Dibattito | Il problema dell’identità dei democratici cristiani.

L’affermazione di Elly Schlein ha sancito la trasformazione del Pd in “partito radicale di massa” (Luca Ricolfi). Così appare esaurito lo sforzo di collaborazione tra le culture che avevano dato origine al partito. Cambia, in profondità, il quadro dei rapporti politici.

Luigi Rapisarda

La scommessa sembra di quelle destinate a lasciare il segno dopo trent’anni di dispersione nei tanti lidi del sistema bipolare che ancora oggi costringe nelle diverse realtà istituzionali a scegliere tra poli contrapposti. Non potendosi negare minimamente che con la segreteria di Elly Schlein sono destinati a nuove strutturazioni tutti i vecchi rapporti politici in quel versante. Ma è soprattutto nell’alveo della componente cattolico democratica e popolare che il dirompente smarcarsi da un più che decennale tentativo di ibrida fusione progettuale, sovente sbilanciato, ora su un versante ora su un altro, impone un nuovo modello di visione politica e progettuale sulle orme di un patrimonio identitario nella consapevolezza di riempire finalmente un vuoto politico e di metodi che da tempo molti elettori attendono, financo a disertare massicciamente le urne.

Una ragione in più, avendo a cuore le sorti delle nostre comunità, per essere,il nostro fattivo contributo avvertito, nel quotidiano impegno, piccolo o grande, come un dovere ineludibile che, oltre a trovare ragion d’essere in quel severo monito incarnato dal crescente abbandono dell’esercizio del propri diritti politici, attraverso il quale ciascun cittadino è chiamato ad esprimere solennemente la propria sovranità, non ci esime dall’impegno di non disperdere le preziose energie in nuovi esperimenti ed intese con forze politiche che coltivano da tempo tatticismi nei metodi e scelte radicali in tema di diritti. È oramai un dato comune come scrive Giorgio Merlo su questo giornale, la nuova sfida che i popolari si accingono a intraprendere: “..d’ora in poi, si apre anche una stagione dove l’unica cosa che non si può e non si deve fare è quella di cullarsi nel richiamo del passato o di bearsi degli errori altrui. All’opposto, adesso si tratta di aprire un “cantiere” politico e progettuale che, seppur partendo dalla cultura popolare e cattolico sociale, sappia elaborare un progetto per l’intera società.”

Come  è stata quasi unanime la reazione di tutto quel mondo di cattolici in politica, che ha sempre guardato nella sinistra post-comunista l’unico possibile punto di incontro tra le due culture, a sostegno della decisione  di  Giuseppe Fioroni di non stare un minuto in più, dopo la proclamazione di Elly Schlein a segretario del Pd, ribadita all’incontro al Parco dei Principi, a Roma, dove ha preso forma “Piattaforma Popolare-Tempi Nuovi.  Emblematica appare l’eco di così pregnante affermazione nel suo articolo su questo giornale:“..Ecco, dobbiamo  immaginare un futuro diverso. Dobbiamo rinnovare il nostro impegno a costruire una politica basata sulla solidarietà, la giustizia sociale e l’inclusione. Dobbiamo lavorare per costruire un nuovo popolarismo, capace di rispondere alle esigenze della società italiana, creando un’alternativa credibile ai partiti populisti e conservatori.

E Giorgio Merlo incalza sempre sulle pagine de “Il Domani d’Italia”: “Ma è altrettanto evidente che, d’ora in poi, si apre anche una stagione dove l’unica cosa che non si può e non si deve fare è quella di cullarsi nel richiamo del passato o di bearsi degli errori altrui. All’opposto, adesso si tratta di aprire un “cantiere” politico e progettuale che, seppur partendo dalla cultura popolare e cattolico sociale, sappia elaborare un progetto per l’intera società”. Ma non è di certo di primo momento la ricerca di una autonoma identità dell’area della cultura popolare e cattolici sociale. Già il 9 aprile del 2021 Giorgio Merlo così scriveva: “…Ma è del tutto evidente che, seppur di fronte ad un quadro politico confuso, frastagliato e in  continua evoluzione, un “partito di centro” o una “politica di centro” che veda anche l’apporto decisivo della “nostra” cultura popolare e cattolico sociale, non si intravede ancora all’orizzonte..E, malgrado ciò, molti amici continuano simpaticamente a riproporre le proprie sigle o ad  avanzarne di nuove come se nulla fosse. Pensando che così facendo, prima o poi tutti gli altri confluiscano passivamente e silenziosamente nella propria”.

Considerazioni che partivano appunto dalla persistente difficile convivenza tra le fila del Pd e dalla presa d’atto di una non più tollerabile frammentazione dell’area cattolica e popolare e di una perniciosa tendenza a esiziali superfetazioni personalistiche, a dir poco surreali. Ma che certamente non lasciano fuori diffidenza e pregiudizio verso quanti hanno avuto il coraggio di ridare vita alla Dc. Bisognerebbe mettere da parte ogni supponenza e guardare con fiducia all’iniziativa con cui si è assicurata una credibile prosecuzione all’esperienza democristiana, supportata da una sentenza che ha statuito che la Dc non si è mai sciolta. Un tentativo che non è rimasto infruttuoso nei territori, soprattutto della Sicilia, dove ha trovato il suo primo esordio elettorale. Oggi esso conta 5 deputati regionali e una miriade di consiglieri comunali tra Palermo e tanti altri Comuni della Sicilia.

C’è da chiedersi allora quanto sia a tutto campo questa iniziativa di ricongiungere l’area della galassia cattolico-democratica e popolare, lasciando fuori un pezzo significativo di questo filone, rappresentato, appunto, dall’attuale partito della Dc nuova, come si è accredita nelle citate competizioni elettorali? La questione sembra assumere da tempo quasi i tratti di un nodo gordiano. A ciò si aggiungano le delusioni per l’inconcludenza nella quale si è infranto il percorso  di ricomposizione della galassia Dc avviato dalla Federazione dei democratici cristiani, costituita a questo scopo, in occasione del centenario dell’Appello ai liberi e forti di Don Luigi Sturzo.

Per questo oltre a sembrarmi doveroso questo mio piccolo contributo di idee, su questo interessante dibattito tra tormenti e speranze attorno all’idea di una rinnovata identità centrista, sulle righe di questo pregevole giornale,  a gran voce  indicato come la “tribuna di eccellenza” per il variegato mondo popolare, cattolico sociale e democratico, mi aiuterà a trovare spiegazione ad una strana indifferenza che mi pare stia correndo verso l’attuale Democrazia cristiana sui binari di questa nuova rotta. L’identica preoccupazione mi aveva indotto a lanciare un appello, in un mio articolo di gennaio 2021 sul quotidiano on-line “Politicamente corretto” dal titolo “La Democrazia cristiana non perda l’iniziativa: subito una conferenza per una nuova costituente di centro” affinché fosse la Dc, rinata, a promuovere, senza indugio, appunto, una conferenza per una nuova “Costituente di centro” perché avviasse un serio processo di confronto e di aggregazione delle tante formazioni moderate,cattoliche e popolari nel paese, animate da quegli ideali e valori che si riconducono ancora al modello di sviluppo e di governo che fu della Democrazia cristiana nei suoi  cinquant’anni di vita politica. In quell’appello, che forse sarebbe il caso di riproporre oggi, auspicavo “Un processo di ricomposizione, non più rinviabile, della galassia democristiana nella sua naturale collocazione,distinta e distante da ogni velleitarismo populista, sovranista, giustizialista e pauperista, sotto l’egida di quel simbolo e di quel nome, che riattivasse ,in piena continuità storica, un rinnovato percorso politico, nell’intento di recuperare tutte quelle potenzialità, tutti quei filoni, tradotti, taluni, in apprezzabili esperimenti, in questi anni, e quelle capacità di rappresentare i territori, i bisogni e le diverse  aspirazioni dei ceti sociali, di cui fu artefice fino ai primi anni ‘90”.

Mentre non riesco a fugare l’idea  che nell’ accidentato processo di aggregazione avviato da Fioroni, e da tanti altri amici promotori, non si rischi un difficile cammino tra appuntamenti costituenti e immani sforzi organizzativi nel confronto tra le innumerevoli sigle, con l’effetto, non voluto, di restare condizionati da uno sterile monadismo, che non è il miglior metodo per progetti organici ed aggregativi, restando di fatto impantanati in una frammentazione programmatica. Così viene da chiedersi come mai non si sia intravista l’opportunità di proporre un’ipotesi di cammino comune a fianco di una realtà politica aggregativa già strutturata e presente nel territorio, la Democrazia cristiana “nuova” come qualcuno mediaticamente l’ha definita, che, trae linfa ed ispirazione dalla medesima dottrina  e dallo stesso patrimonio di idee e di valori che connotano l’area popolare.

Una simile attenzione proietterebbe il pregevole sforzo che i promotori del manifesto Pop del 25 febbraio scorso hanno intrapreso in convergenza con il coraggioso processo di riproposizione, in stretta aderenza con lo scenario politico istituzionale odierno, nel quale è impegnata da cinque anni la Democrazia Cristiana, oltre a contribuire a valorizzare vicendevolmente l’azione politico-progettuale e ogni prospettiva di impegno comune. Non le medesime compatibilità si intravedono, per contro, nel privilegiare   contenitori, che nell’apparente ambizione di voler rappresentare il terzo polo, in una pretesa identità di centro, non si finisca per depotenziare, nel prevedibile gioco delle egemonie interne e di priorità valoriali non intonati, per buona parte, con il patrimonio ideale e progettuale riconducibile al popolarismo, o rendere di nuovo sterile e inconcludente tutta quella visione progettuale e politica che oggi manca nello scenario politico.