Si è rivelato stimolante il dibattito, ora in archivio sulla pagina YouTube del “Domani d’Italia”, con un intellettuale di rango come Filippo La Porta sul pensiero politico di Dante. Nel frattempo mi sono imbattuto, dopo che Marco Follini aveva aperto una finestra sul qualunquismo nell’ottica della severa critica democristiana, in un discorso di grande spessore che De Gasperi pronunciò nel convegno dell’Alta Italia della DC, tenutosi il 1 luglio del 1945 a Milano, e precisamente a Palazzo Clerici.  

In quella circostanza, lo statista trentino affrontava la questione relativa alle nuove basi dello Stato democratico nel contesto della battaglia politica in corso. Erano i giorni che segnavano l’avvio del governo, per altro destinato a vita breve, di Ferruccio Parri, ma già si guardava alle elezioni per la Costituente dell’anno successivo. Nel sottolineare un aspetto della crisi che aveva determinato la formazione del nuovo esecutivo, nella quale si erano depositate le delusioni dei giovani e dei partigiani cristiani  (v. Il domani della politica italiana, “Il Popolo”, 3 luglio 1945), De Gasperi evidenziava la “indissolubile, la indiscussa solidarietà tattica e sostanziale tra socialisti e comunisti”.  Egli notava che di fronte alla “candidatura di Nenni  [erano] tutt’uno [mentre] quando si discuteva sulla assegnazione dei dicasteri socialisti e comunisti si presentavano come due  [tanto che] bisognava dividere e assegnare i mandati, tre ai socialisti, tre ai comunisti“.

De Gasperi allora, rivolto a Togliatti, riteneva giusto obiettare: “Ma siete due o uno?”. E il leader comunista, che non era digiuno di studi letterari, se ne usciva con il verso dantesco “ed eran due in uno e uno in due”. Incuriosito, da buon conoscitore della Divina Commedia, De Gasperi si affrettava a controllare il passo. E trova, appunto, che la citazione ruota attorno a quel Bertrando De Born che appare a Dante col “capo tronco”, capo che egli stesso tiene per le chiome, portandolo innanzi “a guisa di lanterna”.  Leggiamo insieme:

[…]

e ’l capo tronco tenea per le chiome,

pesol con mano a guisa di lanterna;

e quel mirava noi e dicea: «Oh me!».                           

Di sé facea a sé stesso lucerna,

ed eran due in uno e uno in due:

com’esser può, quei sa che sì governa.

(Inferno, XXVIII) 

A quel punto De Gasperi prosegue chiosando da par suo: “(…) «com’esser può» anche oggi lo sa solo il Cielo; ma sarebbe decisivo anche sapere: la lucerna a chi fa la luce? A Nenni o a Togliatti?”. Insomma, un duello letterario e insieme un duello politico, talché attraverso Dante scopriamo De Gasperi, ovvero la sua chiarezza di giudizio rispetto alla doppiezza togliattiana, nonché la sua religiosità e quindi l’affidarsi alla Divina Provvidenza. 

Dunque, verrebbe da dire che anche De Gasperi meriterebbe, sia pure incidentalmente, di essere associato alle celebrazioni del settimo centenario della morte del Poeta. Sono andato fuori tema? Forse. Tuttavia mi sembrava giusto ricordare questo “frammento di civiltà” nel quadro della contesa per il potere tra Dc e Pci nel secondo dopoguerra; contesa aspra ma elegante, espressione certamente di un linguaggio profondo che ai giorni nostri andrebbe in qualche modo recuperato.