Dalli…al Natale. La “scomunica” della Commissaria europea ha provocato forti reazioni. Gaffe o lucida premeditazione?

 

Le nuove strutture di potere economiche di tipo planetario agiscono con i loro pervasivi mezzi nell’ambito della cultura e della informazione per forzare la storia e imporre la distruzione dei cardini di ogni fede religiosa.

 

Raffaele Bonanni

 

È naufragata nell’imbarazzo generale il tentativo “politically correct” della Commissaria europea alla uguaglianza Helena Dalli, di imporre direttive ai funzionari della Unione Europea  per garantire, attraverso l’uso di termini neutri, comunicazioni prive di elementi potenzialmente offensivi. Ma gira e rigira, ecco che la Commissaria attraverso le sue raccomandazioni pone neanche tanto subdolamente l’esigenza di non citare, nelle missive da inviare, il Natale: al suo posto si consiglia una indistinta definizione di festa. Poi pone il tema di non citare troppo nomi come Maria e Giovanni, sostituendoli con nomi non cristiani, ed altre corbellerie simili.

 

La gaffe è stata così clamorosa che ha scomodato la stessa Ursula Von der Leyen, che infastidita dall’incendio provocato dalle polemiche ha dovuto immediatamente stoppare la direttiva. Questo fatto, in verità, è stato visto da moltissimi europei come il tentativo maldestro a cui spesso si ricorre per imporre culture lontane da quelle popolari, con la motivazione del rispetto dovuto ad altre culture. In verità queste giustificazioni che vengono date anche in Italia con episodi similari, appartengono ad élite culturalmente minoritarie che attraverso poteri vari, intendono imporre fraudolentemente la loro opinione ai cittadini.  Una vicenda dunque, che sostanzialmente si collega a tante altre di carattere subliminali ed esplicite come quella che commentiamo.

 

Helena Dalli, aldilà della sua manifesta avventatezza, non credo sia del tutto sprovveduta, ponendosi contro le culture più intime che fondano l’Europa: la concezione liberal democratica, posta a base del patto originario degli Stati che reggono le istituzioni europee, e quella identitaria e religiosa cristiana, che riguarda grandemente il popolo europeo. D’altronde, l’appartenenza della Commissaria ad una comunità come quella maltese, di sentimenti cristiani profondissimi, non ha impedito in spregio ad ogni buon senso e principio  di responsabilità istituzionale di proporre l’assurdo “vademecum”. Dietro queste manifestazioni di intolleranza, motivate dalla esigenza di rispettare le altre culture e sensibilità, si nascondono minoranze di interessi e culture che attraverso il potere delle istituzioni, del denaro, dei media, e strumenti di diffusione della cultura, vogliono imporre il loro pensiero, resuscitando nei fatti lo “Stato etico” come decisore, arbitro e giudice assoluto del bene e del male, fonte dell’etica per il singolo e per la comunità, e quindi unico creatore del bene comune. Sappiamo come questa concezione filosofica hegeliana e hobbesiana sia già stata travisata e utilizzata a piene mani dai teorici delle sciagurate dittature nere e rosse del Novecento, i quali l’hanno messa in pratica con conseguenze gravissime.

 

Questa filosofia politica si contrappone alla moderna Democrazia liberale che non delega allo Stato e al corpo politico tutti i diritti dei cittadini, se non la giustizia. In definitiva la teoria dello Stato etico affidava alle istituzioni il compito di “educare” i cittadini attraverso i suoi poteri. Oggi invece, nell’era contemporanea e globalizzata, le nuove strutture di potere economiche di tipo planetario agiscono con i loro pervasivi mezzi nell’ambito della cultura e della informazione per forzare la storia e imporre la distruzione dei cardini di ogni fede religiosa, di ogni realtà organizzata, di ogni potere che non risponda al disegno di modellare il mondo secondo una visione unilaterale: la loro.