CONTE, DONAT-CATTIN E LA SINISTRA SOCIALE.

 

È bene non confondere la lezione politica, culturale, sociale ed istituzionale di Donat-Cattin con quella di Conte; come pure è bene evitare di tracciare paragoni tra la sinistra sociale di ispirazione cristiana con il populismo assistenzialista e pauperista dei 5 Stelle.

 

Giorgio Merlo

 

Ma, “di grazia”, per scomodare il Manzoni, che cosa c’entra concretamente il capo del partito populista per eccellenza, ovvero Giuseppe Conte, con la storica sinistra sociale? Lo chiedo perchè alcuni organi di informazioni sostengono che il populismo dei 5 Stelle sarebbe l’ultima versione che incarna la storica esperienza politica e culturale della cosiddetta sinistra sociale nel nostro paese. Ora, che la memoria storica sia stata azzerata e cancellata nella cittadella politica italiana dopo l’irruzione della deriva populista e qualunquista non c’è alcun dubbio, al riguardo. Ma che un progetto politico, una cultura politica e una visione della società come quella perseguita per decenni dalla esperienza della sinistra sociale di ispirazione cristiana venga equiparata a ciò che dicono da qualche settimana i 5 Stelle, più che un madornale errore storico è una offesa verso quella tradizione ideale e storica.

 

E questo per almeno due ordini di motivi. Innanzitutto perchè la sinistra sociale nel nostro paese è sempre stata espressione di un progetto politico più vasto e di ampio respiro che affondava le sue radici in una tradizione di uomini e di donne che avevano fatto di quelle battaglie sociali una identità politica e culturale storica. In secondo luogo perchè la sinistra sociale è stato un tassello caratteristico e specifico della lunga marcia del cattolicesimo sociale che è stato un asset fondamentale del cattolicesimo politico italiano. Da Giulio Pastore ad Ermanno Gorrieri, da Carlo Donat-Cattin a Franco Marini, solo per citare gli esponenti più significativi di questa nobile e gloriosa tradizione storica. Un filone che non è affatto giunto al capolinea, anzi.

 

Certo, oggi mancano quelle condizioni politiche e culturali che hanno permesso alla sinistra sociale di ispirazione cristiana nel passato di dispiegare sino in fondo la sua potenzialità nella geografia politica italiana. Anche se, di fronte alla nuova ed inedita “questione sociale” che è scoppiata nel nostro paese dopo la doppia emergenza sanitaria e soprattutto bellica, c’è tremendamente bisogno oggi di una nuova e rinnovata “sinistra sociale”. Ovvero, la necessità di ridar vita ad una esperienza politica che è oltremodo utile e proficua per la qualità della nostra democrazia e la credibilità della stessa politica. Insomma, la sinistra sociale era, ed è, espressione di una cultura politica e di un sistema valoriale precisi e definiti.

 

Ora, per tornare al Manzoni, “di grazia” quali sarebbero gli elementi decisivi e qualificanti che accomunano la sinistra sociale di Carlo Donat-Cattin e di Franco Marini con il nuovo corso dei 5 stelle di Giuseppe Conte? Certo, la nuova “sinistra per caso” del partito di Grillo e di Conte, ma non si sa sino a quando, è diventata adesso pauperista, assistenzialista e persin pacifista. Come ovvio e del tutto scontato, per motivazioni puramente elettorali e di consenso. E sin qui non c’è affatto da stupirsi che un partito populista e qualunquista nel suo dna si muova a destra e a sinistra disinvoltamente pur di raggranellare consensi. Del resto, proprio i 5 Stelle si sono sempre definiti come un partito nè di destra, nè di sinistra e nè di centro. Appunto, populista. Però, al riguardo, forse è giunto anche il momento per dire con chiarezza, e con coraggio, che la confusione non aiuta la qualità della politica ma contribuisce alla sua crisi in modo irreversibile e definitivo.

 

Ecco perchè, nello specifico, è bene non confondere la lezione politica, culturale, sociale ed istituzionale di Donat-Cattin con quella di Conte; come pure è bene evitare di tracciare paragoni tra la sinistra sociale di ispirazione cristiana con il populismo assistenzialista e pauperista dei 5 Stelle. E questo non solo per il bene della politica ma anche, e soprattutto, per una corretta e trasparente ricostruzione storica.