DAVID SASSOLI, ESEMPIO DI EUROPEISMO CORAGGIOSO NEL SOLCO DEI GRANDI DEMOCRATICI CRISTIANI.

Ci sarà tempo per valutare con cura il suo operato, anche se già ora alcuni tratti consentono di fissarne le caratteristiche fondamentali. Sebbene nel perimetro del Pd, l’azione di Sassoli affonda le radici nell’europeismo coraggioso dei grandi democratici cristiani.

Ci sarà tempo per valutare con cura il suo operato, anche se già ora alcuni tratti consentono di fissarne le caratteristiche fondamentali. Sebbene nel perimetro del Pd, l’azione di Sassoli affonda le radici nell’europeismo coraggioso dei grandi democratici cristiani.

Giuseppe Fioroni e Lucio D’Ubaldo

Implose le ideologie, sembra inutile tentare una definizione del politico. Tutto scivola nel pretesto di fazione, senza più fatica nel cercare, al di là del proprio campo, un percorso utile al bene comune. Così, quando si manifesta, l’eccezione incuriosisce e fa riflettere. È accaduto, in effetti, con David Sassoli: generoso ed inquieto, ha incarnato una figura di politico controcorrente. Per questo, a un anno dalla scomparsa, lo si ricorda con rispetto. Era un uomo in ricerca, sempre, di motivazioni convincenti. Cercava il dialogo quasi per istinto, o meglio per attrazione interiore; il dialogo come armatura di pensiero, non solo esercizio di buona educazione; e quindi, dialogo inteso e proposto in una dimensione di necessità, per governare il pluralismo della vita democratica.

Da ragazzo aveva fatto politica e alla politica è tornato, dopo l’esperienza professionale in Rai, rispondendo a una precisa sollecitazione. Nel 2009, con le elezioni europee alle porte, il Pd avvertiva l’urgenza di parlare ad alcuni mondi vitali. Bisognava rafforzare il rapporto con l’area cattolica.  Noi, suoi amici, gli chiedemmo una disponibilità ed egli accettò di fare il capolista per il collegio dell’Italia centrale. Si rivelò per quello che era, un leader naturale: fece campagna elettorale con mezzi moderni e criteri antichi, avendo l’idea di un compito irriducibile alla mera raccolta delle preferenze.

Forse, qualche tempo dopo, ebbe l’ingenuità di proporsi a sindaco di Roma. Com’è noto, all’esito delle primarie gli fu anteposto Ignazio Marino, il candidato più trasgressivo in apparenza, ma più interno, nella sostanza, alla nomenclatura di sinistra. In pratica fu la sua fortuna perché da quel momento si dedicò anima e corpo all’Europa. Riconfermato nel 2014 e nel 2019, fu eletto infine alla guida del Parlamento di Strasburgo.

Ci sarà tempo per valutare con cura il suo operato, anche se già ora alcuni tratti consentono di fissarne le caratteristiche fondamentali. A Sassoli, fondamentalmente, si deve il merito di aver infuso nuova linfa all’europeismo. E lo ha fatto grazie alla sua cultura di origine e formazione, recuperando senza retorica l’afflato ideale e morale dei grandi democratici cristiani – soprattutto, per noi italiani, De Gasperi – che nel secondo dopoguerra misero le ali al progetto di un’Europa unita e solidale.

Fuori da questo perimetro non ha solidità, e quindi neppure trova spiegazione, il fenomeno di un’ammirazione che di solito gli italiani riservano con parsimonia ai protagonisti della vita democratica. In un tempo dominato dall’effimero, con l’azione pubblica spoglia di ideali e autentiche passioni, si erge con Sassoli una simbologia di buone opere, segno di progresso e solidarietà, cui la politica può e deve collegarsi in ragione del suo disporsi al servizio delle persone e delle comunità. Ne vogliamo tenere conto, come esige anche un trascorso di esperienze comuni, così da essere saldi nella difesa di principi e valori che, evidentemente, assumono forme diverse dal passato, senza perdere tuttavia la loro effettiva consistenza.