DESTRA | IL BOUQUET DELLA PREMIER MELONI MOSTRA QUALCHE FIORE APPASSITO.

Mettiamo a confronto, ad esempio nel campo dell’assistenza, le dichiarazioni del governo e la fredda realtà dei numeri. Qualcosa non torna. Il “Patto per la terza età” rischia d’infrangersi sugli scogli della propaganda. Di questo la Meloni deve essere consapevole

Manca una decina di giorni alla fine della luna di miele dei cento giorni di Governo Meloni e nel suo bouquet cominciano ad apparire i primi fiori appassiti. È fisiologico, i fiori non sono destinati a durare per non più di tre settimane, ma se tenuti con un buon ricambio di acqua sorpassano le cinque/sette settimane. A guardare il bouquet, i fiori appassiti sono quelli che erano i più belli in partenza, rappresentando le promesse elettorali facili e acchiappasogni di ognuno di noi: meno spesa corrente e quindi più soldi nel portafoglio, che significava anche la possibilità di qualche piccola soddisfazione in più prima in occasione del Natale. Non è andata così. Il Natale è stato di magro. Bollette e carburanti rincarati, spesa corrente salita, portafogli smagriti, stipendi ridotti all’osso. Abbiamo non dico fatto la fame (anche se alcuni di noi la fame l’hanno fatta davvero) ma certo il cenone di Natale, quello che te lo raccontavi per le settimane successivi per quanto avevi mangiato, è stato un ricordo. I regali sotto l’albero o il presepe, la befana con tutta la scopa è stato fatto tutto per i bambini, per noi adulti poco o meglio niente: andrà meglio l’anno prossimo. Si spera.

Certo governare il Paese in tempo di recessione strisciante non è da augurare a nessuno, se poi ti capita che la tua compagine politica ci torna dopo dieci anni e che per giunta sei anche la prima donna premier da che c’è il sistema repubblicano, alla sfortuna, come dicevano le nostre nonne, si aggiunge una certa dose di ostinata sfiga. L’inizio dell’anno è l’occasione per la presentazione delle statistiche di andamento dell’anno precedente da parte di tutti gli istituti di studi demografici, socio-politici ed economici. E per quanto siano tediosi, per via della non facile lettura a primo colpo dei numeri, andrebbero letti, prima che servano a presentare una qualsivoglia soluzione per la popolazione nostrana. L’Italia lo si sa è un Paese di vecchi, ma la sua distribuzione sul territorio non è omogenea. L’Istat che ce li fotografa al gennaio 2022, li distribuisce per aree territorialmente abbastanza somiglianti: Nord ovest – Nord-est – Centro – Sud – Isole. Prendiamo la classe da 65 anni a 100 anni e più, dentro potrebbero esserci tutti quelli che vanno in pensione quest’anno per raggiunti limiti di anzianità di servizio, le donne, i cargiver, i lavoratori precoci, e ovviamente i già pensionati. Nel Nord-ovest sono 3.886.988, nel Nord-Est 2.783.832, nel Centro 2.870.917,  nel Sud  3.010.952 e nelle Isole 1.498.715. Inutile dire che le donne sono in misura più alta e che la classe di maggiore presenza è quella che va dai 75 ai 90 poi i numeri decrescono sensibilmente, ma certamente non scompaiono totalmente. Di questo esercito di anziani che come vedete costituisce l’ossatura della popolazione, ben 4 milioni e 300 mila sono anziani soli perché hanno perso il loro compagno/a (dizione più corretta statisticamente: mono-famiglia di anziani).

Succede però che a guardare invece la voce risorse economiche, sviluppo del territorio, livelli di assistenza su base locale la situazione è quella che si sospettava da tempo: il Centro, il Sud e le Isole sono i territori dove il deficit di servizi sanitari in termini di risorse disponibili per fare assistenza è più alto. Si traduce che non ci sono risorse per assistere gli anziani presenti sui territori e che non ve ne saranno nei prossimi anni. Lo aveva ben detto il rapporto Osservasalute presentato a maggio 2022 dove l’analisi del rapporto regionale tra la spesa pubblica e il PIL aveva rappresentato distanze interregionali molto ampie, poiché al Centro, al Sud e nelle Isole la spesa per case di cura private o in convenzione è una voce rilevante del bilancio sanitario (invero mette in evidenza nel Nord il caso Lombardia come regione con alta spesa sanitaria non pubblica); per l’assistenza territoriale domiciliare integrata, l’unica in grado di “garantire una adeguata continuità ai bisogni di salute, anche complessi, delle persone non autosufficenti”, il dato evidenzia sì una riduzione della ospedalizzazione rispetto agli anni passati, ma soprattutto una distribuzione non omogenea dell’assistenza domiciliare perché, ancora una volta, è condizionata dalle risorse del bilancio regionale e dalla capacità della strutture regionali socio-sanitarie di conoscere e raggiungere la popolazione anziana. E qui l’efficienza organizzativa fa la differenza. Se vivi in una Regione che non si è dotata di una struttura socio-assistenziale capillare efficiente, la condizione di abbandono a se stessi e ai propri familiari è quella più frequente. Se poi andiamo a vedere i posti letto nelle RSA nel Sud e nelle Isole, gli anziani presenti sono significativamente meno che nelle regioni del Nord. E questo perché le pensioni percepite sono mediamente di valore inferiore e non consentono la copertura di parte dei costi delle strutture RSA a carico dei familiari o pazienti. Qui gli anziani vivono da soli, prevalentemente nelle loro abitazioni, con i figli a fare visita.

Se questa è la fotografia del Paese rappresentata dalla scienza dei numeri, è evidente quanto sia stridente il tono del comunicato personale della premier Meloni nel presentare il 19 gennaio la soluzione trovata per l’assistenza agli anziani e per tutti coloro che ne hanno bisogno, definendola solennemente “patto per la terza età”. Non per colpa propria, ma nell’intento di voler parlare a chi aveva messo a settembre nel suo bouquet quel fiore, assicurando che non lo aveva dimenticato, anzi lo aveva debitamente rinfrescato con acqua fresca, ha presentato quelli che altri hanno preparato per lei non guardando i nuovi dati sulla gente, sulle risorse attuali e non quelle che verranno, immaginando per noi, che già soffriamo abbastanza, una bengodi della salute che non arriverà. Forse la cecità della burocrazia di questo distratto Governo immagina che quel patto unilaterale comporti una serie infinita di torpedoni di arzilli vecchietti e vecchiette che percorrendo le italiche strade vada da Sud a Nord, non solo a trovare i nipoti emigrati, ma pure a curarsi l’artrite che piega le ginocchia e inarca le spalle, aggiustare dentiere, sciogliere cataratte, ecc…sognare una gioventù svanita e lottare ancora per una voglia di vivere che ancora esiste. Un patto per sognare sarebbe più onesto chiamarlo. 

Però…che tristezza Signora Presidente.