Discutere sulla guerra non è inutile, ma va fatto senza giustificazionismi. Ma mentre cerchiamo faticosamente in questa tragedia una via percorribile, il più possibile giusta e responsabile, che ponga fine al più presto alle distruzioni, senza dover arrivare a un conflitto mondiale, quello che questa ennesima guerra dovrebbe insegnarci è la necessità di un grande Corpo civile di Pace, che possa mobilitarsi, scortato ma non armato, quando un conflitto è all’inizio. 

Sandro Campanini

Papa Francesco  – mi scuso per l’interpretazione un po’ imprecisa – ci ha indicato una  via difficile quando si incontrano opinioni discordanti ma dotate, in se stesse, di ragionevolezza e legittimità: quella dell’opposizione polare, cara a Romano Guardini, che non cerca una “sintesi” forzata ma accetta l’esistenza di una  tensione dinamica, riconoscendo la quale si può addivenire a una via ulteriore, superiore. Il fatto che nel cosiddetto “mondo cattolico” (e anche in quello della sinistra) sia in corso un confronto tra chi ricorda che di fronte all’aggressione la difesa armata è legittima e chi mette in guardia dalle sofferenze e dai rischi di escalation che comporta l’incremento di ogni conflitto, è da considerare un elemento di ricchezza.

Tra l’altro, credo che questo “dibattito” non sia solo “esterno”  ma attraversi nel profondo ognuno di noi – almeno è così per me: e anche il modo con cui esso si agita nella coscienza non è identico se si ha o meno un ruolo di responsabilità (di qualsiasi genere): non è una questione di diverso “valore” del singolo ma  di un inevitabile condizionamento – e non potrebbe essere diversamente – rispetto alle proprie percezioni e decisioni.

Ciò che a mio avviso non può essere messo in discussione rispetto alla situazione attuale è il punto di partenza: siamo di fronte a una guerra e a un’invasione agìte da uno Stato, la Russia di Putin,  contro un altro Stato sovrano, l’Ucraina;  seppure sia utile e necessario capire i motivi per cui essa è avvenuta, così come per ogni altro fenomeno storico o di cronaca, essa è e resta totalmente ingiustificabile.

Credo perciò che sia giusto che persone, associazioni, movimenti tengano alta l’attenzione sull’intrinseca problematicità di alcune visioni che hanno governato le relazioni tra i popoli e persino la politica estera fino al ‘900: secondo le quali, alla guerra si risponde solo con la guerra, alle armi solo con le armi, alla violenza con la violenza. E’ giusto che ci venga ricordato che la spesa per armamenti ha raggiunto livelli mai visti nel mondo e che, se ci sono armi, come ci ricorda il Papa, prima o poi verranno usate; che i conflitti “convengono” a chi le fabbrica e dunque la perversa spirale rischia di non aver fine; che la logica della deterrenza non ha senso se pensiamo che le armi attuali bastano e avanzano per molte guerre mondiali. E in effetti, anche in questa situazione drammatica, tutto sommato questa consapevolezza al fondo c’è, tant’è vero che le prime misure dell’occidente sono state di tipo economico e diplomatico, non militare, e che anche nell’aiuto in termini di fornitura di armi all’Ucraina c’è una misura che si cerca di non superare per evitare un’escalation  che ci porterebbe alla terza guerra mondiale.

D’altra parte, chi sostiene che gli Ucraini abbiano diritto di difendere se stessi e il loro Paese e che dunque li si debba aiutare anche in questo tipo di risposta, non può essere banalmente tacciato di bellicismo: per poter condannare senza appello questa posizione (non dico per sottoporla a vaglio critico: dico “per condannarla senza appello”), bisognerebbe avere soluzioni alternative praticabili qui ed ora e non solo nel medio / lungo periodo, perché la guerra, i morti, le distruzioni sono adesso. E qui si sconta, lo dico con grande sofferenza interiore e personale, lo scarto tra quello che dovrebbe e potrebbe essere un modo molto diverso di affrontare i conflitti e la durissima realtà che, se non ci fossero le sanzioni e i tentativi diplomatici che tutti speriamo portino a un cessate il fuoco, sembra non lasciare alternative tra combattere o arrendersi, con tutte le tragiche conseguenze dell’una o dell’altra scelta.

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