Dal liberalismo di Rosmini al popolarismo di Sturzo

L’autonomia, cioè, per don Sturzo non era “la ricerca e la celebrazione della autoreferenzialità

Fonte Servire l’Italia a firma di Rosario Terranova

Nella ricorrenza del 73 esimo anniversario della proclamazione della autonomia siciliana, il Movimento “Siciliani verso la Costituente” ha organizzato a Caltagirone un incontro per riflettere sul tema “L’Autonomia Speciale Siciliana ed il regionalismo differenziato del Nord”.

Il Movimento, libero e svincolato da appartenenze politiche, non ha nel suo programma di organizzarsi in partito o di sostenerne uno in particolare; vuole piuttosto favorire o, in assenza, costituire un tavolo attorno al quale far incontrare i vari corpi dirigenziali (della politica) nelle sue diverse espressioni ed articolazioni, metterli davanti alle loro rispettive responsabilità istituzionali e sollecitarli a svolgere i loro compiti, fornendo sostegno con analisi e proposte.

L’incontro è stato presieduto dall’on. avv. Antonio Carullo il quale, dopo la presentazione degli illustri relatori, ha sottolineato come il discorso sull’Autonomia speciale Siciliana debba avere come obiettivo principale la ricerca dei mezzi e delle modalità che consentano di perseguire il raggiungimento del benessere della Sicilia e dei siciliani nel contesto del benessere dell’Italia e dell’Europa tutta.

Oggi, accanto al rispetto delle prerogative, dei diritti e degli interessi sociali, economici e civili del popolo siciliano, lo Statuto siciliano deve tenere conto anche dello sviluppo e della trasformazione della società. A distanza di 73 anni dal suo riconoscimento, esso cioè va modificato per riadattarlo ai tanti bisogni emergenti ma tenendo conto, anche, dell’insorgere di nuovi egoismi regionali che subdolamente si profilano all’orizzonte. Se è vero che ciascuna regione ha il diritto di avere riconosciute le proprie prerogative, differenzianti e distintive, questo deve avvenire però nella considerazione che ogni diversità deve essere non divisiva ma arricchente per tutto il paese. Ogni richiesta di riconoscimento di singola identità regionale deve, cioè, avere carattere di accrescimento di opportunità senza ridurre o danneggiare le altre.

Questo in sintesi il senso dell’incontro interessante perché molto ricco di interventi e con relatori di grande qualità. Hanno portato il loro apprezzato contributo il sindaco di Caltagirone, città ospitante, on. avv. Gino Ioppolo, l’on. prof. Nicola Cristaldi, l’on. dott. Salvo Fleres, l’on. prof. Maurizio Ballistreri, l’on. Attilio De Doni, on. dott. Salvatore Grillo e il prof. Carmelo Rapisarda.

Particolarmente significativa la relazione introduttiva del costituzionalista prof. Andrea Piraino, il quale ha avviato le sue riflessioni rifacendosi a quanto scriveva don Sturzo nel giornale di Caltagirone “la Croce di Costantino” del 22 dicembre 1901. Lo statista, auspicando ed anticipando ciò che sarebbe avvenuto nel paese, così si esprimeva a proposito della importanza che lo Stato deve riconoscere alle singole istituzioni territoriali:

“… a proposito del riscatto del mezzogiorno, lasciate che nel meridione possiamo amministrarci da noi; da noi disegnare il nostro indirizzo finanziario, distribuire i nostri tributi, assumere le responsabilità delle nostre opere, trovare le iniziative ed i rimedi ai nostri mali, e le sproporzioni via via si abbatteranno seguendo una strada senza ingiustizie e senza rancori”.

L’autonomia, cioè, per don Sturzo non era “la ricerca e la celebrazione della autoreferenzialità delle singole istituzioni quanto la ricerca delle condizioni di base per la realizzazione di rapporti inter istituzionali collaborativi, cooperativi, federativi”.

Questa precisazione è stata sottolineata dal prof. Piraino per ricordare che la necessaria attualizzazione dello Statuto siciliano non dovrebbe essere operata secondo una logica meramente rivendicazionista ed autoreferenziale, fermo restando il diritto per la Sicilia ad avere riconosciute forme di compensazione adeguate in funzione dei torti storicamente subiti.

È indispensabile altresì un cambio di passo, nel senso che deve esserci una maggiore voglia di autogoverno e l’assunzione di responsabilità dei governanti e dei governati. Deve essere, cioè, il cittadino siciliano a voler trovare la strada da percorrere insieme ai suoi rappresentanti, in un momento in cui la Regione ha perso ormai i connotati che fino ad oggi l’hanno caratterizzata, dal momento che le Città metropolitane sono già realtà e le Macroregioni in divenire. Nuove istituzioni già si configurano andando oltre le tradizionali realtà territoriali richiedendo di superare vecchie e nuove separatezze, per trovare inedite opportunità e fruttuose convergenze con tutte quelle realtà con le quali c’è affinità e consonanza di interessi e storie. Vi sono macroregioni, già individuate dal Parlamento europeo che hanno dimensioni che addirittura superano per quantità la stessa popolazione italiana, con obiettivi e possibilità di crescita impensabili.

Di fronte a questi nuovi scenari sarebbe ridicolo pensare alle cose di casa nostra con la mentalità della rivendicazione o del riconoscimento di competenze che andavano bene 75 anni fa. Diventa necessario, invece, guardare la Regione con una visione più congrua con i contesti e i problemi del terzo millennio, tenendo conto delle continue migrazioni in corso che già oggi stanno producendo tali e tante trasformazioni culturali e aggregative che sarebbe folle pensare di riuscire a fermare o limitare.

Siamo chiamati, quindi, non soltanto a pensare a nuove linee di aggregazione e cooperazione, di ampio respiro e più fruttuose, ma anche a pretendere tutti quei servizi infrastrutturali che possano renderle attuabili e funzionali. In un mondo globalizzato, immaginare una Sicilia separata e priva di connessioni efficienti che la colleghino alle macroaree con cui può e deve interfacciarsi ed interagire, in assenza di infrastrutture significa stabilire la sua scomparsa.

Oggi la governabilità della Sicilia non è possibile senza una riforma dello Statuto che introduca nel suo corpo normativo la possibilità di avere competenze legislative ed amministrative adeguate al nuovo passo che le macroregioni necessitano. Ma importantissima diventa, anche, l’elevazione qualitativa degli amministratori siciliani e dell’intera struttura burocratica. È questa la condizione necessaria per poter attingere efficientemente alle fonti di finanziamento, esplorare ed utilizzare le ricchezze autoctone, nel nostro caso elevatissime, senza inseguire o copiare modelli di sviluppo economico e sociale estranei alle nostre caratteristiche ambientali e culturali.

Tantissimi altri interventi si sono succeduti, ciascuno aggiungendo argomenti a completamento della ossatura del discorso di fondo contenuti nella relazione del prof. Piraino.

Molto interessante quello del presidente della Regione siciliana on. Musumeci il quale ha sottolineato tra l’altro come sia assolutamente necessario il coinvolgimento del popolo siciliano e la sua responsabilizzazione per la crescita economica, culturale e sociale della Regione. Obiettivo non facile oggi a causa di una generale disarticolazione politica che rende il cammino da percorrere particolarmente arduo. Suo impegno e auspicio è quello di lasciare, a fine mandato, una Sicilia con una organizzazione complessiva migliore rispetto a quella trovata all’inizio della sua esperienza governativa.

Con molto interesse è stato accolto anche l’intervento conclusivo dell’incontro della dott. Antonella Marsala, la quale non ha nascosto tutti i pericoli e le difficoltà che si frappongono all’obiettivo di tirarsi fuori dalle secche in cui la Sicilia è immersa. Problemi antichi ma anche nuovi sbarrano la strada per la crescita della Sicilia e non servono piagnistei o lamentazioni ma analisi serie, capacità politiche e grandi professionalità per gestire le nuove realtà internazionali. Senza passione, impegno e creatività non si possono raggiungere realtà che hanno forti ritmi di crescita, elevate competenze scientifiche e tecnologiche ed efficienza organizzativa. Non è pensabile, pertanto, ricorrere alla politica del cosiddetto “copia e incolla”. Serve piuttosto una politica che sappia sviluppare le competenze e le capacità intellettive presenti nella nostra regione, aggregare tutto ciò che è complementare per evitare la perdita di ricchezza, prima fra tutte quella di risorse umane. L’aspetto demografico è stato ampiamente analizzato per le complesse ricadute che questo ha per il presente e per il prossimo futuro.

A Caltagirone, la ricorrenza del 73 esimo dello statuto non è stata l’occasione per fare discorsi nostalgici ma si è parlato soprattutto di prospettive. Tutto si è svolto all’insegna di analisi dure, finalizzate a guardare il presente ed il prossimo futuro con responsabilità e profonda serietà di giudizio. Il richiamo ad una impegnativa assunzione di compiti è stato il motivo ricorrente degli interventi, tutti svolti all’insegna della voglia di cambiamento e corredati da riferimenti e riflessioni approfondite e realistiche. Si è avvertito un nuovo vento per la Sicilia perché i numeri, duri e reali, non sono stati esorcizzati ma seriamente presi in considerazione ed affrontati, senza nascondersi la posizione di retroguardia esistente e accettando la sfida del presente e del futuro.