La commemorazione ad Avellino di Fiorentino Sullo, il ministro democristiano che fu bloccato dalla destra economica del Paese allorché propose agli inizi degli anni ‘60 una moderna riforma urbanistica, è stata l’occasione per un discorso di Conte sulla ripresa d’iniziativa politica dei cattolici democratici. Ne aveva parlato altre volte, con riferimenti anche alla sua formazione culturale, ma ieri è andato oltre le solite affermazioni che spingono molti, a destra e a sinistra, a evocare un passato non più censurato dai facili detrattori della Prima Repubblica.

Infatti, davanti a una platea di “vecchie glorie” della Dc irpina, il Presidente del Consiglio si è premurato di sottolineare il valore della ricostruzione di un’area di pensiero e di azione, non per la rispettabile esigenza di onorare personaggi e storie di una stagione trascorsa, ma per attivare una nuova motivazione all’impegno pubblico, secondo alcuni principi morali, attingendo a una esperienza di governo ultradecennale (oggi ampiamente rivalutata) del partito che fu di De Gasperi, Moro e Fanfani.

L’argomentazione di Conte è stata precisa e stringente, meno retorica e vuota di tanti discorsi che improvvisati “rifondatori” dello Scudo Crociato vanno facendo da anni, usando la carta bollata e ogni espediente da legulei per rivendicare a man bassa l’improbabile eredità (immobiliare?). In più, nel suo svolgimento, ha messo da parte le fumisterie sul ruolo dei cattolici, evocato in astratto dai predicatori della dottrina sociale della Chiesa, come se questo ruolo appartenesse, in effetti, alla dinamica dell’eterno ritorno al pre-politico, aggiornando il non expedit del secolo XIX. Conte ha detto invece che occorre ispirarsi a quei valori “che la tradizione politica del cattolicesimo democratico ha elaborato nel XX secolo” e che sono concretamente “una risorsa etico-politica alla quale poter attingere, anche muovendo da prospettive differenti, con lo scopo di individuare i percorsi più efficaci per realizzare il bene comune”.

In sostanza, citando il titolo di un libro-intervista del compianto Pietro Scoppola, Conte ha perorato la causa non del ritorno alla Democrazia cristiana, ma del rilancio di un’idea importante e qualificante, quella cioè della “democrazia dei cristiani”. Dunque, siamo di fronte a un programma per il futuro e verrebbe da chiedere se passa, questo futuro, per la continuità del rapporto di Conte con il M5S di Grillo, Casaleggio e Di Maio. In ogni caso, mentre delinea da parte sua uno scenario nuovo, i cattolici democratici e popolari, largamente confluiti nel 2007-2008 all’interno del Pd, tutto possono fare meno che rimanere silenti, pervicacemente ignari di questa o altre sollecitazioni.

È tempo di riprendere a ragionare, insieme, con serietà. Per questo a novembre chiamerò a raccolta vecchi e nuovi amici “popolari”, per aprire un dibattito costruttivo e sereno sulle prospettive del partito. Mi auguro che in quella sede, con Zingaretti, si possa uscire dal circolo vizioso delle mezze polemiche e delle allusioni, croce (sicuro) e delizia (forse) dei nostri dibattiti, per affrontare un passaggio che chiama in causa, come si vede, il vasto mondo del neo-popolarismo”. Un mondo oggi disperso, per larga parte, ma desideroso di tornare in campo.