Articolo pubblicato dalla rivista il Mulino a firma di Paolo Pombeni

Ci sono molti modi per guardare a quanto è accaduto con il voto di domenica. I due più chiari sono chiedersi chi ha vinto e chi ha perso, ovviamente in prospettiva lunga (sull’immediato i dati sono evidenti) e domandarsi se ed eventualmente quali ricadute avrà quel voto sul governo Conte 2. Conviene però provare a inserire tutto in un quadro più vasto.

Una prima considerazione è che abbiamo visto un Paese spaccato in due da più punti di vista. Intanto perché si è riaffermato il bipolarismo, non in senso vago, ma in maniera netta. Non lo testimonia solo la débâcle dei 5 Stelle, ma anche la riduzione all’irrilevanza della sinistra che ha corso da sola in Emilia-Romagna: si va verso il compattamento su blocchi contrapposti. Lo si voglia o meno, questo è merito di Salvini che radicalizzando all’estremo la sua personale campagna elettorale ha ricompattato un fronte unito contro “l’uomo nero”. Grazie a lui, su Bonaccini si è convogliato il consenso tanto delle classi dirigenti, incluse quelle tradizionalmente lontane dalla sinistra, quanto di ampie fasce popolari che volevano tornare al piacere del rude confronto buoni contro cattivi (e qui alle Sardine va il merito di avere risvegliato questo spirito dormiente).

In secondo luogo siamo di fronte a una spaccatura fra Nord e Sud. Nel Nord dell’Emilia-Romagna, quello che un tempo il cardinale Biffi si buttò a definire “sazio e disperato”, ci si spacca quasi in due sullo schierarsi o meno con l’usato sicuro di chi ha governato senza impennate. Titillare le paure di quelli che non si trovano per varie ragioni bene in queste “sazietà” non riesce a conquistare la maggioranza dei consensi, pur conseguendo risultati da non sottovalutare di mobilitazione della partecipazione elettorale e di consenso. Nel Sud rappresentato dalla Calabria la mobilitazione quando va bene interessa il 40% degli elettori, si crede all’alternanza dei blocchi di potere (si cambia maggioranza a ogni elezione), ma sempre delle oscillazioni di inamovibili blocchi di potere tradizionale si tratta (vedi lo stupefacente risultato di Forza Italia con le listine gemmate da essa).

Tutto questo accade in un quadro di grande movimento. Fino all’apertura delle urne emiliane giravano i sondaggi non pubblicabili che davano vincente la Borgonzoni. In Calabria la vittoria del centrodestra era data per scontata, ma non si pensava a un risultato così modesto della Lega. Sono segnali di un Paese ormai difficile da interpretare, in cui nulla è stabile. Anche perché poi ogni attore in campo è un enigma: cosa è davvero il Pd, cosa davvero la Lega o Forza Italia, cosa il M5S?

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