche quando tutta l’evidenza e l’analisi indicano la necessità di agire”. Di converso “Il punto importante, in questa sede non è che certe decisioni si siano rivelate appropriate ex post; conta invece che, quando la necessità di agire è stata documentata e motivata è stato trovato il coraggio di decidere, senza esitazioni, per il bene dell’Unione economica e monetaria”.

L’umiltà infine si rivela dote complementare e necessaria: …  per questo “Non abbiamo la libertà di decidere se dobbiamo fare ciò che è necessario fare per assolvere il nostro mandato. È nostro dovere farlo”. La sua conclusione, che guardava con fiducia all’eurozona e al futuro dell’Unione Europea, era la conferma della bontà delle scelte fino ad allora perseguite e l’invito – rivolto a chi in futuro si occuperà di economia e politica monetaria – a lavorare adoperando le tre chiavi di lettura e di azione utilizzate e ancora valide come via da percorrere e metodo da applicare. “Spero che vi possa essere di conforto il fatto che nella storia le decisioni fondate sulla conoscenza, sul coraggio e sull’umiltà hanno sempre dimostrato la loro qualità”. Il sospetto è invece che, di rinvio in rinvio, finisca per prevalere la logica del differimento senza via d’uscita: “dum differtur vita transcurrit”, come aveva detto Seneca.

Mentre rinviamo, la vita trascorre senza decisioni.

A meno che non arrivi proprio Mario Draghi ad impugnare il timone di questa barca in balìa delle onde.