«Difficilmente le donne possono fare peggio di quanto abbiano fatto finora i maschi». Il discorso della Cingolani alla Consulta.

Nel pomeriggio del primo ottobre 1945, nell’aula di Palazzo Montecitorio, Angela Maria prende la parola tra gli applausi dei colleghi. È un intervento, ricordano i testimoni, che pronuncia con voce calma e forte. Ecco di seguito un ampio stralcio pubblicato dalla Fondazione Nilde Iotti.

 

 

L’ntervento di Nagela Maria Guidi Cingolani

 

Colleghi Consultori, nel vostro applauso ravviso un saluto per la donna che per la prima volta parla in quest’aula. Non un applauso dunque per la mia persona ma per me quale rappresentante delle donne italiane che ora, per la prima volta, partecipano alla vita politica del Paese.

 

Ardisco pensare di poter esprimere il sentimento, i propositi e le speranze di tanta parte di donne italiane. Credo proprio di interpretare il pensiero di tutte noi Consultrici invitandovi a considerarci non come rappresentanti del solito sesso debole e gentile, oggetto di formali galanterie e di cavalleria di altri tempi, ma pregandovi di valutarci come espressione rappresentativa di quella metà del popolo italiano che ha pur qualcosa da dire, che ha lavorato con voi, con voi ha sofferto, ha resistito, ha combattuto, con voi ha vinto e ora con voi lotta per una democrazia che sia libertà politica, giustizia sociale, elevazione morale.

 

Io amo credere che per questo e solo per questo ci abbiate concesso il voto.

 

È mia convinzione che se non ci fossero stati questi venti anni di mezzo, la partecipazione della donna alla vita politica avrebbe già una storia e vi dirò che forse è bene che noi entriamo nella vita politica in questa tragica ora che vive l’Italia.

 

Noi donne che siamo temprate a superare il dolore e il male con la nostra operosità e con la nostra pietà, siamo fiere di essere in prima linea nell’opera di resurrezione a favore del popolo nostro.

 

Non si tema, per questo nostro intervento quasi un ritorno a un rinnovato matriarcato, seppure mai esistito! Abbiamo troppo fiuto politico per aspirare a ciò; comunque peggio di quel che nel passato hanno saputo fare gli uomini noi certo non riusciremo mai a fare!

 

Il fascismo ha tentato di abbrutirci con la cosiddetta politica demografica considerandoci unicamente come fattrici di servi e di sgherri, sicché un nauseante sentore di stalla avrebbe dovuto dominare la vita familiare italiana. La nostra lotta contro la tirannide tramontata nel fango e nel sangue, ha avuto un movente eminentemente morale, poiché la malavita politica che faceva mostra di sé nelle adunate oceaniche, fatalmente sboccava nella malavita privata.

 

Per la stessa dignità di donne noi siamo contro la tirannide di ieri come contro qualunque possibile ritorno ad una tirannide di domani. Non so se risponda a verità la definizione che della donna militante è stata data: “la donna è un istinto in marcia”. Ma anche così fosse, è l’istinto che ci fa essere tutrici della pace. È anzitutto pace serena delle coscienze [da cui] deriva la pace feconda delle famiglie, infine, pace operosa del lavoro. Questa triplice finalità della pace l’Italia di domani la raggiungerà se noi sapremo essere l’anima, la poesia, la sorgente della vita nuova del risorto popolo italiano.

 

Colleghi Consultori, ho finito; ma come donna e come italiana figlia del mio tempo, sento di non poter meglio concludere se non col sostituire alla mia parola quella ardente della grande popolana di Siena che, a distanza di secoli ed in analoga situazione catastrofica per il nostro Paese, incita ed esalta le donne italiane ad una intrepida operosità, fonte di illuminato ottimismo: “traete fuori il capo e uscite in campo a combattere per la libertà. Venite, venite e non andate ad aspettare il tempo, che il tempo non aspetta noi.

 

Fondazione Nilde Iotti. Il ricordo di Graziella Falconi.

http://www.fondazionenildeiotti.it/pagina.php?id=408