Dal Reno al Tevere. Un libro sulle gesta e le glorie della famiglia Koch.

Tra le altre testimonianze quella di Marco Lodoli. Il noto scrittore e membro del ramo che ha a capo Augusto Koch offre a riguardo profonde riflessioni sullalbero genealogico.

 

Christa Langen-Peduto

 

Joseph Anton Koch e la sua grande famiglia (Joseph Anton Kock und seine große Familie) è il titolo di un libro pubblicato di recente dalla casa editrice romana L’Erma di Bretschneider (2021, 186 pagine, 125 euro), a cura di Elmar Bordfeld, dal 1971 al 1987 caporedattore dell’edizione in lingua tedesca de «L’Osservatore Romano».

 

Pur essendo cresciuto in Germania, anche Bordfeld fa parte della grande famiglia che ha come capostipite il famoso pittore, incisore su rame e disegnatore tirolese Joseph Anton Koch (1768-1839). Dal 1795 questi lavorò a Roma, dove fu uno tra i più importanti nazareni di lingua tedesca. Sposò Cassandra Ranaldi di Olevano Romano, luogo idilliaco da lui spesso dipinto, situato trenta chilometri a sudest della città eterna, e con lei fondò questa famiglia tanto ramificata, che però non si è mai persa completamente di vista. La sua storia, antica di oltre 225 anni, è legata a Roma, i Papi e lo Stato della Chiesa, ma anche al boom edilizio quando la città, dal 1871, divenne la nuova capitale del Regno d’Italia, e con il suo successivo sviluppo. Perciò questa interessante opera pubblicata in una edizione bilingue tedesca e italiana non è solo un album di famiglia per i discendenti di Koch. È anche un pezzo di storia della cosiddetta colonia tedesca a Roma, vista e narrata, per una volta, da un’angolazione diversa.

 

Da molto, ormai, tanti membri della famiglia hanno cognomi italiani o nomi italiani e cognomi tedeschi. Le figlie si sposarono, perdendo così il cognome Koch. I figli e i generi furono pittori come il capostipite. L’architetto Gaetano Koch, un nipote, è famoso per i suoi palazzi in stile neorinascimentale, ad esempio nell’attuale piazza della Repubblica a Roma, o anche per l’edificio della Banca d’Italia, completato nel 1892, chiamato ancora oggi Palazzo Koch. Luciano Koch, discendente del figlio del pittore, Augusto, fu ambasciatore. Alcuni membri della famiglia, entrati a farne parte per matrimonio, sono stati orologiai e gioiellieri — ancora oggi il nome Hausmann & Co è tra i più rinomati a Roma — e hanno collocato molti orologi da tavolo e a pendolo anche nella Città del Vaticano.

 

Altri ancora sono stati rilegatori e librai, soldati e ufficiali. Molti membri della famiglia, non importa se a Roma, a Bonn e a New York, hanno appeso nel salotto di casa un bellissimo albero genealogico. Ormai ne esistono tre, due dei quali disegnati davvero come alberi con molti rami, sui quali sono indicati i nomi dei discendenti di Koch. Il primo è stato disegnato nel 1923 dal rilegatore Costantino Glingler, marito della discendente di Koch, Erna Hausmann. L’ultimo albero genealogico, del 2019, è stato realizzato dalla discendente Giulia Fabbricotti attraverso la piattaforma online di genealogie My Heritage sotto forma di diagramma. In formato pdf, può essere ingrandito attraverso il link indicato nel libro. E da esso si evince che le persone che fanno parte della grande famiglia Koch sono ormai più di 900.

 

I discendenti non sono però uniti solo dagli alberi genealogici. Nel cimitero tedesco nella Città del Vaticano, ovvero il Campo Santo Teutonico, non è sepolto solo il capostipite. Diversi rami della sua famiglia hanno lì le loro cripte. Ed erano o sono membri importanti dell’Arciconfraternita di Santa Maria della Pietà dei Teutonici e dei Fiamminghi, che si prende cura del cimitero. La fede cattolica «ha sostenuto questa famiglia spiritualmente in tutte le vicissitudini e situata socialmente», osserva nel libro monsignor Stefan Heid, membro della presidenza dell’Arciconfraternita.

 

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